𝙲𝚑𝚊𝚙𝚝𝚎𝚛 𝟷𝟸

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~   [𝙍𝙞𝙘𝙤𝙢𝙞𝙣𝙘𝙞𝙖𝙧𝙚]    ~


Kirishima si svegliò con la netta sensazione che Katsuki stesse lottando contro se stesso anche solo per stare in piedi, ma quando gli chiese cosa ci fosse che non andava l'altro aveva borbottato di muoversi perché avevano mille e più cose da sbrigare. Non stette a discutere e si limitò a eseguire tutto ciò che il biondo gli ordinava, un po' perché era stranamente più irritato del solito e un po' perché era veramente preoccupato della sua salute.

Capì da sé che se qualcosa non andava in Bakugou Katsuki quel giorno, la colpa doveva essere sua, volente o nolente. Decise di continuare a evitare l'argomento dal momento che il biondo, una volta preparato con tutta la dovuta calma che un principe del suo rango poteva avere a un'ora da mezzogiorno, decise di portarlo davanti alla stessa stanza che circa due mesi prima aveva visto essere l'alloggio del nipote del consigliere del re.

Katsuki bussò con violenza alla porta, infischiandosene dell'oro con cui era stata abbellita, del pregio del legno con cui l'avevano prodotta e degli sguardi incuriositi che uomini e donne di corte gli lanciarono, compreso Eijirou.

Katsuki continuò a guardarsi la punta delle scarpe, tirò su col naso, tossì un paio di volte, raspando con la gola, e passò la mano destra sotto le narici per togliere una goccia di mocio che stava colando.

Era in procinto di ribussare una seconda volta, però la voce stanca e biascicata del proprietario della stanza lo fermò.

«Quello che ha appena fatto è veramente disgustoso, principe.»

Il biondo alzò lo sguardo e, a differenza di ciò che si aspettavano i due ragazzi al suo fianco, non si lamentò, se non per una piccola smorfia e uno sbuffo per nulla divertito, entrando nella stanza sotto lo sguardo stordito del più alto dei tre, il quale poi si spostò sul corvino, chiedendo implicitamente se fosse lui la causa di quel comportamento tanto bizzarro quanto pericoloso.

Non ottenendo una risposta Hitoshi ritornò dentro alla camera e, mentre Eijirou si accingeva a entrare a sua volta, la porta della camera fu chiusa con un po' troppa rabbia di fronte a lui, dunque non poté fare altro se non aspettare con le braccia incrociate, in mezzo a un corridoio dove chiunque passava lo osservava con sguardo disgustato.

Quella sensazione lo opprimeva da quando era giunto tra quelle mura, si sentiva schiacciato, allontanato, sbagliato.

Sapeva che non era colpa sua, che non era lui ad aver deciso di trovarsi lì, di fronte a tutti gli altri, ma non poteva fare a meno di incolparsi, di maledirsi per aver avuto paura della morte, quel 22 aprile, di aver accettato sommessamente il volere del biondo e di essere scappato dal destino che Dio aveva deciso per lui.

Voleva liberarsi da tutte le sue catene, da tutti i suoi freni, voleva essere di nuovo capo della propria vita, ma in quel periodo non era neanche sicuro di averlo mai avuto, il controllo.

Da sempre, da quando era piccolo, aveva avuto bisogno di qualcuno al suo fianco per sopravvivere: sua madre lo aveva adottato, senza abbandonarlo, Mina e Kaminari lo avevano aiutato a rialzarsi dopo la morte della donna e la fuga di Katsuki, aveva protetto suo padre e ora non riusciva a staccarsi dal biondo.

Bakugou lo aveva scelto, lo aveva urlato davanti a migliaia di persone, ma dopo quel giorno l'aveva chiuso fuori, di nuovo e Kirishima poteva scappare, allontanarsi da quei cancelli e da quei muri invalicabili, ma non aveva fatto neanche un passo, non era neanche riuscito a distogliere lo sguardo, aspettava che l'altro tornasse, si scusasse, lo aiutasse a rialzarsi.

E adesso era lì, in balia degli sguardi, delle parole, dei passi degli altri che lo stavano lasciando indietro, lo stavano abbandonando.

Era rimasto solo.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 17, 2023 ⏰

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