[Nove]

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Simone

- T'ho detto che penso a te, Simó. Me pare di essere stato abbastanza chiaro. Ma ho un'altra domanda. Ce pensi anche tu, a me?

Cercai di trovare le parole per poter rispondere, ma non fui in grado di mettere insieme una frase di senso compiuto. Mi limitai a guardarlo, a provare a mantenere un certo distacco. Non mi risultava molto facile, soprattutto con quella matita nera sbavata intorno agli occhi.
Oserei dire che quasi gli donasse.

- Che cazzo sta succedendo?

Spostai Manuel con una spinta leggera non appena vidi Francesco sulla porta della scuola che ci osservava.
Le mani in tasca e lo sguardo ferito, si avvicinò a grandi passi mentre si sfilava il mantello e lo lasciava cadere sull'asfalto.
Era furioso. O forse soltanto deluso.
Ma come glielo spiegavo che non era successo nulla?

- Non è come pensi - mi affrettai a biascicare, mentre gli andavo incontro.
- Ah, no? E com'è? Perché io proprio non riesco a vedere altro che uno che ti teneva contro il muro, a due centimetri dalla faccia.
- No, ti prego. Non è davvero successo nulla, mi stava dicendo delle cose.
- Tipo?
- Tipo... - guardai Manuel. Stava in disparte con le spalle contro il muro.
Lo sguardo scocciato, ma apprezzavo che non stesse cercando di mettersi in mezzo.

- Guardati, non sai che dire. E invece di guardarmi negli occhi, guardi lui. Pensa che coglione, averti creduto. "Siamo solo amici". Te lo si legge in faccia che è una cazzata.

Fece per andarsene ma provai a fermarlo aggrappandomi al suo braccio.
Sentivo le lacrime farsi strada fino agli occhi.
- Non andare. Ti giuro che non è successo niente.
- Sai, in ogni caso, stavi qui fuori con lui. Da solo. Per me basta questo.
- Ma ero uscito a prendere aria, stavo male! Lui era qui per caso e mi ha solo portato un po' d'acqua.
- Un perfetto fidanzatino, non credi?

Sentii dei passi alle mie spalle, Manuel si era mosso e ci aveva raggiunto.
- Te sta a dì la verità. Uno come Simone non lo trovi dietro l'angolo, fatte passà sta rabbia insensata. E tienitelo stretto, te che puoi.

Mi lanciò un'occhiata.
Ed in quel momento capii davvero quanto ci tenesse, a me. Manuel non avrebbe mai potuto dire una cosa del genere se non ci credeva davvero.
Io avevo fatto di tutto per mettere da parte i miei sentimenti e lui adesso era al mio posto.

- Lo conosci meglio di me, a quanto pare. Sei liberissimo di sostituirmi - rispose Francesco, guardando l'altro.
Poi si strattonò per sfuggire alla mia presa, mi guardò negli occhi, in lacrime.
- Tu per me sei morto.

- Che cazzo hai detto? - sfuriò Manuel, mentre io ero rimasto sbigottito e inerme, in piedi fra i due.
- Te non te devi manco permettere de pensà una cosa del genere, hai capito? T'ha fatto incazzare? Va bene. Ma tu non ce l'hai visto Simone quasi morto. E ti auguro di non vederlo mai.

Si era avvicinato a Francesco, li separava la distanza di un respiro.
Ero sicuro che Manuel avesse tanta voglia di fargli male, ma forse per non ferirmi, riuscì a trattenersi.
Francesco lo spintonò, per allontanarlo.
- Vaffanculo, tutti e due.
Ci guardò, livido in volto, per poi girare le spalle e andarsene.
- Ecco, bravo. Vattene, vá. Coglione.

Manuel, le mani sui fianchi, mi guardava preoccupato. Mentre io non sapevo fare altro che guardare i ciottoli per terra, con la vista annebbiata dalle lacrime.
Iniziai a singhiozzare e lui mi portò le mani alle spalle.
- Senti, scusami. È tutta colpa mia - mi disse.

La sua metà mancanteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora