Il giorno in cui pensavi di avermi perso.

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«A volte non so esprimermi
E ti vorrei amare, ma sbaglio sempre
E ti vorrei rubare un cielo di perle
E pagherei per andar via
Accetterei anche una bugia.»

«Stamattina mi sono svegliato con un ricordo diverso dal solito che mi frulla nella mente, forse sto prendendo troppo sul serio questa storia del diario, no, non prendermi in giro come al solito ma questa è una cosa a cui tengo, e mi sono ritrovato a vivere giorno dopo giorno ancora una volta tutta la nostra relazione fino ad arrivare ad oggi.
Io e te di momenti belli ne abbiamo tanti, delle volte penso che sono pure troppi, insomma che è una favola questa? Forse sì, la nostra lo è davvero, con te mi sono sempre sentito come un principe, casa nostra non sarà un castello ma al tuo fianco poco importa, anche noi, però, abbiamo dovuto avere a che fare con il nostro mostro ma, insieme, siamo riusciti a sconfiggerlo.
Ricordo quel periodo come se fosse ieri, nonostante siano passati anni, sento ancora il dolore provato nello starti lontano e il senso di colpa nel sapere che è stata tutta colpa mia, sono stato io a distruggere l'idillio che avevamo creato e, soprattutto a distruggere te, di questo non mi perdonerò mai, Manuel.

Quell'anno l'inverno era arrivato prima del solito a Roma e, soprattutto, le temperature erano molto più basse di quanto fossero mai state. Manuel, che il freddo non l'aveva mai tollerato troppo, si ritrovava a lamentarsi un giorno sì e l'altro pure, indossava ogni giorno almeno tre maglie e passava il tragitto da casa sua all'università – aveva categoricamente escluso la possibilità di andare in moto, faceva già abbastanza freddo senza aggiungerci altro vento per la velocità – ad imprecare contro qualsiasi cosa e chiunque incontrasse sul suo cammino, quando invece pioveva nemmeno ci pensava ad uscire di casa e preferiva starsene in camera sua a studiare per qualche esame.
Manuel, infatti, era iscritto al secondo anno – e sorprendentemente senza alcun esame arretrato del primo anno – a lettere moderne, aveva provato ad iscriversi alla facoltà di filosofia ma aveva capito che a fargliela piacere era solo Dante, aveva così deciso di coltivare quella sua passione in privato ma dedicarsi ad un altro ambito di studio, aveva così perso un anno ma almeno era convinto della sua scelta e apprezzava sinceramente ciò che studiava, si sentiva soddisfatto. Simone, invece, non aveva cambiato i suoi progetti e le sue passioni, così come aveva sempre detto si era iscritto alla facoltà di matematica e fisica e non faceva altro che collezionare ottimi voti e avvicinarsi sempre più alla realizzazione del suo raggiante futuro, il ragazzo non credeva di voler insegnare, era più proiettato verso altri campi ma non aveva alcuna fretta di decidere, aveva ancora diversi anni di università davanti e voleva concentrarsi solo su quelli.
Manuel e Simone stavano insieme da circa quattro anni, tra alti e bassi avevano resistito alla fine del liceo, alle crisi di Manuel che credeva di non farcela e Simone non aveva fatto altro che ripetergli quanto forte fosse lui e che era in grado di fare di tutto se lo voleva, Simone era stato al suo fianco anche quando si era reso conto che la facoltà di filosofia non facesse per lui ma voleva costringersi a continuare soltanto per non sprecare un anno di studi, il corvino l'aveva convinto che era meglio perdere solo un anno che condannarsi ad una vita di insoddisfazioni nel fare qualcosa che non voleva.  Allo stesso modo, Manuel era stato al fianco di Simone quando questo non aveva superato il primo esame all'università ed era stato sul punto di abbandonare tutto e accontentarsi di ciò che gli sarebbe capitato, razionalmente sapeva che un esame non determinava nulla di lui però si era lasciato abbattere fin troppo e senza Manuel al suo fianco, molto probabilmente, avrebbe davvero lasciato l'università, il riccio però era stato al suo fianco, l'aveva ascoltato e sostenuto fino a quando non lo convinse che quella fosse la sua strada nonostante gli intoppi. In quei quattro anni Manuel e Simone c'erano sempre stati l'uno per l'altro, qualunque cosa succedesse loro erano al fianco dell'altro ma, un giorno, qualcosa cambiò.
Quell'anno a rendere Manuel nervoso ed infastidito non era soltanto l'inverno più rigido del solito ma anche la situazione di stallo che si era creata tra lui e Simone, era, infatti, da quando avevano ripreso a seguire i corsi universitari ad ottobre – e si trovavano a fine novembre ormai – che il corvino sembrava aver sempre di meglio da fare che vederlo, ogni scusa era buona per litigare e teneva il broncio a Manuel per giorni interi anche se questo non aveva fatto assolutamente niente, come in quel momento.
- "Simò, cazzo, ma te rendi conto che nun ce vediamo da dieci giorni?!" Imprecò, ancora una volta, Manuel mentre camminava nervosamente avanti e indietro in camera sua, felice che sua madre non fosse in casa e poteva gridare quanto voleva. "Ogni giorno c'hai 'na scusa nova, ma te pare normale?!"
- "Che vuoi che ti dica? Ho altri impegni!" Sbuffò Simone all'altro capo del telefono. "Ci vediamo 'n'altra volta, nun è 'na tragedia."
- "Me lo stai a ripete' da ottobre!" Replicò il più basso. "L'ultima volta che t'ho visto siamo stati insieme manco mezz'ora perché c'avevi da fa' co' quello stronzo della facoltà tua e hai passato tutto er tempo co' 'l telefono 'n mano, ma te sembra normale?!" Sbottò lui. "Ma te lo ricordi che so' er ragazzo tuo o te lo sei scordato?!"
- "Non parlare così di Davide!" Esclamò il più giovane.
- "C'hai da di' solo questo, Simò?" Rispose Manuel abbassando la voce e si fermò accanto al suo letto, improvvisamente tutta la sua rabbia era sparita sostituita da una grande delusione e tristezza. Com'erano arrivati a quel punto? "Te frega solo di come parlo de 'sto cazzo de Davide?"
- "La vuoi smettere?" Controbatté Simone, il tono palesemente infastidito non faceva altro che deludere il suo fidanzato. "Te l'ho già spiegato mille volte, io e lui andiamo nella stessa facoltà, studiamo le stesse cose, lui capisce i miei problemi e mi trovo bene a passare del tempo con lui."
- "Ah, lui capisce i problemi tuoi?" Ripeté Manuel e si sedette sul bordo del letto, non credeva di poter reggere oltre quella conversazione stando in piedi. "Allora sai che te dico, Simò? Vattene a fanculo tu e lui, tanto ce starai bene pure là." Aggiunse. "Di me nun te ne fotto 'n cazzo tanto, no? Stai co' lui e divertiti."
- "Man-"
Manuel non diede all'altro neppure il tempo di rispondere, mise fine alla telefonata e gettò il cellulare sulla scrivania, per poi buttarsi sul letto e fingere che quella conversazione non fosse mai esistita.
Come poteva Simone trattarlo in quel modo? Avevano passato gli ultimi quattro anni vivendo in simbiosi l'uno con l'altro, avevano condiviso tutto, Manuel era certo che la loro fosse una relazione felice ma si era ritrovato a vedere tutto cambiare da un giorno all'altro. Simone, all'inizio dei corsi, aveva incontrato quel tale Davide e da quel momento sembrava aver perso ogni interesse verso Manuel, il tempo che passavano insieme era sempre meno e ogni volta Simone finiva per inserire quel suo compagno di corso in tutte le conversazioni, anche se il colmo l'avevano raggiunto venti giorni prima quando Davide, su richiesta di Simone, aveva interrotto la loro colazione al bar per portare il corvino a fare un giro e Simone aveva anche avuto la faccia tosta di arrabbiarsi davanti alle lamentele di Manuel. Il riccio, per amore di Simone, aveva perdonato tutto, era passato sopra a tutto, ma quell'ennesimo affronto alla loro relazione era per lui troppo, amava Simone ma non era più tanto certo che il suo sentimento fosse ricambiato.

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