Fragili scoperte

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Simone

È sabato mattina e questo vuol dire che sono almeno le dieci passate. Mi rigiro un altro po' nel letto, non ho una gran voglia di alzarmi stamattina.
Sblocco il cellulare e ci trovo diverse notifiche, tra cui un messaggio di Manuel:
ancora a dormì stai... tra qualche giorno fai sedici anni, non ottanta. Buon giorno! ☀️
Gli piace tormentarmi.
Gli rispondo semplicemente con delle emoticon: 🥱☀️poi mi alzo.
Passo in camera di Ginevra e anche lei dorme ancora. Sorrido perché se ci fosse Manuel in questo caso direbbe: insieme voi due fate 180 anni.
Che piaga che è quando ci si mette.
Mi avvicino e la tocco piano. Si rigira sotto le coperte e apre piano i suoi grandi occhi marroni.
"Ma che ore sono?" mi chiede subito appena mette a fuoco la mia figura.
"Le dieci e venti" le indico la sveglia sul comodino.
"Cazzo, papà tra due ore ha il treno".
Scatta in piedi e scalza si avvia sulle scale.
Mi siedo sul suo letto e sbadiglio: buon giorno anche a te.

Raggiungo Ginevra e papà in cucina, preparo un caffè a mio padre e due caffè latte per me e mia sorella.
"Allora parti?" chiedo a mio padre mentre lo vedo riporre le ultime cose in valigia.
"Si, vado a prendere le ultime cose nell'appartamento di Napoli. Torno lunedì, quindi mi raccomando per qualsiasi cosa chiamatemi" ci dice preoccupato.
"Si tranquillo" gli risponde Ginevra "non dimenticare i miei libri in salotto".
"Prendo tutto, tranquilla. È inutile che restino lì. Mi manca la camicia blu, l'hai vista per caso in giro?" le chiede.
"Si, ieri te l'ho messa nell'armadio. Ora te la prendo così chiudi la valigia".
Ginevra esce dalla cucina e ci lascia da soli.
Quando sono nella stessa stanza solo con mio padre in silenzio inizio ad agitarmi perché temo che da un momento all'altro potremmo trovarci ad urlarci contro.
All'inizio ero io a cercare lo scontro, continuamente. Ora lo evito in tutti i modi possibili perché so che Ginevra ci starebbe male.
"Perché prendi tutto quello che hai lasciato a Napoli? Mamma prima o poi tornerà e tu potrai tornare a casa". Mi appoggio alla credenza con la tazza fumante in mano.
"Perché ho deciso di restare, di starvi vicino e di vedervi crescere. Ho fatto male ad andare via anni fa, l'ho sempre saputo ma non avevo il coraggio di tornare. Troppi ricordi questa casa, questa città... non riuscivo a tornare. Ma tu e Ginevra siete i miei bei ricordi, quelli che mi spingono a riprovare a stare qui. Probabilmente tu non lo accetterai e non mi perdonerai, penserai che è tardi, ma non lo è. Voglio rimediare perché voi non c'entravate niente".
Si ferma e prende delle borse da terra.
"L'appartamento a Napoli però l'ho comprato, ti piaceva tanto.. ora è vostro per quando vorrete andarci. Abbiamo passato bei momenti lì, tutti e tre. È il mio regalo di compleanno".
Mi stacco dal mobile, appoggio la tazza sul tavolo e mi avvicino a lui.
"Bentornato" mi limito a dire e vado via.

Ginevra

Prendo la camicia blu di papà e la sistemo in valigia. Vedo mio padre nel suo studio, sta prendendo le ultime cose. Sembra che deve star via per una settimana e invece lunedì pomeriggio é già di ritorno.
Potrei preparargli la valigia ad occhi chiusi, so esattamente cosa porta con sé per tutte le volte che l'ho visto andare via. Mi risolleva sapere che non dovrò più salutarlo senza sapere la data del suo biglietto di ritorno. Per questo preparare oggi questa valigia ha un altro sapore.
E come credevo, dallo studio prende la scatola quadrata di latta tutta colorata. Me la porta e la mette in valigia.
Ogni volta che è in partenza la porta con sé, pur senza aprirla mai davanti a nessuno. Da Roma a Napoli e poi da Napoli a Roma.
Ho sempre saputo che è tutto lì dentro, basterebbe tirare la lampo della valigia e aprire quella scatola: capirei subito cosa ha tenuto nostro padre lontano da noi così tanto tempo. Lontano fisicamente da Simone e mentalmente da me nonostante lo avessi seguito in una città tutta nuova per me. Ma non l'ho mai fatto.
Mio padre dice che Kant sarebbe fiero di me: la legge morale vive in me e io non la violo mai anche se potrebbe mettere insieme i pezzi.
Ha ragione... ma quanto mi è costato a volte rispettarla, quella legge morale.
Piu crescevo, più vedevo mio fratello stare male per non riuscire a perdonare nostro padre, più mi promettevo che l'avrei aperta quella scatola.
Forse aspettavo che quei ricordi sarebbero saltati fuori da soli, prima o poi. Ma non ho più l'età e il tempo per credere a queste cose e per avere così poco coraggio.
Mio padre esce dalla camera e va in bagno a prepararsi per la partenza.
Apro la lampo della valigia e la prendo.
Ce l'ho sempre avuta sotto il naso, mio padre in fondo voleva che lo facessi già da tempo. Voleva un coraggio che non riusciva ad avere per poter tornare.
La apro e ci trovo foto, ciucciotti, bracciali con data e ora di nascita, candeline... sembra una normale scatola di ricordi di un padre che è costantemente in partenza e che, innamorato dei suoi bambini, porta le loro cose con sé.. per guardarle e annusarle quando gli mancano tanto.
Tutto normale, sembrerebbe.. peccato che è tutto triplicato: ci sono tre ciucci, tre bracciali, tre candeline e una foto con tre bambini che soffiano l'ultima candelina di tre anni insieme: due maschietti e una femminuccia.
Giro la foto: Simone, Ginevra e Jacopo.
30/03/2008
È un colpo al cuore.

Manuel

Credo non ci sia un momento più noioso del sabato pomeriggio. Sono sdraiato sul letto e lancio la mini pallina da rugby di Simone al muro e aspetto che torni indietro nella mia mano.
Non mi va di passare altro tempo così perché la mia mente vaga, si riempie di pensieri che sto abilmente cercando di evitare da un po' e stare qui da solo non aiuta. Non mi aiuta neanche vedere Simone, però è quasi automatico ormai prendere la moto e fare la strada verso casa sua.
Parcheggio al solito posto del giardino, ormai qui ci sono i solchi delle ruote della mia moto.
Vedo Ginevra sull'amaca con un libro tra le mani. Sembra immobilizzata con gli occhi fissi su una pagina, sembrano anche arrossati.
Mi avvicino ma non mi nota neanche.
"Oh Giné, tutto ok?" gli chiedo preoccupato.
"Stai da sola? Dov'è Simone? È successo qualcosa?".
Scatta subito appena nota che le sono vicino, rimette la foto che sta fissando all'interno e chiude di scatto il libro. Tira su col naso.
"Si si, tutto ok. Simone è in camera".
"Ma sei sicura? Ma quanto hai pianto?" le tiro su il viso con la mano per guardarle gli occhi.
"Eh, Darcy ed Elizabeth mi fanno un brutto effetto" si sistema sull'amaca e si asciuga le guance.
"Va bè dai, ti lascio in pace. Vado dentro da Simone".
Annuisce e mi segue con lo sguardo mentre entro in casa.
Ho letto Orgoglio e pregiudizio e non mi sembrava così struggente. Che era quella foto? In questi casi odio la mia parte curiosa e pettegola in cerca di risposte.

Entro in camera di Simone senza bussare, ormai questa è anche un po' casa mia. E faccio male perché è in accappatoio e si sta per vestire.
"Oh Manuel, ma allora è un vizio che spunti all'improvviso"
"Si, è proprio nella mia natura" mi siedo alla scrivania e vado avanti e indietro sulla sedia con le rotelle.
Simone è con la testa nell'armadio e cerca qualcosa da indossare.
"Dai prendi un jeans e una maglia che andiamo a fare un giro. Non fa troppo freddo, una giacca basterà". Non è una proposta, ho già deciso senza che debba accettare.
"Mh, e dove andiamo?" mi chiede.
Quel coglione, noncurante della mia presenza, si toglie l'accappatoio e inizia a infilarsi le mutande.
Di scatto giro il viso e inizio a guardare le foto appese alla parete.
"Guarda che non mi imbarazzo eh, altrimenti sarei andato in bagno a vestirmi". Mi dice dopo aver notato la mia reazione istintiva. Mi rigiro a guardarlo, ora si sta infilando i jeans neri.
"Sono abituato a lavarmi e a vestirmi davanti ai miei compagni di squadra, a rugby" mi dice tranquillamente.
"Va bè pensavo ti imbarazzassi" mi affrettò a cambiare argomento con le orecchie ormai in fuoco.
"Comunque andiamo a fare un giro per Roma, poi prendiamo due schifezze e veniamo a mangiarle qui con Ginevra".
Si asciuga il petto e infila una camicia bianca, poi annuisce.
"A proposito, che c'ha tua sorella? Stava piangendo prima in giardino".
Allo specchio si aggiusta i riccioli che bagnati sembrano di un castano ancora più scuro.
Mi rendo conto che lo sto osservando proprio come Dante faceva con Beatrice nella poesia di ieri.
"Si lo so, l'ho vista dal balcone... non so cos'abbia e voglio lasciarle un po' di spazio, poi le parlerò. Anch'io non è che sto benissimo oggi, ho l'umore sotto ai piedi".
Sento salire le scale e appare Ginevra in corridoio. Posa il libro sulla scrivania, si toglie le scarpe, prende dei vestiti puliti e viene verso di noi in camera.
"Uscite?" ci chiede mentre ci osserva.
"Si, non cenare che ti portiamo noi qualcosa. Stai meglio?" le chiede Simone.
"Mh.. mi faccio una doccia, chiudete la porta mó che uscite". Si avvia in bagno e chiude a chiave.
"Sicuro che possiamo lascià tua sorella da sola così? Sta sotto a un treno. Ma che le è successo? Lo sai?" mi alzo e mi avvicino a Simone.
"No Manu, te l'ho detto. Dopo le parlo, ora non mi direbbe nulla".
Anche Simone é agitato oggi, ma gli credo.. neanche lui sa cos'ha sua sorella. Mi dispiace perché vorrei aiutarla, lei c'è sempre per tutti.
Ora mi occupo di tirar su di morale Simone, dopo penserò a Ginevra.
Poi esce dalla camera e si avvicina alla porta del bagno.
"Oh Ginevra, mi apri? Ci sono il mio bracciale e le mie scarpe lì".
La serratura scatta e la porta del bagno si richiude.
Ho letteralmente un minuto: il tempo che Simone si infili le scarpe, prenda il bracciale e si metta il profumo... perché so che lo farà.
Quindi corro in camera di Ginevra, prendo il libro e la foto è lì messa come segnalibro.
Tre bambini davanti a una torta. La giro: Simone, Ginevra e Jacopo.
Tutto nella mia testa sta trovando un senso, ogni pezzetto torna al suo posto: una famiglia distrutta, l'assenza di Dante, due fratelli gemelli che per quanto si amino si sentono sempre a metà.
Il mio lato pettegolo oggi mi ha portato in una zona intima della famiglia Balestra e ora non so cosa fare con questo segreto che ho tra le mani.
Poso tutto al proprio posto e mi avvio verso la moto, aspetto Simone.
Penso che dovrò parlare il prima possibile con Ginevra... questo ragazzo che sta venendo verso di me con un casco in mano, bello come il sole, merita di sapere la verità... merita di perdonare suo padre e di riempire quella metà che manca.

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