[Tredici]

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                                     Simone

Era appena passata la mezzanotte e non avevamo nessuna intenzione di rincasare.

Quel bacio, il contatto improvviso, i nostri cuori impazziti.
Mi sentivo in balia delle mie stesse emozioni, impossibili da quantificare e da specificare.

Un grosso campanello d'allarme mi si era acceso al centro del petto non appena avevo visto un altro avvicinarsi a Manuel, parlargli e provarci.
Un altro.
Il solo pensiero di vedermi evaporare fra le mani un possibile rapporto con lui mi faceva venire i capogiri.

D'altra parte, però, avevo paura di complicare le cose.
Ero geloso, sì.
Mi attraeva, sì, tantissimo.
Ma alla base dei miei pensieri, cosa c'era?

Io e Francesco ci eravamo lasciati da quanto, otto, nove giorni?
Ero davvero pronto ad aprirmi così con Manuel?
Ma soprattutto, l'avevo mai lasciato andare, per davvero?

Ero confuso.
Forse Francesco era sempre stato il chiodo con cui avevo cercato di schiacciare l'altro chiodo, Manuel.
E forse era questo il motivo per cui, con il mio ex ragazzo, non ero mai riuscito ad andare oltre a semplici carezze e baci.

Non sapevo più nulla, ero certo soltanto del fatto che, evidentemente, i miei sentimenti per Manuel non erano mai davvero svaniti.
Forse li avevo rinchiusi in gabbia, dentro di me, in qualche stanza nascosta e oscura.
Avevo imparato a reprimere con indifferenza.
Avevo giocato la carta dell'amico per non perderlo del tutto.

Oppure, avevo scelto questa strada per poter lasciare sempre uno spiraglio aperto, in modo che potesse aprire la porta e venire a riprendermi se avesse cambiato idea?

Nel bel mezzo del frastuono di quel mucchio di voci nella mia testa, arrivammo alla meta.
Per strada ci eravamo ammutoliti, mi ero lasciato crogiolare dal calore della sua stretta, delle sue mani infilate nelle tasche, che a tratti stringevano contro l'addome.

Ero andato proprio nel posto dei miei ricordi felici con papà.
Avevo scelto di andare al mare, perché avevo bisogno di buio, di calma e di schiarirmi le idee al suono delle onde.
Mi servivano quel ponte e quella vista sullo spazio infinito e acquoso.

Manuel mi seguiva in silenzio, man mano che facevo strada verso la costruzione in legno.
I suoi piedi si trascinavano pesanti, creando un rimbombo ad ogni passo.

Guardai la distesa davanti a me, quell'immensità scura e ampia, con il suo movimento costante e rilassante, con il brillante riflesso della luna, a tratti coperta.
Mi distesi per terra e Manuel fece lo stesso, si accese una sigaretta e aspirò, poi lasciò andare il fumo.
Lo osservai disperdersi nell'aria.
Su di noi, niente cielo stellato, solo una tettoia in legno.

Su di noi, niente cielo stellato, solo una tettoia in legno

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La sua metà mancanteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora