Sij na testard.

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Pov's Ciro.
Sono le 7 di mattina, e come al solito Lino passa a svegliare tutti, me compreso.
"Uagliù scetatv, oggi scuola!", urla con quella sua voce del cazzo.
"Linù nun me romb ru cazz, nun teng genio.", asserisco rimettendo la testa sotto il cuscino per riprendere sonno, sonno che mi ha tolto quella guardia di merda.
"Manc si te ric ca ce sta chell nov?", a sentire questo senza manco riflettere scatto in piedi, pronto ad avere un altro confronto con lei.
Sento Edoardo sogghignare, conoscendo il motivo per il quale mi stavo alzando così di fretta; e giustamente gli tiro uno scappellotto dietro la nuca.
"Nun fa o scem eduà."
"Sij sul nnamurat cirù, e mo chi o ric a Viola? Chell è pazz u saij cchiù 'e me."
Qui ho conosciuto questa ragazza, Viola, una svitata. Ma da subito c'è stata un'attrazione innegabile, io la uso solo per scopare, ma penso che lei si sia innamorata davvero di me. Poverina. Ciro Ricci non sa amare, se non si tratta di Chanel, non ho mai amato nessuno in vita mia.
"Nun song nnamurat scè, piens a te cu Teresina.", e così si zittisce.
Teresa è questa ragazza napoletana che è venuta a supervisionare un'attività d'arte, ed Edoardo da subito ha iniziato a fa il provolone con lei, per ammaliarla; penso le piaccia davvero, ma fuori ha già una ragazza cu nu criatur rind a panz, quindi si trova in difficoltà. Non ama questa ragazza fuori e il bambino non è voluto, ma giustamente ha delle responsabilità da affrontare.
Comunque, in 5 minuti mi preparo e come sempre indosso degli jeans neri, una maglietta bianca della Versace e le mie scarpe Guess. Per finire metto un po' di gel sui capelli e sono pronto.
"Si frnut re fatt bello pa uaglion?", mi rimbecca Totò, il rosso che all'entrata ha accolto calorosamente Chanel.
"Totò chell era ed è a mij, pur si nun ce stong nsiem, vedi che tien ra fa.", lo raccomando.
"Fratm tranquill, nun m pass manc pa cap!", mi dà una pacca scherzosa sulla spalla.
Usciamo tutti in fila, fila come sempre aperta da me.
Se faccio buona condotta, ciò che sto cercando di fare, mi faranno uscire prima.
Arriviamo per primi in classe e aspettiamo l'arrivo delle ragazze. Ad un certo punto, arrivano le prime: Naditza e Silvia, per poi arrivare anche tutte le zingare, Serena e infine Viola, che mi sorride maliziosa. Io per la prima volta la ignoro continuando ad aspettare impaziente la SUA entrata; ma non la vedo.
Guardo Edoardo, che scuote la testa.
"Arò sta Chanel?", sussurrò in sua direzione.
"Nun o sacc fratm.. vuò che vag da ess?", mi domanda.
Da una parte si, ma dall'altra no. Meglio essere distaccati. Se non c'è avrà capito anche lei che stare lontani è meglio, soprattutto dopo la mia cazzata, capisco come si senta.
"No eduà tranquill.", gli faccio un cenno con la testa come ringraziamento.
La prof entra e si inizia questa noiosa giornata di scuola.
"Allora ragazzi, settimana scorsa avevamo parlato delle vostre passioni, e sono usciti fuori il calcio, la musica, la scrittura e tante altre cose.
Oggi volevo parlare dell'amicizia, qualcuno vuole iniziare con dire cos'è per lui o lei l'amicizia e che valore ha nella sua vita?"
Domanda più attuale non avrebbe potuto fare.
Francesco era un fratello per me, insieme a Pietro erano la mia famiglia. Era quello su cui io quando facevo qualcosa potevo sempre contare. Giravamo insieme la sera ngopp o motorin a Mergellina, uccidevamo gli infami insieme. Lui per me era un amico, fin quando non mi ha tradito ed io per un codice del cazzo non ho rovinato tutto.
Sento che Naditza comincia a parlare, ma mi esterno completamente dalla conversazione iniziando a scarabocchiare qualcosa su un foglio.
Ad un certo punto qualcuno bussa alla porta, ma rimango sempre incollato con gli occhi sul foglio, fin quando non riconosco la sua voce.
"Buongiorno professorè, scusi il ritardo ma la direttrice voleva parlarmi."
Bella. Bella come sempre, come il Sole appena sorto in una mattina d'estate. Jeans strappati sul ginocchio neri che le fasciano quel bel culo che ha, felpa bianca che fa intravedere un lambo di pelle e quei suoi capelli incastrati in uno chignon disordinato, struccata. Quanto sei bella Chanel..
Sij a mij semp.
"Buongiorno Chanel, non ti preoccupare. Mettiti pure seduta.", la fa accomodare la prof; lei posa i suoi occhi sulla classe e nota che l'unico banco libero è quello fra me ed Edoardo. Con un'alzata di occhi al cielo, si mette seduta, senza nemmeno lanciarmi una misera occhiata.

Pov's Chanel.
E t parev che non capitavo vicino a Ciro..
Decido semplicemente di ignorarlo, e di provare a prestare attenzione al discorso della prof.
"Grazie per il tuo intervento Naditza. C'è qualcun altro che vuole dire la sua riguardo l'amicizia?"
Francesco.. il mio migliore amico. Lui per me rappresenta questa parola.
Chiudo gli occhi per un secondo, e sento dopo diversi minuti che sto così lasciare un pezzo di carta, che finisce sul mio banco.
So bene chi me l'ha mandato, ma senza nemmeno vedere di cosa si tratta lo butto distrattamente sul banco di Edoardo, che mi lancia uno sguardo interrogativo.
"Dì al tuo amato boss ca ij nun c vogl tenè nient a che fa, capit?", sussurro in modo rabbioso, sapendo che Ciro è in ascolto; ma non volendo rivolgermi direttamente a lui, parlo ad Edoardo.
"Tutto bene Valletta?", domanda la prof facendo smettere un ragazzo mingherlino e con delle occhiaie che contornano i suoi occhi, di parlare.
"T'appost professorè.", asserisco con un falso sorriso.
La vedo riflettere per un secondo, per poi dire.
"E per te, cosa significa avere un amico?"
Sto per rispondere che non ho bisogno di nessuno al mio fianco, ma vengo salvata dal suono della campanella, che decreta la fine della lezione.
Lei se ne va prendendo le sue cose e lanciandomi uno sguardo eloquente, ed io esco appresso a lei per andare in cortile a fumare una sigaretta, dato che erano 24 ore che non ne toccavo una.
"Agg vist che hai chius l'uocchi quann parlavn dell'amicizia, tutt'appost Chanel?", ed ecco Naditza e Silvia venire in mio soccorso, sfrontate come sempre.
"Ij nun agg bisogn re nisciun, u vulit capì o no?!", sbotto dopo un lungo tiro di sigaretta.
"Sij na compagn nostra, ce preoccupamm pe te che a te piaccia oppure no!", sentenzia Silvia incrociando le braccia.
"Ragazze è inutile, ess è testard comm nu mul.", ancora lui?
Cazzo abbattetelo. Mi giro e finalmente rincontro i suoi occhi neri, tornando quasi a respirare dopo 1 anno che non lo avevo fatto.
"Ma tu semp nmiezz stai? Nun song fatti tuoi Ciro, vatten."
"Aie finit re fa a testard?", lo vedo trattenere un sorriso.
"E tu aie finit re scassà u cazz o no?"
Noto che ormai sono usciti quasi tutti a vedere il nostro botta e risposta; scontato. Il suo gruppo di amici gli si affianca, e noto oltre al rosso, al suo amico stretto e a occhiaie, altre due facce nuove. Un grassone con un codino in testa e imbruttito fino al culo e un finto Pablo Escobar con dei baffi e una faccia stupida. Poi ne arriva un altro, biondino con gli azzurri, che si dirige verso di me.
"Ciao, ij song Pino.", mi dice.
Penso sia stato il primo ragazzo a rivolgersi in modo così gentile verso di me. Ricambio il sorriso.
"Ciao, ij nvec song Chanel, Chanel Valletta."
Non si intimorisce, anzi, mi sorride di nuovo e si schiera dalla parte di Ciro.
"Aie frnut re fa u scem?", gli tira uno scappellotto dietro la nuca l'amico stretto di Ciro.
"Chell nun a teng ra guardà, è a uagliona ro boss!", aggiunge verso Pino il rosso.
"Nun v facit sti problem, ij nun song propr nisciun p iss, nè tanto meno a uagliona.", dico, e riservando un'occhiataccia al "boss", me ne torno indietro, con lo sguardo di tutti addosso, buttando la sigaretta ormai finita a terra.
"Chanè, ora di visite.", mi richiama il comandante di questo IPMN, che ancora non ho avuto l'onore di conoscere in realtà.
"Ij song Massimo, il comandante. Conosc patt, era come nu frat pe me temp fa, e tu si a figl, quindi si comm na figl p me e p qualunque cosa stong cà.", mi dice sorridendomi.
Annuisco svogliata, ecco un altro che per leccare il culo a mio padre mi si avvicina.
Entro in questa stanza e la prima persona che vedo è Nazario, in piedi, con un tutore indosso.
"Vita mij, sei sano e salvo mamma mij che spavent che m'aie fatt piglià!", gli salto letteralmente addosso, stando attenta a non fargli male.
"Amore mij.. come stai? T trattn buon?", mi domanda.
Ci mettiamo seduti vicini e mi stringe la mano.
"Si, cà facc a regin p cugnom mij, ma u saij chi c sta.."
Lo vedo chiudere per un secondo gli occhi e annuire. Anche lui era molto legato a Ciro, insieme a Francesco, e dopo quello che ha fatto i due non si sono più parlati; ma so che a mio fratello farebbe piacere parlarci e capire il motivo delle sue azioni, a confronto mio invece.
"U sacc amo' stong cà pur p iss. Vorrei parlare con entrambi.", dice l'ultima frase con un italiano perfetto, faccio fatica a capirlo addirittura.
Rido in modo ironico.
"Ah si? E che ric? Pcché aie fatt nu burdell re chest? Iss te rispunn che l'ha fatt p onor e amor ra famigl, ma to ric ij, nu cumpagn nun s'accirt pe nu codice e merda."
"Tien ragion nennè, u sacc, ma vogl pruvà ad ascoltare cosa ha da dire."
Sbatto una mano sul tavolo, e senza dire altro, mi alzo.
Mi giro solo per dirgli "saluta mammà e papà, digli che sto bene e che li amo."
E così me ne torno in cella, dove passo il resto della giornata a parlare con Naditza e Silvia, provando a staccare con questa realtà di merda.

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