in tutta la tua camera ciò che notai furono i guanti posti sul comodino accanto ai fazzoletti, mentre tu starnutivi come non mai, sistemandoti poi i grandi occhiali neri che ti scivolavano giù dal naso. Avevi le guance rosse e probabilmente pure io. Non per lo stesso motivo, comunque.
«siamo a fine Gennaio e ti becchi l'influenza proprio ora?» avevo esordito.
«vaffanculo, l'hai avuta tu prima di me, mi avrai scatarrato in faccia ed ora poof, sono infetto.» starnutisti un'altra volta.
«'fanculo a te, sei tu che sei venuto a casa mia insistendo perché "dobbiamo giocare a demon slayer insieme!!!!" quindi te la meriti l'influenza, coglione.»
«no che non me la merito, ho la febbre da due giorni che sale e scende, scende e sale, le mani congelate manco fossi già tre metri sotto terra e stessi giocando a briscola con la morte.» tirasti su col naso mentre io mi misi a sedere ai piedi del letto, poco lontano da te.
«Mike, secondo te che c'è dopo la morte?»
«non lo so,» ti fermasti un attimo a pensare, «non credo a San Pietro che ti apre il cancello del paradiso manco fosse il portinaio di casa tua, sottopagato ovviamente come ogni italiano, però è triste pensare non ci sia nulla. La verità è che voglio che ci sia qualcosa, voglio sperare di chiudere gli occhi e stare bene. Se penso che farà più schifo di adesso, beh- a questo punto tiro avanti finché non schiatto anche fisicamente.» avevi terminato il tuo discorso con una risata, ma il sorriso che avevi in volto era triste. Il cuore mi fece male.
«e se schiatti?»
«se schiatto, schiatto, Tom. Tipo che non puoi più rianimarmi o qualsiasi altra cazzata. Oh, tu non ci provare a salvarmi, se muoio voglio morire senza rotture di palle. Non è che poi sto in coma, la mia anima esce dal corpo ed io divento Casper come in quel film, poi i dottori vogliono staccare la spina e tu te ne esci con "no! Lui è vivo!!"» scimmiettò la mia voce, facendomi storcere il naso «lui è vivo un cazzo, stacca quella spina, dagli fuoco e assicurati che nessun altro possa riattaccarla.»
«sei egoista.»
«allora muori insieme a me.» mi avevi guardato negli occhi, così scuri e freddi da gelarmi l'animo e far sì che un brivido mi percorresse la spina dorsale.
Avrei voluto dire 'okay, facciamolo' o 'anche ora', ma sapevo che non ero ancora pronto, avevo troppe cose da risolvere, troppi rimpianti da lasciare, troppe opportunità buttate al vento da riprendere. Non potevo mentirti, non potevo dire qualcosa che non pensavo davvero e farti vivere in un'idea irreale.
E probabilmente sapevi che non avresti ricevuto risposta, quindi, dopo il mio silenzio, dicesti: «se non puoi, almeno vivi per me.»
Ti vedevo come il sole, a illuminare sempre tutto con la sua luce, ma tu eri una nana bruna: oggetti celesti ibridi, a metà strada tra una stella e un pianeta, incapaci di brillare di luce propria. Tu eri così: un'illusione, mi facevi credere di poter brillare da solo grazie alla tua stessa luce, quando tu, la tua luce, non l'avevi.
«l'influenza a me è durata una sola giornata, comunque.»
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I tuoi guanti
Teen Fictionhai sempre messo i guanti per non toccare la mia mano, ed ora che ci penso fa male anche respirare. Perché mentre io mi mettevo a nudo, tu coprivi sempre più strati di pelle. Ed era un centimetro in più ogni qualvolta stavamo insieme; un centimetro...