00. Prologo

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Nel corso della propria vita, c'è qualche avvenimento, che scalfisce l'anima, la cambia.

La mia è cambiata, circa due anni fa, dall'incidente che cambiò totalmente la mia vita.

Ero andata ad una festa, al ritorno a casa, ero in macchina con mio fratello, un camion prese in pieno la macchina.

"Stai bene?", "Chiama il 911", "Riesci a sentirmi?".

Quelle furono le ultime parole, prima che vidi il buio.

Mi risvegliai, in ospedale, affianco a me c'era mia madre che appena mi vide, chiese se stessi bene, che l'avevo fatta spaventare, io non riuscì a dire una parola, l'unico pensiero era mia fratello.

Improvvisamente, tra le mille domande che lei mi fece disse due semplici parole, "Tua fratello non c'è l'ha fatta", e da lì il mondo mi cadde addosso.

Non sapevo più cosa era reale e cosa no, speravo tanto che era tutto un incubo, da cui presto mi sarei risvegliata, ma non fu così.

La mia ancora, la mia spalla, la persona più importante della mia vita mi aveva abbondanto.

Mi aveva lasciata tutta sola, fragile e indifesa, ad un mondo crudele, che aveva tolto la vita a l'anima più pura che ci poteva essere.

Mio fratello, era gentile, dolce, affettuoso, protettivo, qualsiasi aggettivo benevolo, era stato creato per lui.

Lui era la perfezione in persona, e questo mondo me lo aveva portato via.

Io ero una bambina con mille paranoie e paure.

Avevo la costante paura, che da li a poco mi sarebbe successo qualcosa.

Non riuscivo ad uscire di casa, spaventata da qualsiasi cosa, quando un giorno lui venne vicino a me, mi afferrò delicatamente la mano, e mi disse "Il mondo lì fuori è credule, se tu gli permetti di esserlo", mi portò fuori alla porta, e mi diede il coraggio di uscire, di vivere.

Lui era la mia anima, e senza di essa un uomo non prova sentimenti, è come un blocco di ghiaccio, indifferente al mondo.

Lui, mi aveva detto di andare a quella stupida festa, e io ci andai, e quello è stato lo sbaglio più grande della mia vita.

Quel semplice "si", cambio radicalmente la mia vita.

Quando uscì dall'ospedale, corsi in camera mia e non uscì per settimane, finché un giorno mia mamma bussò alla porta e disse, "Ti porto in posto migliore, dove potrai riuscire a rivivere".

Il giorno seguente, vidi dalla piccola finestra della mia camera, un auto nera, e da lì uscì un uomo vestito in giacca e cravatta, subito dopo vidi mia madre uscire e avvicinarsi a lui.

Entrambi alzarono lo sguardo alla mia finestra, così mi nascosi velocemente dietro la tenda.

Quel signore, mi avrebbe sicuramente portato in quel posto, che mi accennava il giorno prima la mamma.

Non sapendo che li, avrei incontrato il buio.

"Nahara, scendi!" disse mia madre dal piano di sotto.

Mi feci coraggio, appoggio la mano sulla maniglia fredda della porta e l'abbassai.

Scesi le scale, e mi ritrovai l'uomo alto avanti a me.

Avevo paura, mamma aveva detto che mi avrebbero portato in un posto meraviglioso, ma quell'uomo non dava quella impressione.

"Tu devi essere la signorina Nahara Walsh " disse l'uomo in giacca e cravatta.

Prima di rispondere, mi girai verso mia madre, lei era felice, io non avrei spezzato la sua felicità, non volevo essere un peso per lei.

"Si, sono io" dissi con un filo di voce.

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