Manuel
Erano stati tre, i momenti in cui la sera prima mi ero sentito morire.
Per prima cosa, quando da lontano avevo assistito alle carezze e ai baci scambiati fra Simone e Francesco, mi era venuto quel vuoto incolmabile allo stomaco. Una stretta che mi suggeriva di essere totalmente invidioso dell'individuo che lo teneva per mano.
Secondo, quando Francesco aveva pronunciato la parola morto nel momento in cui si stava rivolgendo a Simone.
Ci avevo visto nero.
Mi si era fermato il cuore, ne ero certo. Per un attimo mi erano passati dietro alle palpebre milioni di flash in cui vedevo Simone sull'asfalto sotto casa mia, Simone con la faccia sporca del suo sangue, Simone in un letto d'ospedale, lontano da me. Il ricordo di quella panchina gelida su cui avevo dormito tutta la notte era ancora così nitido. La paura di non rivederlo mai più che mi aveva perseguitato per ore.Terza e ultima cosa che mi aveva distrutto, era stata veder lui cadermi fra le braccia, ferito da parole che non erano neanche mie.
Quindi non avevo potuto neanche rimediare granché, se non tentare di risollevarlo come meglio avevo potuto.
Forse un po' ci ero riuscito, ma avevo ancora bene impressa l'immagine di lui accasciato per terra, disperato, con il viso rigato dalle lacrime.Sentivo di avere solo un compito, adesso.
Se Francesco, con cui avremmo dovuto fare i conti per un bel po' di tempo essendo un compagno di classe, avesse provato a riavvicinarsi glielo avrei impedito, anche al costo di farmi odiare da Simone. O almeno, ci dovevo provare.——————
Il giorno dopo la festa a scuola, era il primo novembre.
Il che significava niente lezioni, solo relax.
Per modo di dire, perché avevo fissato il telefono in continuazione per tutta la notte, in cui avevo dormito si e no quelle tre ore scarse, e per tutto il resto della mattinata.
Qualunque cosa stessi facendo, smettevo di farla per controllare lo schermo, ossessivamente. Volevo essere pronto a rispondere se Simone mi avesse cercato.La sua foto e il suo nome comparvero solo dopo pranzo, nel primo pomeriggio, mentre ero steso sul letto a chiacchierare con mia madre che invece era in cucina a smanettare al pc.
Risposi al primo squillo.- Simo.
- Oh, che stavi col telefono pronto all'orecchio?
- Sì stavo a guardà 'na cosa. Lascia stà.Certo, non potevo dire che avevo passato ore ed ore ad aspettare che squillasse. Era abbastanza patetica, come cosa.
Ma probabilmente lo avrebbe capito da solo, senza farmelo notare.- Senti, ho una partita. Vuoi venire con me?
Vuoi venire con me?
Certo che vengo con te, Simó. Andiamo dove vuoi, basta che sto con te.- Pure il primo novembre giochi te - mi limitai a dire, sarcastico.
- Eh, sì. Che vuol dire.
- Va bene, dai. Posso finire de sistemà la bici a mia madre domani, tanto non le serve oggi.Bugia. Non avevo proprio nulla da fare. Ma non volevo sembrare così accondiscendente, non volevo passare per quello innamorato che lo seguiva dappertutto.
Innamorato? Lo avevo pensato davvero?
No. No, no, no.
Non era ancora tempo di porsi questa domanda. Anche perché, se così fosse, ero davvero in un bel casino. Simone giocava a fare l'amico, negli ultimi tempi non era stato neanche quello, ed io non volevo torturarmi le giornate a cercare di capire cosa pensasse.
Ammesso che non lo stessi già facendo.- Guarda che se hai da fare va bene. Stai tranquillo.
- No no, ma figurati. Non è urgente. Fra quanto devi stare lì?
- Un'oretta.
- Bene, ti porto io?
- Come vuoi, possiamo anche vederci direttamente là.
- No, te porto io.
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La sua metà mancante
Fanfiction[Simuel] Un nuovo anno scolastico sta per iniziare. Simone e Manuel si ritrovano dopo la pausa estiva trascorsa in due città diverse. Il primo ha maturato una nuova consapevolezza, non ha più paura di nascondersi e sembra aver risolto tutti i suoi c...