Chapter 7: Love is only for the brave

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«Ricordami quando parti» mi chiese Coach, studiando la scacchiera di fronte a noi

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«Ricordami quando parti» mi chiese Coach, studiando la scacchiera di fronte a noi. Era una partita combattuta quella, stranamente gli stavo tenendo testa e lui era in evidente difficoltà. Quella era palesemente una tattica per distrarmi, ma ormai il mio livello di sopportazione si era alzato talmente tanto negli ultimi mesi che ci sarebbe voluto molto di più per farmi commettere un errore.

«Oggi, ma lo sai già», gli feci notare con un sorriso provocatorio che avessi capito il suo gioco e lui sbuffò sonoramente, muovendo un pedone, decisamente poco sicuro della sua mossa.

«Devi assolutamente assaggiare la cheesecake di un locale che si chiama Rosee's, è a Brooklyn. Ti sembrerà mangiare un pezzo di paradiso» mi disse a quel punto. Ci mancava poco che gli uscisse la bava dalla bocca al solo pensare a quella torta. Per la prima volta da quando lo conoscevo, gli occhi gli si erano illuminati di gioia.

Era sempre così triste, ma non mi aveva mai detto il perché. "Te lo dirò quando e se lo indovinerai", mi disse. Per quel motivo, almeno tre o quattro volte durante i nostri incontri, mi inventavo le ipotesi più assurde nella speranza di indovinare.

«Se ti piace tanto, perché non te la fai spedire?» gli chiesi a quel punto.

«È un negozietto talmente piccolo che non fa queste cose, l'unico modo per mangiarla è andarci fisicamente» sbuffò.

«E perché non ti prendi una vacanza per andare a New York?» chiesi spontaneamente. Non credevo che quella semplice domanda avesse potuto turbarlo, dato che mi guardò con i suoi soliti tristi occhi blu e pensò a cosa dire; sembrava in evidente difficoltà.

«Non ho giorni di ferie o di malattia a lavoro» mi spiegò. Un'altra cosa che non sapevo di lui era quella, ma non era una grave mancanza, dato che le informazioni che avevo su di lui rasentavano lo zero. Conoscevo soltanto la sua personalità e ad entrambi piaceva molto quella nostra relazione. Niente orli, niente fumo negli occhi, soltanto due estranei che parlavano e si davano consigli a vicenda. Lui ne dava davvero di ottimi e io, nonostante fossi un casino, riuscivo ad offrirgli una visione diversa dalla sua ed ero abbastanza diretta e disinteressata da non avere peli sulla lingua.

«Non li hai perché li hai finiti o perché non ti permettono di averli? Perché in tal caso sarebbe illegale» insistetti. Era estremamente difficile combattere il mio desiderio di riempirlo di domande per scoprire il più possibile su di lui.

Lui sbuffò e fece passare lo sguardo da me, ai palazzi alle mie spalle, per tornare su di me. «Non sono nella posizione di lamentarmi»

«Perché?»

«Perché fai tutte queste domande?» sbuffò ancora. Aveva usato il tono tipico di chi era stato prosciugato di tutte le energie, ovvero tipico di chiunque passasse più di cinque minuti con me.

«Tu adori tutte le mie domande», ammiccai sorridendo, sperando di convincerlo.

«Il bello di questi incontri non era il non sapere niente l'uno dell'altra?» cercò di difendersi in quel modo per sviare la domanda. Quella frase aveva il suo senso, ma avevo iniziato a sentire il leggerissimo desiderio di aiutarlo, se era in difficoltà. In più quello era il mio campo, non capivo perché avesse dovuto continuare a condurre una vita di merda quando avrebbe potuto stare bene, o almeno decentemente.

LA's Devil 2 - I'm not leaving you againDove le storie prendono vita. Scoprilo ora