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Avevo la totale certezza che Marceline non sarebbe tornata a dormire, sarebbe rimasta con il suo ragazzo in centro città.
Fai finta che in casa non ci sia nessuno, pensai, ma le luci erano accese e la mia macchina era parcheggiata proprio fuori il cancello.
"Bella lo so che sei in casa apri questa stramaledetta porta" mi assalì il panico.
Era Alex, fuori dalla mia porta, aveva una voce rotta, come se stesse piangendo e quella frase risuonò come una supplica.
Non aprirgli, continuai a pensare.
E se fosse importante?
Presi coraggio e andai ad aprire la porta, era lì, fermo immobile, con la mano destra in tasca e la sinistra ben stretta in un pugno. I capelli scuri erano scombinati, gli occhi affossati da occhiaie troppo profonde e lo sguardo stanco
"Che diamine vuoi a quest'ora?"
"Ti prego Bella fammi entrare" non lo avevo mai visto in questo stato, sembrava che potesse svenire da un momento all'altro. Lo feci accomodare in casa e subito si gettò di peso sul divano, gli tolsi le scarpe e il giubbotto. "Bella non sai quando mi dispiace" lo guardai, aveva le mani sul volto, puzzava di alcool e fumo quindi potei tranquillamente dedurre che fosse ubriaco  "ti scusi per cosa?"
"Per quello che ti ho detto ieri sera"
"Che cosa mi avresti detto ieri sera?"
"Non dovevo dirti quelle cose, e non dovevo nemmeno scopare con Courtney, non volevo Bella. Cazzo sei tu che mi fotti il cervello" sorrisi, era sincero.
"Mi piace quando sorridi Bella" aveva un tono innocente, sembrava un bambino. Quelle parole, sebbene pronunciate da ubriaco, mi strapparono un sorriso.
"Dico sul serio, sei bellissima quando sorridi" sfiorò con il pollice le mie labbra serrate. Mi divincolai "ti porto qualcosa di più comodo"
Andai al piano di sopra, presi i pantaloni della tuta nera di Thomas e la mia maglietta oversize dei Nirvana.
"Mettiti questi" Gli passai i vestiti "il tuo ragazzo non è in casa?"
"Quale ragazzo?"
"Perché hai dei vestiti maschili?"
"Sono di Thomas il mio coinquilino"
Mi guardò confuso, probabilmente non gli ho mai parlato di Thomas "mettimeli tu, io non ce la faccio"
"Come scusa?"
"Hai capito Bella, toglimi i vestiti e mettimi questi" iniziai a balbettare, strano, io non ballettavo mai. "Non è il caso Alex"
"Invece lo è" avevo le mani fredde ben salde sul suo collo caldo. "Dici sul serio?"
Non mi rispose, cadde in avanti proprio all'altezza del mio ventre, se non fossi stata in piedi dinnanzi a lui, sarebbe caduto con la faccia per terra.
"Cazzo Alex" lo feci stendere sul divano, non mi ero mai trovata in questa situazione. Lui sembrava svenuto, dovevo chiamare i soccorsi? Trasportarlo fino in macchina e portarlo in ospedale?
"Cazzo che caduta che stavo per fare"
Era sveglio e vigile "mi hai fatto preoccupare deficente"
"Mi hai salvato"
"Da morte certa?"
"Da una frattura del setto nasale"nuovamente mi strappò un sorriso "dove sei stato?"
"Dopo la cena sono andato a bere in quel locale in fondo alla strada e speravo di incontrarti ma tu non c'eri, tu non ci sei mai" una fitta fece capolino nel mio petto, aveva un espressione vuota, quasi disperata. "Non volevo bere"
"Io invece si"
"Perché?"
"Volevo dimenticare qualcosa"
"Che cosa?"
"Volevo dimenticarmi di te, ma non ci riesco mai" si mise a sedere. Da ubriachi si dice sempre quello che si pensa, e lui quelle parole le pensava davvero, lo sapevo perché leggevo la sofferenza nei suoi occhi.
"Io non ti merito Bella" aveva le pupille dilatate e le lacrime minacciavano di uscire "invece si che mi meriti Alex, sei decisamente una persona migliore di me" soltanto in quel momento mi resi conto di quanto lui avesse sofferto negli ultimi anni, che non aveva una famiglia felice, che era ancora una mia vittima, una persona ferita da un dolore indelebile. E la colpa era solo mia.
"Allora perché non mi ami per come faccio io?"
"Chi te lo dice che io non ti amo, Turner?"
Era ubriaco, e l'indomani non si sarebbe ricordato niente, ma non mi importava, se necessario gli avrei detto ti amo tutte le volte che voleva.
Mi misi sulle sue gambe tenendo sempre le mani ben salde sul suo collo,
Mi guardò confuso, "ti amo Alex" senza pensarci due volte posò delicatamente le labbra sulle mie. Fu un bacio dato istintivamente, dettato del bisogno di contatto fisico "ti amo Bella" disse sfiorandomi a malapena le labbra, volevo di più, volevamo di più.
"Ti prego Bella" mi scostai da lui, era ubriaco e non volevo che l'indomani mattina non si ricordasse niente di quello che sarebbe successo la notte precedente. "Ho bisogno di te Bella"
"Non stasera Al, abbiamo tempo"
Lui si limitò a baciarmi la tempia sinistra, in segno di sconfitta "hai freddo?" Stava tremando, e aveva la pelle d'oca "no, sto bene" sorrise, sembrava stesse bene ma sapevo che qualcosa lo tormentava, lo si poteva leggere nei suoi occhi scuri. Li guardai, erano perfetti, come quella volta al corso di letteratura, erano passati anni eppure io lo guardavo sempre allo stesso modo, affascinata, è sempre stato il ragazzo più bello che abbia mai visto.
"Domani non ti ricorderei più niente"
"Non m'interessa, voglio stare solo con te stasera" mi poggiò le labbra sul collo "e per sempre"
"Noi due? Per sempre?"
"Finché morte non ci separi, lo avevi detto no?"

Quel giorno a Sheffield pioveva, e noi due eravamo sulla metro, di certo non ci aspettavamo che fuori da quelle strette gallerie piovesse.
Stavamo ascoltando Just Like a Woman, le cuffie divise in due. Era piazzato tra le mie gambe, tenendo la testa sul mio ventre. Avevamo fatto io giro della città per ben tre volte, ad ogni fermata salivano e andavano via le persone ma non noi.
Non avevamo una meta precisa, stavamo lì per ore soprattutto quando ci rendevamo conto di quanto il mondo ci stesse stretto, stretto come quelle gallerie.
Giocano con i suoi capelli e di tanto in tanto gli lasciavo un bacio sulle labbra.
Quando ci rendemmo conto che mancavano solo cinque minuti alla mezzanotte decidemmo di uscire, l'acqua di una fredda pioggia di Gennaio ci bagnò i tessuti.
Iniziammo a correre, per i marciapiedi e per le strade rischiando anche di essere investiti. Era la zona meno consona per rimanere la notte, nelle notti serene senza pioggia, sui marciapiedi stavano prostituite e spacciatori, lì si consumavano risse e amori duraturi quanto una sveltina pagata nell'auto di uomini sposati.
Poi c'era un bar, di poco conto e che faceva cocktail anche ai minorenni. Vicino ad esso un vicolo, stretto e poco conosciuto. C'era una scala di metallo arrugginito che portava alla veranda di un appartamento abbandonato in cui spesso e volentieri andavamo per giocare a carte oppure per passare nottate migliori lontani da occhi indiscreti e genitori opprimenti. Tutti i nostri amici la usavano, e anche io e Alex non eravamo da meno, lui portava la chitarra, suonava qualcosa e poi finivamo per fare l'amore, oppure gli parlavo di quando odiassi mia madre e la mia vita, gli raccontavo come fosse andata la mia giornata. Lui mi ascoltava sempre, quando piangevo mi asciugava le lacrime e mi faceva poggiare la testa sulle sue gambe, accarezzava i miei capelli e mi rassicurava, stavo automaticamente meglio.
Quella piovosa sera però, prima di entrare in casa, ci appartammo in quel sudicio vicolo.
"Cazzo Al é mezzanotte ed un minuto"
"Che significa?"
Mezzanotte e zero uno del 6 Gennaio 2003.
"È il tuo compleanno cazzo" Non lo feci rispondere, mi gettai sulle sue labbra. Come era suo solito fare, poggiò le mani sui miei fianchi esili e strinse le dita attorno ad essi. Avvicinò la sua figura alla mia, facendo scontrare i nostri bacini.
Entrammo in casa, e ci dirigemmo subito nel soggiorno. Il divano era a L di stoffa blu, e sotto di lui un grande tappeto rosso fuoco con decori neri.
Si sedette su di esso con violenza e mi fece accomodare sulle sue gambe. Ricominciammo a baciarci, questa volta con molta più foga.
Come tutte le altre sere finimmo per fare sesso. E lui come tutte le altre sere mi fece accomodare sul suo petto, e fu proprio mente mi accarezzava la schiena ancora bagnata che mi disse "vorrei che il sole oggi non sorgesse"
"Perché dici questo?"
"Perché così potrei averti qui con me per sempre" Gli accarezzai il petto "mi avrai per sempre Al"
"Definisci per sempre"
"Finché morte non ci separi"
Ci scambiammo un bacio, come se fosse il sigillo di un patto infrangibile. Non ci eravamo mai detto ti amo, non ci eravamo mai detto niente che potesse far pensare ad un nostro fidanzamento. Eravamo solo amici, che si amavano più di altri.

Scacciai quel ricordo dalla mente, e mi alzai dalle sue gambe. Non gli risposi, ma pensai che stare con lui per sempre sarebbe stato come una pena nell'inferno dantesco, come quella di Paolo e Francesca. Sarebbe stato come stare in paradiso da peccatori, perché di certo quello che eravamo stati in passato e quello che continuavamo ad essere ci avrebbe spedito nel girone dei lussuriosi.
Ma non m'interessava.
Lui sarebbe stato il mio Peccato,
ed io il suo Inferno.

La mattina seguente mi svegliai nel mio letto, con Alex a fianco. Non ricordo come ci fosse finito, probabilmente usò quelle poche forze che gli rimanevano per salire al piano di sopra.
Stava dormendo beato, sembrava sereno. Non aveva la stessa faccia frustrata della sera prima, era immobile e privo di ogni malessere.
Sorrisi, non ricordavamo come fosse perfetto svegliarsi la mattina con lui al mio fianco.

young and beatiful || Alex Turner||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora