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era inverno e tu portavi ancora i tuoi guanti senza dita, rigorosamente neri, orgoglioso che qualcuno ti avesse appena fermato per chiederti dove li avessi presi. Ti aveva stretto la mano e tu avevi risposto arrossendo; mi fece innervosire tutto ciò, lo ammetto. Solo ora, ma lo ammetto. Beh- meglio tardi che mai, no?

«cioè, hai capito che è appena successo?» tu entusiasta, io annoiato e scocciato, ti rispondevo "mh mh" cercando di fartelo notare. Ma tu, non curante, continuavi: «mi hanno fermato perché ho stile. Quella tipa mi ha anche fatto i complimenti perché sono vestito oggettivamente bene. Io fregno, sempre saputo. Ma lei- lei era stupenda ed ha fermato ME, capisci? La conosco solo di vista, ma diamine se è fantastica. Ed ha fermato me! Non posso pensarci, veramente.»

«e mo' che fai? lo dici a tua madre?»

«ovvio, è una giornata da immortalare.» avevi riso ma io avevo sbuffato e tu, notandolo, rimanesti confuso, «Tommy, che cazzo ti prende? Volevi un complimento anche tu?»

«scherzi? ma chi se la fila a quella. Solo tu puoi andarci appresso. Solo tu e i coglioni come te.»

«woh, questa potevi risparmiartela.» fermasti il passo, ma io continuai a camminare. Così ricominciasti anche tu, ma rimanendo dietro di me.

«è che- non lo so, lascia stare, non capiresti a prescindere.» gesticolai, evitando di guardarti in volto; sarei crollato. Sentivo ancora il rimorso per ciò che avevo fatto, mischiato al fatto che prima o poi avrei dovuto capire ed accettare che tu non c'entravi nulla, ero io a non essere come te.

«minchia Tom, odio quando fai così. Se qualcosa non va o non ti sta bene, dilla e basta! Sennò finisce che la rifaccio e la rifaccio finché non mi accorgo che ti fa star male e la smetto da me. Non posso campare su supposizioni io.»

«ma no, stai tranquillo.»

mi fermasti afferrando lo zaino che tenevo sulle spalle e tenendolo fermo con una mano; sei sempre stato più robusto di me ed è una cosa che finivo per non notare mai, forse perché mettevi felpe troppo larghe o ero io che non volevo notarlo: odiavo i miei stessi pensieri ogni qualvolta finivo per ricordarlo.
E rimanevo così, con le spalle rivolte verso di te e lo sguardo basso.

«no, perché non voglio farti male, so' il tuo migliore amico Tom, io non devo e non voglio ferirti.»

«chi l'ha detto che sei il mio migliore amico? Non sai manco se ti voglio bene.»

«io. Lo pretendo io perché tu sei il mio. Non me ne fotte un cazzo di quel che dici perché mi basta che me lo dimostri.» lo dicesti, ma so che non lo pensavi. Lo so che le mie parole continuavano a ferirti, ma tu volevi essere forte, pretendevi d'esserlo per proteggermi. Ed un po' per proteggerti.

Hai sempre creduto alla teoria del 'se lo ripeto abbastanza poi finirò per crederci' ma non va così, il mondo non gira così. Ed io lo sapevo, eppure, aggrapparsi alla tua di teoria, mi faceva più comodo. Ripeterlo fino a crederci, che fosse qualcosa di positivo o meno, mi faceva comodo.
Odiavo le mie parole, perché non le pensavo neanche, ma forse tu lo avevi capito ed il tuo odio per le mie frasi veniva sconfitto dal bene che provavi per il sottoscritto. O forse ero e sono solo un coglione che si fa ancora mille pare su qualcosa a cui tu non c'hai mai pensato davvero.

«so che odi il contatto fisico ma posso abbracciarti?» io annuii e tu lo facesti subito, senza fartelo ripetere una seconda volta.

«non è vero che non sei il mio migliore amico.»

«lo so.»

«smettila d'essere gentile con me, non me lo merito.»

«mai,» mi stringesti più a te, «non la smetterò mai.»

«me lo prometti?»

«te lo prometto.»

I tuoi guantiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora