Il giorno in cui la speranza è tornata.

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«Si rincorrono i ricordi
Come cani in un cortile
Tu nemmeno te ne accorgi
Come un fesso vorrei farti innamorare,
No ti prego non andare,
Se puoi rimani
Fino a domani.»

- "Camilla, attenta, ti fai male così!" Gridò Simone e si affrettò a fermare la nipote che stava cercando di salire sul corrimano delle scale. "Non puoi fare una cosa simile, è pericoloso!" Esclamò e la prese in braccio.
Camilla sbuffò ma allacciò le braccia al collo del nonno.
- "Nonno Manu me l'avrebbe lasciato fare." Rispose lei. "Lui è più divertente."
Il maggiore sorrise teneramente ed annuì, non poteva darle torto.
- "E più sconsiderato di me, questo te lo concedo." Replicò. "Ma adesso lui non c'è, non c'è nemmeno il tuo papà, quindi devi dare retta a me." Aggiunse. "E io ti dico, perché non fai un bel disegno?"
Camilla sembrò pensarci su per qualche momento.
- "Un disegno per nonno Manu?"
Simone sorrise e annuì nuovamente.
- "Sì, un disegno per nonno Manu."
- "E poi glielo facciamo vedere?"
- "Sono sicuro che lo adorerà." Rispose Simone. "E gli prendiamo anche del gelato alla vaniglia, che ne dici?"
Camilla annuì vigorosamente.
- "Così sarà felice."

«Quando ti ho conosciuto mi sono soffermato soltanto sul tuo aspetto da duro, i tuoi modi di fare d'arrogante e credevo di conoscerti, mi sembravi così ovvio ma, alla fine, ho capito di essermi sempre sbagliato sul tuo conto. Ho scoperto la meravigliosa persona di cui mi sono innamorato e, da quel momento, ho lottato affinché il mondo intero la conoscesse e ci sono riuscito. Ad oggi basta uno sguardo, a chiunque, per adorarti e non poter fare a meno di te, come Camilla, la nostra piccola Camilla. C'è qualcosa di te, però, che conosco solo io, il tuo sguardo quando sei riuscito a rialzarti anche quando ti sembrava di non riuscire più a farlo.
Sono passati anni eppure io ancora ricordo i tuoi occhi quando hai capito di avercela fatta, di aver vinto tu, che la vita ti stava aspettando e non dovevi più aver paura. Quel giorno sei rinato e io con te, quel giorno è stato il nostro nuovo inizio.

L'estate era alle porte, le giornate a Roma diventavano sempre più calde e le ore di luce superavano decisamente quelle di buio, sempre più spesso il canto degli uccellini faceva da sveglia agli abitanti e la voglia di stare chiusi in casa diminuiva giorno dopo giorno. Anche Manuel, Simone e Tommaso – ormai maggiorenne – avevano decisamente poca voglia di starsene chiusi in casa e, in genere, era sempre il primo a proporre agli altri qualche attività che comprendesse lo stare all'aria aperta, tanto che stava per diventare una loro abitudine fare dei picnic domenicali in posti sempre diversi, a Manuel faceva piacere scoprire nuovi luoghi e gli altri due non volevano altro che vederlo felice.
Era passato più di un anno – per l'esattezza un anno e cinque mesi – da quando a Manuel era stato diagnosticato un tumore al polmone e, in quel lasso di tempo, più di una volta avevano temuto di non farcela, c'era stato un periodo, circa otto mesi prima, in cui le condizioni di Manuel sembravano essere disperate, nessun dottore offriva loro troppe garanzie e i più stavano perdendo ogni speranza nella guarigione del maggiore. Manuel, però, aveva sorpreso tutti e contro ogni previsione aveva superato quel momento critico e ne era uscito più forte che mai e, dopo vari ciclo di chemio, attendeva soltanto il responso delle analisi di controllo che aveva fatto, nessuno dei tre ne faceva mai parola, era uno di quei discorsi sempre presenti ma che nessuno osava affrontare, forse per paura o forse per scaramanzia, nessuno di loro aveva fatto troppi piani ma tutti e tre erano accomunati dalla speranza che tutto andasse per il meglio e che quel brutto periodo diventasse per loro soltanto un brutto ricordo.
- "Manu, mi spieghi perché stai infilando mezza casa in quello zaino?" Chiese Simone, in quel soleggiato sabato mattina, che se ne stava appoggiato allo stipite della porta mentre osservava suo marito.
- "Te sei dimenticato che oggi pomeriggio annamo ar campeggio?"
- "Sì ma non avevo capito ci dovessimo anche trasferire." Scherzò il minore e scosse la testa, facendo smuovere i suoi ricci ormai ricresciuti, così come anche quelli del marito e di Tommaso. "Non dovevamo restare soltanto fino a domani sera?"
Manuel, a quel punto, si voltò verso di lui e inarcò un sopracciglio.
- "E se poi ce serve qualcosa e nun ce l'abbiamo dietro?"
Il più alto alzò gli occhi al cielo.
- "Manu il campeggio è a meno di due chilometri da un centro commerciale." Gli fece notare. "Credi davvero di non poter sopravvivere per ventiquattrore senza portarti dietro tutto ciò che trovi?" Aggiunse. "E poi, scusami, perché mai dovrebbe servirci un ferro da stiro?" Chiese e indicò l'oggetto che spuntava dal bordo dello zaino.
Il maggiore scrollò le spalle.
- "I vestiti nello zaino se possono stroppicia'." Rispose, con nonchalance, lui e sistemò meglio l'oggetto nello zaino. "E poi chi te sente a te se devi gira' co' 'na camicia stropicciata?"
- "Ora non dare la colpa a me però, eh!" Controbatté Simone e avanzò all'interno della stanza. "Per me puoi lasciarlo qui senza problemi."
- "E io invece lo porto!" Replicò Manuel e si mise le mani suoi fianchi. "Che ne sai di quello che po succede'? Magari torniamo domani e 'sto ferro nun ce sta più, che ne poij sape'? Vuoi vive' cor rimpianto di nun aveccelo avuto fino all'ultimo momento possibile?" La voce del maggiore si incrinò mentre pronunciava le ultime parole e la sua aria da duro crollò, lasciando spazio a mani tremanti e occhi lucidi che portarono Simone ad avvicinarsi ancora un po' di più a lui.
- "Qualcosa mi dice che non stiamo più parlando di quel ferro da stiro, mi sbaglio?" Chiese, retorico, Simone. "Vuoi parlarne?"
- "Der ferro pe' stira'?"
- "Manuel." Lo riprese, bonariamente, il minore. "Vieni con me." Gli disse e andò a sedersi sul loro letto, l'altro non ci mise troppo a convincersi a lasciar perdere lo zaino e andarsi a sedere accanto a lui. "Che cosa ti preoccupa?" Gli chiese e gli circondò il busto con un braccio per poi attirarlo verso di lui.
- "Come se nun 'o sapessi." Borbottò Manuel e poggiò la testa contro la spalla del marito. "Pure se nun ne parliamo mai lo so che nessuno di noi pensa ad altro." Aggiunse.
Simone sospirò ed annuì ma prima che potesse prendere parola Manuel continuò a parlare.
- "C'ho paura, Simo." Ammise Manuel. "C'ho 'na paura fottuta di quello che me dirà er dottore lunedì, le ho lette mille volte quell'analisi ma me sembra di nun capicce 'n cazzo, me so' fatto mille idee ma alla fine si concludono tutte allo stesso modo, nun ce riesco ad esse' positivo, me sembra d'esse tornato a mesi fa quanno nessuno ce dava speranze, soltanto che stavolta so' io ad averle perse."
- "Manuel guardami." Gli ordinò il più alto e gli prese il volto tra le mani. "Io non so che cosa ti dirà il dottore lunedì, non oso nemmeno immaginare come ti senti tu ma so che, qualsiasi cosa, noi l'affronteremo insieme. Di nuovo."
- "Ma io non credo di farcela." Sospirò il maggiore. "So che voi ci sarete sempre ma io non credo di avere la forza necessaria per affrontare di nuovo tutto." Aggiunse. "E se poi nun dovesse anna' come deve? Già una volta me la sono vista brutta, non so nemmeno io come faccio a stare ancora qui, ma nun sarà per sempre così se dovesse andare male la visita lunedì."
- "Manu, ascoltami, io non voglio dirti che andrà tutto bene, che starai bene e tutto il resto, non voglio darti false speranze e non voglio darle a me stesso ma ti chiedo di non pensare soltanto al peggio, anche se ti sembra impossibile farlo." Rispose Simone. "So che la paura è tanta e, ti giuro, se potessi la prenderei tutta io però tutto ciò che posso fare è chiederti di avere speranza, non arrenderti prima ancora di sapere come andrà a finire, ti prego." Aggiunse e allungò una mano per accarezzargli la guancia. "Fino a lunedì fingiamo che vada tutto bene, lasciamo perdere il resto e godiamoci questo campeggio, che ne dici?"
Il maggiore sospirò rumorosamente e girò il volto quel tanto che bastava per baciare il palmo della mano del marito.
- "'O sai che a 'sti occhioni da cerbiatto nun riesco mai a di' de no." Scherzò lui.
- "Allora, questo ferro da stiro lo lasciamo a casa o vuoi ancora portartelo dietro?" Sorrise Simone mentre continuava ad accarezzargli la guancia.
Manuel alzò gli occhi al cielo.
- "Toglilo prima che cambio idea." Borbottò lui. "Però prima damme 'n bacio." Aggiunse. "Pe' suggella' er patto."
E Simone non se lo fece ripetere una seconda volta. Avrebbe fatto patti anche con il diavolo pur di tenerlo al suo fianco, non avrebbe mai rinunciato a lui.

Il giorno || Simuel.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora