[Dodici]

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Manuel

Era passata una settimana da quando Simone mi aveva accolto sotto la sua protezione.
Mi aveva costretto ad andare insieme a fare il colloquio e avevamo scoperto che non cercavano una sola persona, ma ben due.
Simone, con la sua parlantina sciolta quando ci si metteva, riuscì a farci prendere il posto a entrambi, con mio grande dissenso, perché il problema era mio e non volevo che questo lavoro influisse sulla sua resa scolastica.
Ma lui non aveva voluto sentire ragioni.

Così, ci ritrovammo insieme al turno pomeridiano/serale di quel locale, che non riuscivo ancora a catalogare.
A tratti era invaso da ragazzi della nostra età, in altri momenti era frequentato da gente più grande, a volte anche problematica.

Capitava di dover invitare alcuni soggetti ad allontanarsi, con la calma dovuta. Ed io con la calma non ero molto bravo, infatti tendevo a spingere lui in queste cose, mentre controllavo da lontano che nessuno lo toccasse neanche con un dito.

Simone ogni giorno si impegnava a cercare di capire se stessi bene, se stessi evitando di fare cazzate.
Ed ero pulito, ero sincero quando gli avevo detto che era successo solo quella notte, dopo tanto tempo.
Dirgli quelle cose tutte d'un fiato mi aveva spezzato in due, mi aveva indebolito, mi aveva derubato di tutte le difese che mi ero prodigato tanto per costruirmi.

Ma la sua forma di protezione nei miei confronti non mi dispiaceva.
Eravamo tornati quelli di una volta, affiatati e sempre insieme, anche per via del lavoro in comune.
Era bellissimo tornare a casa in due su una sola sella, stanchissimi, e la mattina seguente ritrovarci come cadaveri a scuola.
Non sapevo per quanto tempo avremmo retto quei ritmi, ma anche se mi toglievano le forze mi regalavano molto più tempo con lui.

Più tempo per riavvicinarlo.
Più tempo per fargli capire che era lui che volevo.

Non me lo ero scordato quel tenue bacio in cucina, a casa mia.
Ma non avevo voluto farglielo pesare, si era appena mollato e avevo bisogno che mi volesse davvero, sicuro e convinto, senza ripensamenti e senza la paura, da parte sua, che io potessi essere solo confuso.

———————-

Quella sera, il bar era particolarmente pieno di gente, di diverse fasce d'età.
Io e Simone non avevamo avuto molto modo di parlarci, per via del caos che si era generato a inizio serata.
Era sicuramente colpa della band che suonava, il capo aveva deciso di creare questo evento appositamente per sti tre ragazzi che, a mio parere, erano anche molto bravi.

Il frontman, in particolare, mi ricordava un po' Francesco.
Infatti, passai tutto il tempo a spiare Simone di nascosto, per capire se lo avesse notato.
Fra un bicchiere da asciugare, uno scontrino in cassa e un lavaggio di stoviglie, ero sempre lì a tenere sott'occhio la situazione.

Lo beccai in pieno, più di una volta, mentre puntava gli occhi in direzione dei ragazzi.
Non capivo se ne stesse guardando uno in particolare, ma dire che fossi geloso sarebbe veramente il minimo.

Avevo le fiamme nello stomaco, avrei potuto incenerire chiunque Simone guardasse.
Ma dovevo stare buono, fra una tachicardia e l'altra.

Lui, poi, era quello che se la cavava meglio con i drink, praticamente ogni scusa poteva essere buona per parlarci, se ci fosse stato qualcuno di interessante.

Ad un certo punto, mi accorsi di un tipo biondo, alto, completamente l'opposto di Simone, che si avvicinava verso di me in cassa.
Aveva lo sguardo di chi aveva appena puntato la sua preda, ma non ci feci molto caso, inizialmente.
Fino a che non iniziò a parlarmi.

La sua metà mancanteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora