Parte 10

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Anita;

fisso costantemente quella dannata vigliacca della Ratti da più di un ora e mezza, ma nulla, non mi vuole prendere minimamente in considerazione. Lei è fatta così, se qualcuno durante la sua lezione vuole intervenire, deve prima passare sul suo cadavere. A meno che il ragazzo in questione non sia un beneamato idiota e pure se ne vanti, in quel caso lei è felicissima di fargli ricordare il perché i primati come lui non si siano ancora evoluti e mai lo faranno. Ecco perché per me stare a seguire le sue lezioni è una noia mortale. È risaputo del mio innato talento per il successo, come è altrettanto noto io ami farmi ammirare (ma mai quanto mia sorella, che a vent'anni sarà annegata nel suo sconfinato ego) costantemente. Ovviamente la Ruatti piuttosto che farmi parlare, fugge. Una volta, in seconda mi pare, ero riuscita ad intervenire ponendogli una domanda banale, alla quale lei aveva risposto superficialmente. Ma non ero soddisfatta, così per almeno un quarto d'ora è stata sottoposta ad un mio attento interrogatorio dal quale è uscita ancora più strana di prima. Da parte mia, dopo quella volta, sono sinceramente convinta sia una completa imbecille.

Così abbasso la mano e sbuffo piuttosto rumorosamente, costringendola ad alzare gli occhi dal libro e a prendersela con un mio compagno (uno dei primati). Torno ad adocchiare l'orologio e mi domando se Maria ne abbia uno suo interno, perché si sveglia sempre e solo circa due minuti prima del suono della campanella. La sbircio con la coda dell'occhio, mentre sbadiglia senza mezze misure e si passa una mano tra i corti capelli corvini, vagando con l'altra nella tasca destra dei suoi consumatissimi jeans. Mi pare soddisfatta solo quando trova il cellulare. Fa una smorfia piuttosto buffa quando legge un sms e io ridacchio per conto mio.

- Dalchiele? È una cosa che desidera condividere con la classe? 

Reprimo un insulto e mi fingo finta tonta, guardando quella pessima copia di un insegnante. Davvero, ascoltando le sue lezioni mi rendo conto che ormai si assumono cani e porci.

- no, porf. Stavo solo starnutendo. 

Inarca un sopracciglio, piuttosto indispettita – e le sembra normale starnutire ridendo? - 

Alle mie spalle suona la campanella, ma tutti restano ancora seduti ai loro posti, fingendo di sfogliare il libro di biologia. Tutti tranne Maria, che si stiracchia e afferra la sue sigarette.

Io butto l'astuccio nello zaino e me lo carico in spalla, prima di alzarmi a mia volta – ho una forte auto-ironia, prof -

Non bado all'occhiataccia che mi lancia, e cammino a testa alta fino all'uscita, restituendo l'evidenziatore alla Rizzo.

Fuori dalla classe, salendo le scale che ci riporteranno al piano terra (le aule della Ratti sono stranamente interrate), Maria mi si affianca, dandomi una leggere pacca sulla spalla.

- niente male – fa, con il solito tono distratto

annuisco e apro la porta del cortile, dirigendomi verso il solito muretto. Circa i tre quarti della scuola sono già tutti in scesi e spediti verso il panoficio Lemayer. Per conto mio non ho alcuna voglia di dovermi fare spazio a manate e così blocco una Primina che mi deve aver scambiato per dio sceso in terra, e la spedisco al posto mio a prendermi un panino.

Quando rimaniamo da sole sia io che Maria ci accendiamo una sigaretta, rimanendo un attimo a fissare le nuvolette grigie disperdersi nell'aria.

- sono già le dieci e mezza... - sussurro.

- sei preoccupata per Laura?-

Scuoto il capo – non proprio preoccupata. No, non lo direi in questi termini. Sono... ecco, ansiosa. E pure curiosa. -

Maria fissa un punto davanti a se e non nessuna espressione in viso. Al solito, insomma. Maria è una persona perennemente imperscrutabile – mettiti il cuore in pace, prima di stasera probabilmente non sapremmo nulla. -

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