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Fa caldo a Napoli, caldissimo. La camicia a maniche lunghe, la giacca e la gonna stretta non fanno che peggiorare la situazione. L'unica nota positiva sono i capelli raccolti in uno chignon alto che mi tiene fresca. Ovviamente questo non mi sta impedendo di sudare ogni goccia di acqua che c'è nel mio corpo. E posso dare la colpa al caldo quante volte voglio ma io so che la causa è tutt'altro. Tiziana è seduta in tribuna e ogni tanto si gira e mi guarda rassicurandomi con lo sguardo. Io annuisco e torno puntare i miei occhi sul campo, non sapendo ancora scegliere in quale reazione di Frank sperare. Potrebbe ignorarmi, potrebbe anche non vedermi proprio oppure potrebbe puntare quei suoi occhi indecifrabili e neri come la pece nei miei e togliermi cinque anni di vita. Ho talmente tanta ansia che mi sembra di star per svenire.

La voce dello speaker che annuncia la squadra mi fa saltare e il cuore inizia a corrermi forte in petto, sta per entrare in campo. Entrano i portieri, il capitano con qualche altro calciatore che a passo svelto raggiungono il centro del campo e poi intravedo lui. Cammina lento, si guarda intorno e mastica prepotentemente la sua solita gomma. E' di spalle mentre cammina verso il centro del campo e io prego che non si giri. Sono quasi sicura che non lo faccia, è quasi al cerchio di centrocampo quando mi fa crollare. Si gira ed è come se sapesse non solo della mia presenza ma addirittura di dove sono posizionata. I suoi occhi mi trovano subito, mi fissa in un modo che mi fa pietrificare, non batte le palpebre per un'infinità di secondi e l'unico movimento che fa è masticare. Io resto immobile con i miei occhi chiari persi nei suoi scuri come la notte e non riesco nemmeno a respirare. Trattengo il respiro e il mondo intorno a me smette di esistere: esistiamo solo io e lui. Non sento le migliaia di persone che urlano, non sento la musica assordante che accompagna gli allenamenti delle squadre, non sento il brusio del chiacchiericcio delle persone qui accanto a me. Nulla. Sento solo il mio cuore battere talmente forte da rimbombarmi in gola e nelle tempie e nient'altro. Poi all'improvviso, lui si gira e continua a camminare tranquillo verso i suoi compagni come se non fosse successo nulla. Come se non avesse appena staccato la spina del mio respiratore, come se non mi avesse appena inferto un colpo mortale scappando poi via senza preoccuparsi delle conseguenze.

«Cecilia» sento una voce che mi arriva come da un'altra stanza «Cecilia!» mi scuote e torno coi piedi sulla terra.
«Sì?» mi giro e Tiziana e accanto a me che mi guarda con gli occhi fuori dalle orbite.
«Devi tornare dentro, ti stanno cercando» mi dice e io annuisco senza dire nulla «come stai?» mi chiede e io alzo le spalle.
«Bene» dico solo e la lascio lì tornando all'entrata del tunnel dove mi stanno aspettando.

Alla fine del primo tempo non mi muovo dal tunnel, non voglio rischiare di rivederlo. Se solo ripenso ai suoi occhi mi fa male lo stomaco e non voglio riprovare quella sensazione snervante. 
La partita finisce e il Napoli vince, aspetto che tutti vadano via e poi accompagno Tiziana all'ingresso del parcheggio dei calciatori per poi andare a prendere la mia. Scappo letteralmente via con la paura di incrociare Frank anche solo per un secondo e quando arrivo alla mia auto mi prende un infarto. Lui è lì, appoggiato alla mia auto con lo sguardo basso sul cellulare e il borsone ai piedi.
Mi fermo e lo fisso col cuore a mille. Si accorge di me e alza la testa guardandomi negli occhi.
«Devo andare, ti sposti?» dico fingendo indifferenza e lui si sposta ma invece che andarsene viene verso di me. Fa due passi veloci ed è ad un centimetro dal mio viso. Inizio ad agitarmi ma non riesco a muovermi né a dire nulla, sono come pietrificata. Mi appoggia una mano sul viso e la fronte alla mia. Continua a guardarmi negli occhi e prego chiunque ne abbia le facoltà di non farlo staccare da me mai più.
«Non vai da nessuna parte» sussurra prima di unire le sue labbra grandi e carnose con le mie. Non mi tiro indietro, anzi, sono fin troppo partecipe. 
Che colpa ne ho se mi era mancato da morire?
Ad un tratto si ferma e mi prende per la mano trascinandomi dietro un intercapedine strettissima dove a stento ci entriamo. Ricomincia a baciarmi e a toccarmi ovunque, poi mi prende una gamba e me la attorciglia al suo bacino, spingendosi contro il mio corpo. Vuole farmi sapere che mi vuole e io lo sento. Mi guarda negli occhi e aspetta un mio cenno di consenso che arriva quasi subito. Mi alza la gonna in un attimo, attorcigliandomela sulla pancia e si tira giù il pantalone della tuta del Napoli. Si sfrega contro la mia intimità ancora coperta dallo slip che poi con due dita sposta. Mi tocca un po' preparandomi a ciò che sta per succedere e poi con un colpo secco e restando sempre con gli occhi nei miei mi entra dentro. 
Sono schiacciata contro al muro e ad ogni suo affondo sbatto contro le piastrelle fredde ma non mi interessa, mi sto godendo ogni attimo. Lui mi bacia, mi tiene stretta con le mani sui fianchi, poi quando vede che inizio ad ansimare mi tappa la bocca e va più forte. Lo sento tremare e mi accorgo di essere anche io al limite. Mi lascio andare e mi godo il piacere che solo lui ogni volta sa darmi. Passano pochi secondi ed esce da me liberandosi anche lui, col fiatone e il petto che sale e scende. Si appoggia con le braccia al muro con me che sono ancora tra lui e il muro. Ci guardiamo ancora qualche secondo, poi lui mi dà un bacio e si sposta risistemandosi il pantalone. Anche io mi sistemo ma poi non so che mi prende e un momento di sconforto mi assale.
Cosa cazzo ho fatto? Di nuovo Cecilia, di nuovo? Ti fai di nuovo usare così, per i suoi comodi quando ne ha voglia? Di nuovo Cecilia, di nuovo?
Mi lascio cadere a terra portandomi le ginocchia al petto. Trattengo le lacrime perché davanti a lui non voglio piangere ma ci sono davvero vicina.
«Che fai? Che succede Ceci?» si abbassa alla mia altezza e mi sembra preoccupato. Mi prende il viso tra le mani e mi guarda negli occhi «pensavo che lo volessi anche tu» dice e io non so che rispondergli.
Certo che lo volevo, lo volevo con tutta me stessa ma non vorrei che fosse solo questo. Come glielo dico? Mi prendo qualche secondo e poi parlo.
«Lo volevo ma non voglio che sia solo questo. Se è solo questo lasciami stare Frank, vai via e faremo finta che non sia successo nulla» dico con un filo di voce rauca e tremolante. Lui scuote la testa e poi la appoggia alla mia riempiendomi di baci dolcissimi.
«No» dice solo e spero che non mi stia prendendo in giro. Annuisco e lo bacio ancora. Mi aiuta ad alzarmi e poi ci abbracciamo. Mi voglio fidare, forse sono pazza, forse sono stupida ma io ci voglio credere.
«Vediamo se Tiziana e Kevin hanno voglia di mangiare fuori?» mi domanda e annuisco sorridendo.

Spero davvero che sia l'inizio di qualcosa di migliore, non voglio chissà che, solo non dovermi più nascondere come una vergogna.

Gelido | Frank AnguissaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora