«Dove va
Il tempo, chissà?
E gli occhi tacciono
Ma a notte sognano
Il motore che va.»Sai, me lo ricordo ancora il suono dei tuoi passi, quel tuo strusciare i piedi prima di alzare la pianta del piede e poi lamentarti per il suono che produceva, me lo ricordo ancora quel tuo modo di camminare con le gambe perennemente divaricate e le mani nelle tasche come se stessi andando a sfidare il mondo e mi ricordo anche di come il tuo sguardo cambiava quando, invece, camminavi verso di me e il mondo si riduceva allo spazio che ci separava.
Io non ho mai dimenticato niente di te, niente, neppure quando il dolore mi impediva di alzarmi dal letto, quando il peso di quello che era stato e non sarebbe mai più tornato mi strappava via l'aria lasciandomi in uno stato di apnea fino al tuo ritorno.
Ricordo anche il giorno in cui la tua camminata, collaudata da anni e anni in cui fingevi che niente potesse scalfirti, è diventata un insieme scoordinato di passi, rischiando anche di cadere e farti male e io non avrei potuto aiutarti, io non ti avrei potuto sostenere. Ricordo la tua schiena mentre correvi via, gli occhi spalancati e il cuore in tumulto, forse anche più del mio ma allora non ero in grado di capirlo veramente, ero troppo accecato dal mio dolore per vedere anche il tuo.
Ricordo tutto di quel giorno, Manuel. Il giorno in cui sei scappato via da me.La luna quella sera – o meglio erano appena le sei del pomeriggio ma essendo quasi inverno non c'era molta differenza con la notte vera e propria – era coperta da dei grossi nuvoloni che rendevano impossibile vedere il suo bagliore se non, di tanto in tanto, qualche timido raggio che fuoriusciva da uno squarcia di nuvola.
Gli occhi color nocciola di Manuel erano fissi verso il cielo, le labbra erano piegate verso il basso e, molto spesso, emetteva degli sbuffi contrariati, la guancia destra era poggiata sul palmo della sua mano e il ragazzo – all'epoca diciassettenne, anche se ancora per poche settimane – se ne stava in ginocchio su una vecchia poltrona color lilla e con i gomiti poggiati sul davanzale di una delle finestre di casa Balestra, con la speranza di riuscire a vedere la luna piena ma il meteo non gli stava fornendo aiuto.
- "Quanno hai finito de sbuffa' magari potremmo fare qualcosa, mh, che dici?"
La voce del suo amico Simone, il buon vecchio Simone, riscosse il ragazzo dai suoi pensieri e lo portò a sbuffare nuovamente.
- "Nun c'ho voglia." Si lamentò Manuel senza neppure girarsi a guardare il padrone di casa.
Simone, circa un paio d'ore prima, si era ritrovato Manuel sulla soglia di casa con in mano due birre, tre buste di patatine di vari gusti – tra cui quelle al formaggio, le preferite del minore – e un sorriso smagliante, non aveva neppure dovuto chiedere all'altro se potesse entrare, ormai era di casa e per di più sapeva che il piccolo di casa fosse solo e non ci aveva pensato su due volte prima di prendere la sua moto e raggiungere la villa in cui, sempre più spesso, passava le sue giornate e la persona che, o in un modo o nell'altro, occupava sempre i suoi pensieri.
- "Eddai, Manu." Replicò Simone e si alzò dal divano verde chiaro – scelto da suo padre e con sommo orrore di sua nonna – per raggiungere l'amico.
Manuel, nel sentirsi chiamare in quel modo, rabbrividì ma minimizzò il tutto con una scrollata di spalla e dicendosi che era il freddo, dopotutto erano a fine novembre e lui indossava soltanto una canotta da basket e una camicia a quadri troppo leggera. Sì, doveva essere decisamente il freddo, Simone e i suoi nomignoli non c'entravano nulla.
- "Vuoi passare il resto della serata qua ad aspetta' che se ne vadano le nuvole?" Chiese, retorico, il corvino e si piazzò al fianco del ragazzo. "Sappi però che il meteo dice che tra poco pioverà anche."
- "Ma che palle!" Esclamò, rumorosamente, il romano a quelle parole e si trattenne a stento dal piagnucolare. "Io voglio vede' la luna!"
- "La poij vede' domani, no?"
- "Ma stasera è piena!" Replicò il riccio, con tono di rimprovero nei confronti del padrone di casa. "Domani nun sarà più così!"
Simone sospirò e scosse la testa, sapeva che sarebbe stato inutile provare a convincere il vicino di banco del contrario.
- "Me spieghi perché ti piace così tanto la luna?" Chiese Simone, cambiando totalmente argomento, e si appoggiò con il fianco contro il davanzale della finestra. "Nun è la prima volta che te comporti così." Aggiunse.
Simone di certo non aveva potuto non notare le volte in cui Manuel, che per un motivo o per un altro si trovava sempre a casa sua, si era messo nella stessa postazione di quella sera, anche nella medesima posizione soltanto per poter ammirare la luna sia che questa fosse piena – come quella sera – sia che non lo fosse, anche se aveva una particolare predilezione per la luna piena e quando non riusciva ad ammirarla restava di cattivo umore per tutta la sera, rendendo molto difficile al corvino poter avere una conversazione normale con lui anche se, dopo qualche mese, il ragazzo aveva capito che del buon gelato alla vaniglia gli faceva cambiare idea.
Simone, però, ricordava bene anche una sera in cui la luna piena brillava nel cielo e lui si era ritrovato a guardarla con Manuel, con questo stretto tra le braccia mentre si perdevano l'uno nell'altro in una notte che sapeva di proibito. Era la notte del compleanno di Simone, a fine marzo, e la luna piena che brillava sulle loro teste era stata l'unica testimone di qualcosa che nessuno dei due avrebbe mai più dimenticato.
- "Sei più bello della luna." Gli aveva detto Manuel, direttamente all'orecchio, per poi riprendere a baciarlo e Simone sentiva ancora le gambe tremargli quando ci pensava. Chissà se per Manuel era lo stesso. Chissà se la luna di quella sera lo riportava con la mente a quella notte di cui non aveva mai voluto parlare. Chissà se lo pensava ancora.
Manuel, dopo la domanda del più alto, si girò finalmente verso di lui e quando incontrò gli occhi brillanti di Simone non poté fare a meno di sorridere. Anche se la luna era coperta qualcosa che brillava per Manuel c'era ugualmente.
- "M'è sempre piaciuta in realtà." Scrollò le spalle Manuel e si sedette, in modo un po' scomposto, sulla poltrona lilla. "Quanno da piccolo ero agitato, qualunque fosse il motivo, ricordo che mi' madre me diceva di guarda' la luna e pensa' che qualsiasi cosa succeda, anche nei giorni più bui, lei sta sempre là e nun se ne va, me basta alza' la testa e capi' che pure quer giorno è finito e quello che sembrava nun passa' mai è passato.
Ner mondo la gente nasce, more, se ammazzano e se amano continuamente ma la luna sta sempre lì, è un testimone silenzioso di tutte le cose che le persone non hanno il coraggio di dire de giorno."
Simone trasalì a quelle parole, il ricordo di quanto era successo quasi otto mesi prima era ancora vivido nella sua mente e credeva che anche il riccio, a dispetto del suo comportamento, non avesse dimenticato nulla di quella notte. Non aveva dimenticato lui.
- "Sulla luna poij sempre conta', nun te tradisce, nun te mente, ce sta sempre. È 'na costante." Riprese a parlare Manuel, guardando direttamente negli occhi il più piccolo che si stava mordicchiando il labbro inferiore. "È l'unica cosa bella nella vita mia che 'a banca o chiunque altro nun m'ha mai potuto porta' via, io a lei ce tengo e so' sicuro che pure lei me vole bene, quanno la luna è piena nun me po succede niente de male, di questo ne so' sicuro." Aggiunse e abbozzl un sorriso. "Mi' madre me diceva sempre che quanno la luna è piena succedono soltanto cose belle."
- "Pure quella sera ce stava la luna piena." Mormorò Simone a mezza bocca, il ricordo di quella sera gli bruciava ancora addosso, sentiva ancora le mani di Manuel su di lui e i capelli del riccio intorno alle sue dita, tutto di quello che era successo continuava a vivere e rivivere all'infinito nella sua mente.
- "Che cosa?" Chiese Manuel e inclinò la testa da un lato. "Parla più forte che nun te sento."
Il corvino abbozzò un sorriso e scosse la testa.
- "Te stai a fa' vecchio." Lo prese in giro. "Allora? Facciamo qualcosa?"
Il riccio assunse un'espressione contrariata e scosse la testa.
- "No, mo' sto 'ncazzato."
Il corvino si leccò le labbra e si abbassò per essere alla stessa altezza del ragazzo davanti a lui.
- "E se ti proponessi del gelato?"
- "Pensi di potermi corrompere?" Inarcò un sopracciglio il maggiore. "Che so' 'n bambino?"
- "No ma so quello che ti piace." Sorrise Simone e allungò una mano per allontanargli un riccio dal viso.
Manuel chiuse gli occhi per bearsi di quel contatto e, quando capì che l'altro stava per allontanarsi, gli prese la mano e la strinse con la sua.
Da quando Simone si era ripreso dal suo incidente il rapporto tra Manuel e Simone era decisamente cambiato soprattutto da parte del più grande, Manuel era molto più premuroso e presente nei confronti di Simone, non mancava giorno in cui non gli chiedesse come si sentisse, se avesse bisogno di qualcosa, c'era sempre per lui, Simone veniva prima di tutto, inoltre il più basso aveva sviluppato un forte bisogno di avere continuamente un contatto fisico con il rugbista, che fosse anche un semplice sfiorargli la spalla passando ma lui ne aveva bisogno, lo tranquillizzava e gli faceva capire che no, Simone non sarebbe andato via e che stava bene. Dopo aver visto Simone grondante di sangue sull'asfalto fuori casa sua nel cervello di Manuel era scattato qualcosa che, per mesi, lo aveva portato ad avere incubi riguardo la dipartita del suo compagno che lo facevano svegliare in preda al panico e più di una volta, sull'orlo di una crisi di pianto, aveva chiamato Simone soltanto per assicurarsi che non gli fosse successo niente di male e sentirsi dire che andava tutto bene, che Simone era lì con lui, quando invece gli capitava di avere gli incubi mentre si trovava a dormire con il più alto questo non perdeva occasione di stringerlo tra le sue braccia e cullarlo fino a quando non si riaddormentava mentre gli sussurrava parole rassicuranti e gli lasciava qualche bacio sulla fronte, così facendo Manuel finiva per addormentarsi con il sorriso stampato sul volto e il cuore più sereno.
- "E, sentiamo 'n po', che cosa me piace?" Chiese, a voce non troppo alta, il maggiore e gli accarezzò lentamente il dorso della mano.
- "Beh, il gelato alla vaniglia."
- "Quello lo sanno pure i sanpietrini pe' strada." Sbuffò Manuel e aprì gli occhi per incontrare quelli di Simone che brillavano. "Poi?"
Simone arricciò il naso e ci pensò su un momento, mentre il più grande lo tirava affinché si sedesse sulla poltrona con lui, cosa che il ragazzo fece solo in parte, rimanendo sul bracciolo della poltrona lilla.
- "Ti piace la luna, ma anche questo è risaputo." Disse e portò la mano tra i capelli di Manuel per poterli accarezzare. "Ti piacciono le moto – Manuel alzò gli occhi al cielo per l'ovvietà di quello che Simone stava dicendo – soprattutto quando sono rotte e no, non per poterci guadagnare qualcosa ma per poterle sistemare e darle nuova vita, ti identifichi con quei pezzi rotti e aspetti che qualcuno ti aggiusti come fai tu con loro. Ti piace dormire sul lato sinistro e quando la mattina ti svegli dall'altro ti innervosisci, ti piace pure dormire a pancia sotto ma poi ti viene mal di schiena e il torcicollo, anche se non hai ancora capito il collegamento. Ti piace acconciarti i capelli in modo strano quando sono bagnati, come hai fatto quest'estate al mare e ridevi come un bimbo. Ti piace anche la mozzarella filante sulla pizza ma non la mozzarella in sé e se qualcuno che te lo chiede risponni che so' due cose diverse, che hanno sapori diversi.
Ti piace quando piove di notte e addormentarti con il rumore delle gocce che scendono, ti dà fastidio invece quando smette di piovere prima che ti addormenti, di giorni però la pioggia la odi e sei di cattivo umore ogni volta che c'è brutto tempo. Ti piace quando le persone ti lasciano in pace ma ancora di più quando sanno ascoltarti." Parlò il ragazzo mentre l'altro lo ascoltava rapito, stentava a credere che Simone lo conoscesse così bene, che avesse notato così tante cose di lui e le custodisse gelosamente tutte per sé. "E ti piace pure essere baciato ed essere abbracciato mentre scopi co' qualcuno. Anzi no, questo non ti piace, questo ti fa impazzire."
A queste ultime parole il riccio trasalì e i suoi occhi si fecero più scuri, si mordicchiò il labbro sotto lo sguardo attento di Simone che era fisso sulle sue labbra.
- "Te lo ricordi." Sussurrò Manuel, più a se stesso che all'altro ma Simone lo sentì e non esitò a rispondere.
- "Ricordo tutto di te." Ammise il più alto. "E tu invece? Te la ricordi quella notte?"
Il più grande a quella domanda non rispose, si limitò ad alzarsi nuovamente sulle ginocchia e allacciare le braccia al collo del padrone di casa. Gli occhi dei due ragazzi si fissarono per un momento infinito, si cercavano e si scrutavano in un gioco senza fine, senza né vincitore né vinti, non c'erano nemmeno perdenti, c'erano soltanto loro.
Manuel si mosse lentamente, il corvino riuscì a notare ogni sua più piccola mossa e sospirò quando le labbra morbide – profumate di menta per la caramella che aveva mangiato poco prima il ragazzo – di questo si poggiarono sulle sue in un contatto che aveva per tante sognato e che pensava non avrebbe mai più provato.
Le labbra di Manuel erano proprio come le ricordava, la barba continuava a solleticargli il mento, e le mani del riccio continuavano ad aggrapparsi a lui come se da un momento all'altro potesse scappare via, il che era assurdo considerato che era stato Manuel a scappare più di una volta, a non voler nemmeno parlare di quanto era successo la sera del suo compleanno e ad evitare accuratamente di trovarsi in situazioni scomode, non era di certo Simone che evitava certi argomenti come la peste ma se Manuel sentiva il bisogno di stringerlo in quel modo non sarebbe stato lui a dirgli di no.
Un sospiro rumoroso lasciò le labbra di Simone, a contatto con quelle del più grande, e aprì gli occhi per osservare il volto di Manuel ed imprimerlo nella sua mente. Gli occhi scuri di Manuel erano chiusi ma se fossero stati aperti, Simone ne era certo, sarebbero stati in grado di bruciarlo, le labbra si muovevano piano contro le sue e il volto era rilassato come mai prima l'aveva visto, nemmeno quando dormiva era così sereno. Come se si trovasse nel punto giusto del mondo.
- "Manuel." Il nome del riccio gli scivolò dalla bocca ancora prima di connettere il filtro cervello-bocca e subito dopo gli venne da mordersi la lingua per aver interrotto quel momento.
- "Mh." Mugolò il più grande e si avvicinò ancora di più al corpo del rugbista. "Nun parliamo adesso." Sussurrò.
Simone sospirò nuovamente e scosse la testa.
- "Non voglio rovinare di nuovo tutto quello che abbiamo costruito." Ammise il ragazzo e allungò una mano per accarezzargli la guancia. "Io nun te voglio perdere."
Il più basso, a quel punto, si gettò totalmente addosso al padrone di casa e lo guardò diritto negli occhi.
- "Smettila di pensare." Si limitò a dirgli il ragazzo e fece unire nuovamente le loro labbra.
Simone, a quel punto, decise di fare quello che gli era stato detto e di accettare qualsiasi cosa stesse succedendo, avrebbe pensato alle conseguenze in un altro momento.
Non passò molto tempo prima che il corvino si ritrovasse a stringere forte tra le braccia il più grande mentre questo gli teneva le gambe allacciate sul bacino e le braccia dietro al collo, mentre il minore camminava verso il divano verde chiaro per poi sedersi sopra in modo poco aggraziato mentre Manuel gli si sistemava meglio a cavalcioni addosso.
Le loro labbra si cercavano, si rincorrevano fameliche, le mani di Simone si muovevano sulla schiena del più grande, lo stringeva, lo toccava, aveva bisogno di sentirlo per capire che quella era la realtà. Loro erano reali.
Manuel si lasciò guidare e scivolò con la schiena sul divano mentre Simone gettava in qualche angolo dello studio la camicia a quadri che indossava, per poi infilargli le mani sotto la canotta e vagare su quella pelle che conosceva pur non vedendola, era impressa nella sua mente da quella sera di marzo e mai l'avrebbe dimenticata, avrebbe fatto per sempre da sfondo ai suoi sogni più belli, quelli che avrebbe tenuti solo per sé.
Il riccio era perso tra le mani di Simone, questo avrebbe potuto fare tutto quello che voleva con lui e non si sarebbe lamentato, era totalmente in sua balia, era totalmente suo. Un mugolio d'approvazione lasciò le labbra schiuse di Manuel quando la mano dell'altro scese ad abbassargli la zip dei jeans, reclinò la testa all'indietro per lasciare più spazio a Simone che gli stava baciando il collo mandandolo in paradiso, aprì gli occhi e sul suo volto comparve un sorriso. Le nuvole, che fino a qualche momento prima lo avevano tanto infastidito, si erano di diradate e la luna era finalmente visibile. La luna era lì per lui, per loro, brillava maestosa, alta nel cielo, e inondava di nuova luce l'intera stanza, il suo riflesso era chiaro negli occhi di Manuel che sentiva di essere a casa.
- "Sei così bello." Sussurrò il più alto, dopo avergli tolto anche la maglia, e con le labbra passò a concentrarsi sul suo capezzolo destro facendolo gemere sommessamente.
L'aria nella stanza era bollente, nonostante fosse novembre il corpo di Manuel sembrava andare a fuoco e il suo ghiaccio erano le mani di Simone che gli stavano dando sollievo e appagamento, gli stavano dando tutto quello di cui aveva bisogno. Il loro momento, però, era destinato a finire e difatti venne, pochi momenti dopo, interrotto dal rumore della porta di casa che si chiudeva, il che però non infastidì troppo i due ragazzi avvinghiati l'uno all'altro, ad interrompere il loro momento fu una voce.
- "Simone, tesoro, sono tornata a casa. Dove sei?"
La voce di Virginia, appena rientrata in casa, fece paralizzare i due ragazzi e fu come una doccia d'acqua gelata su di loro, in particolar modo su Manuel che sgranò gli occhi e si scostò dal corpo di Simone come se a bruciare, in quel momento, fosse lui.
- "Manuel?" Lo chiamò il corvino e si mise a sedere sul divano mentre osservava l'altro muoversi nervosamente sul tappetto scuro.
- "Non doveva succede', nun doveva anna' così." Stava cantilenando Manuel e si mise le mani tra i capelli, il volto aveva perso ogni colore e gli occhi sembravano tremendamente spenti.
Simone sospirò, stava succedendo tutto quello che più temeva.
- "Calmati, per favore." Gli disse, con tono gentile come se temesse di spaventarlo. "Siediti, parliamone."
Il più basso, a quelle parole, si voltò verso di lui con gli occhi sgranati e la mascella serrata.
- "Che cazzo ce sta da di'?!" Ringhiò il ragazzo, ancora a petto nudo e gli occhi sgranati. "Tutto questo è sbagliato!"
- "Eppure mi sembrava ti stesse piacendo." Sputò, acido, Simone.
- "Io nun so' questo!" Gridò Manuel, come se quello potesse in qualche modo negare quanto il corvino aveva appena affermato. Simone aveva ragione, gli stava piacendo, eccome se gli stava piacendo. "Io nun so' come te!"
- "E allora che cazzo ce stai a fa' qua?!" Il più alto era stanco, stanco di sentire Manuel gridargli contro le peggiori cose e poi tornare da lui a chiedergli scusa con la coda tra le gambe. Era stanco di stare dietro ai cambi di umore e di idee di Manuel, non aveva più intenzione di essere il suo giocattolo per sfogarsi. "Vattene se siamo tanti diversi, no?!"
Gli occhi di Manuel erano lucidi, qualche venatura di rosso era visibile, e le sue gambe si ritrovarono ad indietreggiare prima ancora di elaborare tutto quanto stava succedendo. I passi, dapprima incerti e traballanti, si fecero più sicuri e veloci e Manuel, dopo aver raccattato la sua canotta, si ritrovò a correre fuori da quella casa che sapeva così tanto d'amore, un amore che lui però non poteva accettare e che gli faceva anche paura. Un amore che gridava il nome di Simone ma lui non era ancora pronto ad ascoltarlo, si coprì le orecchie e corse via. Via dalla sua felicità. Via da Simone.Quel giorno ti ho odiato, Manuel. Ti ho odiato con tutto me stesso ma, soprattutto, mi sono odiato per averti permesso ancora una volta di usarmi come volevi, per essere caduto nella tua trappola e averti donato il mio cuore però non te ne faccio una colpa, non l'ho mai fatto. Non è stata colpa tua se l'amore ti faceva così tanta paura, se nel tuo futuro non riuscivi a vederci felicità, non è stata colpa tua se l'idea di stare con me ti faceva tremare le gambe, la realtà ti ha sempre fatto paura ma, me l'hai detto tante volte, con la luna piena non può succedere niente di brutto e io ci credo, mi fido di te, come sempre.
Tu sei la mia luna piena, Manuel.
Ti amo.- Per sempre tuo, Simone.
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Ehi, come state?
Ebbene sì, sono tornata con una nuova storia perché pur di non studiare farei anche il cammino di Compostela, ma questo mi sembra meno faticoso. Se avete letto la descrizione della storia avrebbe già capito, più o meno, di che cosa tratterà, è un diario che Simone tiene in cui racconta la sua storia con Manuel, pian piano ci sarà sempre un nuovo tassello fino ad arrivare al giorno in cui Simone scrive, anche se credo si capisca specifico comunque che le parti in corsivo sono i ricordi di quanto successo mentre invece le parti non in corsivo e quanto Simone scrive nel diario. Non so dirvi con esattezza quanti capitoli ci saranno, perché sono incerta nell'inserire o meno un paio di capitoli, ma saranno comunque meno di venti. Per quanto, invece, riguarda la frequenza di pubblicazione non so dirvi quanto sarò regolare, tenterò di pubblicare il più spesso possibile ma ho ancora un'altra ff sempre sui Simuel da portare a termine e, per quanto io cerchi di dimenticarmene, sono ancora in sessione e mi tocca studiare, cercherò comunque di fare del mio meglio!
Per qualsiasi cosa potete trovarmi anche su Twitter come @fvedericoshvrt.
Scusate per gli errori contenuti nelle battute in romano e altri eventuali errori nel resto del testo.
Ci vediamo presto.
Baci, Michi 🦋
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Il giorno || Simuel.
FanfictionIl giorno || Simuel. Il giorno in cui Simone ritrova un diario che non ricordava di avere e decide di usarlo per scrivere una storia, la storia più bella che conoscesse. La sua storia con Manuel, l'amore della sua vita. La loro storia, però, a diffe...