Capitolo 26

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Spill the tea.

"Tu nonno Lou avevi paura?" Chiede Robin, scioccato di fronte a questa rivelazione.

Nonno Louis non poteva avere paura. Nonno Louis agli occhi dei nipoti -soprattutto a quelli del ragazzo- era sempre apparso come quel supereroe indistruttibile, quell'eroe che sarebbe andato in mezzo alle fiamme del drago più spaventoso per salvare chiunque amasse, senza mai provare timore.

Aveva raramente mostrato il lato debole di sé, e aveva cercato di prevenire che ciò accadesse dinanzi ai tre bambini. Negli anni era sempre stato restio nel far vedere le sue fragilità, cercando sempre di tenerle per sé, per non preoccupare gli altri, per non creare pietà nei suoi confronti. Forse anche un po' influenzato dai concetti di mascolinità tossica presenti alla sua epoca, alimentati dal giudizio dei Management.

Così sin da quando era nato Freddie aveva iniziato a creare la sua immagine di persona forte, per non far preoccupare suo figlio, un sacrificio che il diventare genitori richiedeva: saper mettersi da parte. Una maschera che negli anni il più piccolo è venuto a scoprire, stringendo suo padre e ricordandogli che non importava quante insicurezze avesse, lui sarebbe sempre stato il suo eroe.

Aveva cercato di fare altrettanto con i suoi nipoti, provando ad essere coraggioso davanti a loro, consapevole che pure loro avrebbero scoperto quante fragilità decorassero il loro nonno Boo.

Harry per anni aveva cercato di lottare contro gli stereotipi che si erano insediati dentro la testa di suo marito che si era convinto della veridicità delle sue parole, condividendole, trovando difficoltà nel farle proprie su di sé.

Così era sempre stato nonno Haz a insegnare sia a Freddie che a Darcy, e ora a quelle tre pesti, il fatto che i propri stati d'animo sono validi, che devono essere espressi: che piangere fa bene, che è okay aver paura ed è meraviglioso dimostrarsi deboli, per quanto possa spaventare.

Ma il riccio era consapevole che in certi momenti ciò non era possibile, che per i grandi essere deboli non è sempre possibile.

Ad esempio confessare ai propri figli, e di seguito ai propri nipoti, di aver paura ad amare, di essere libero, non avrebbe mai dovuto essere un discorso da affrontare in quanto timori di questo genere non dovrebbero esistere.

Louis stesso per anni non riuscì a capacitarsi di quell'emozione contrastante: il desiderio di uscire dal closet al quale da tempo ambiva, ma l'insicurezza stessa di farlo. Non era stato semplice comprendere di aver paura, lasciar crollare quelle convinzioni che gli erano state forzate dentro la testa, costringendolo a farsele proprie, alle quali per anni aveva creduto. Sicuro che andasse tutto bene si trovò a realizzare il mare di bugie nel quale stava affogando, rimandando anche quando non ce n'era più bisogno il momento del loro coming out, tutto per assenza di coraggio.

Jay, Robin e Fizzy non consideravano il loro nonno solo come un supereroe, bensì riconosceva in lui un gigante -o meglio nano dato che ormai continuava ad abbassarsi sempre di più per colpa dell'età- buono.

Era visto come indistruttibile, come se quell'armatura che indossava da anni, l'avesse sempre protetto ma non solo. Loro non lo notavano, o meglio, non ne erano a conoscenza dei segni che la rendevano acciaccata. Più approfondivano la storia della coppia di anziani, navigando negli abissi di anni di abusi e maltrattamenti, più i tre ragazzi iniziavano a notare tutti i colpi che la decoravano, tutta la sofferenza che invece aveva caratterizzato l'uomo che era ora, nonché il loro eroe.

***

Louis acconsentì alla proposta di Harry di farsi vedere da una psicologa.

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