Il giorno in cui ti ho detto di sì.

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«Tu insegnami come si fa
Ad imparare la felicità
Per dimostrarti che se fossimo dei suoni
Sarebbero canzoni.»

«Se c'è una cosa di cui non mi sono mai perdonato e di aver perso il primo anello che mi hai regalato, sono passati anni eppure continuo a sentirmi in colpa per aver perso un regalo così tanto importante, ricordo che il cuore mi scoppiavo di gioia quando, dopo pochi mesi dall'inizio della nostra relazione, mi hai regalato quell'anello, continuavi a ripetermi non fosse niente di che ma l'avevi visto e ti aveva fatto pensare a me, aveva un piccolo serpente inciso ma tu insistevi fosse un S quindi era fatto per me. Nessuno mai mi aveva fatto un regalo tanto bello, l'ho custodito come se fosse un tesoro per anni, era quanto di più prezioso avevo fino a quando, quasi otto anni dopo quel regalo l'ho perso e, per un momento, credevo di aver perso anche te. Quelli sono stati giorni bui per me, non avevo neppure il coraggio di dirtelo, mi sembrava di averti tradito in qualche modo, poi però tu mi hai sorpreso ancora una volta e mi hai regalato davvero un per sempre e io non ho potuto fare altro che dirti di sì.

Simone era disperato, anzi era molto più che disperato, i sensi di colpa lo stavano divorando e ogni volta che il suo cellulare squillava temeva per quanto sarebbe potuto succedere, sapeva di non poter evitare Manuel per sempre – lo stava facendo da quindici ore e già si sentiva un verme, oltre a sentire la sua mancanza – ma la sola idea di dirgli che aveva perso l'anello che gli aveva regalo quasi otto anni prima lo devastava. In quegli anni non aveva fatto altro che ammirare quella piccola striscia d'argento con la S incisa che portava alla mano destra, in più di un'occasione aveva ripetuto al maggiore quanto gli piacesse quell'oggetto e non riusciva a credere di averlo perso, gli sembrava assolutamente impossibile, era sempre stato molto attento alle sue cose e ancor di più se queste venivano da Manuel, gli sembrava impossibile aver perso qualcosa per lui di così importante.
Quando, quella mattina di metà aprile, Simone si era svegliato e, appena pochi minuti dopo, aveva notato la mancanza dell'abituale anello era subito andato nel panico, in men che non si dica si era ritrovato a girare per casa sua – un piccolo appartamento poco distante dal centro di Roma che aveva affittato quasi due anni prima, alla fine dell'università e che per qualche motivo non condivideva con Manuel che, invece, viveva con Nora dalla fine della triennale – come un matto alla ricerca dell'oggetto perduto, disperandosi per ogni momento che passava senza l'anello. Il corvino aveva messo a soqquadro l'intera casa, aveva trovato cose che neppure sapeva di avere – come un boa di piume verde fluorescente, probabilmente risalente a qualche festa che aveva organizzato lì – ma di ciò che lui cercava non c'era alcuna traccia, per sua sfortuna. Simone aveva anche pensato di chiamare Nora e chiederle se per caso l'avesse dimenticato da loro, dato che il giorno prima era andato da Manuel, ma l'amica non era molto discreta e Manuel avrebbe scoperto tutto nel giro di pochi minuti e, Simone ne era certo, si sarebbe arrabbiato. Il ragazzo – ormai venticinquenne – si ritrovò così ad ignorare ogni messaggio o chiamata da parte del suo fidanzato e convincersi che la loro relazione fosse ormai giunta al capolinea, perdere quell'anello significava per lui aver perso anche Manuel ma non aveva il coraggio di affrontare quello affinché glielo dicesse, preferiva soffrire in silenzio e lontano da Manuel.

Il terzo giorno in cui Simone ignorava Manuel, però, qualcosa non andò secondo i suoi piani e, alle quattro del mattino, si svegliò di soprassalto e, ancora poco lucido, aprì la porta senza neppure premurarsi di chiedere chi ci fosse dall'altro lato – del resto, qualche malintenzionato non avrebbe mica bussato alla porta per entrare – ma non appena si ritrovò davanti Manuel, a metà tra l'essere furioso e il preoccupato, il sonno gli sparì in men che non si dica sostituito dal terrore. Puro e semplice terrore.
- "Allora sei vivo, inizia' a pensa' che fossi morto e nessuno m'aveva detto niente." Ringhiò Manuel e, senza neppure attendere il permesso, scostò il minore per entrare in casa. "O pensavi che fossi morto io e te stavo a chiama' dall'altro mondo?!" Aggiunse e, con le mani sui fianchi, si girò verso di lui.
Simone sospirò e chiuse la porta.
- "Manu so' le quattro del mattino."
- "L'orologio ce l'ho pur'io." Replicò il riccio. "E c'ho pure 'n telefono co' cui t'ho chiamato 'n miliardo de volte in tre giorni e tu nun m'hai risposto manco 'na volta, ma te sembra normale?!"
Il più alto sospirò nuovamente e, istintivamente, nascose le mani nelle tasche del suo pigiama azzurro.
- "Non possiamo parlarne domani? Magari ad un orario un po' più decente di questo." Borbottò.
- "Così c'hai er tempo de cambia' numero e scappartene in Malesia co' l'amante tuo?!"
Simone aggrottò la fronte.
- "Ma perché me ne dovrei scappa' in Malesia?" Replicò lui. "E poi chi sarebbe l'amante mio?"
- "Dimmelo tu." Sbottò Manuel. "Dimmelo tu per quale cazzo de motivo me stai a ignora' da tre giorni, t'ho fatto qualcosa? Sei 'ncazzato co' me? Dimmelo o io esco pazzo!"
Il più giovane si avvicinò a lui e allungò una mano – rigorosamente la sinistra – per accarezzargli una guancia.
- "Niente di tutto questo." Lo rassicurò e abbozzò un sorriso. "Avevo solo bisogno di stare un po' da solo, mi dispiace averti fatto preoccupare."
- "E nun potevi sta' solo co' me?" Replicò il più basso e, pian piano, sentì la rabbia sparirgli sotto le carezze dell'altro.
Simone ridacchiò divertito.
- "In genere non funziona così."
Il maggiore alzò gli occhi al cielo.
- "Almeno adesso stai bene? Tutto passato?"
Il corvino trasalì a quelle domande e ritirò la mano, il che non fece altro che insospettire ancora di più il suo fidanzato.
- "Simò tu non me la racconti giusta." Disse Manuel, con il solito tono di voce di quando non ammetteva alcuna replica. "Adesso me dici che ti prende o te giuro che nun me vedi più."
- "Man-"
- "Manu 'n cazzo, parla Simò se voij torna' a dormi'." Ringhiò il maggiore e incrociò le braccia al petto. "Che hai fatto in 'sti giorni?"
Il più alto sospirò – ancora una volta – sapeva che Manuel non si sarebbe arreso e lui, del resto, non riusciva più a stargli lontano.
- "È successa 'na cosa."
- "Dimme 'sta cosa e finiamola qua, me vuoi lascia'?" La voce del riccio tremolò mentre pronunciava le ultime parole e Simone lo vide perdere la sua solita aria spavalda che si portava dietro, vide quel Manuel indifeso e insicuro che solo lui conosceva bene e solo lui sapeva confortare. Solo lui amava.
- "No, assolutamente no!" Si affrettò ad esclamare Simone. "Non ho mai pensato di lasciarti!"
Quelle parole sembrarono rassicurare, almeno un po', il maggiore che si rilassò un po'.
- "E allora dimmi che è successo."
- "I- io ho perso u- una cosa." Balbettò Simone e abbassò lo sguardo, incapace di osservare il fidanzato mentre gli confessava quanto successo.
- "Er cervello? Quello nun ce l'hai mai avuto, nun te sta a preoccupa'."
- "No, cretino." Sbuffò Simone e alzò gli occhi al cielo. "I- io ho p- perso 'na cosa che mi h- hai dato tu..." Ammise e il suo sguardo vagò sulla sua mano destra priva di anelli.
Manuel, a quelle parole, aggrottò la fronte.
- "Te spiacerebbe tanto esse' 'n po' più chiaro? Che t'ho dato io e che hai perso?" Manuel stava cercando di fare mente locale su quanto successo nell'ultimo periodo con Simone e no, decisamente non ricordava di aver dato all'altro qualcosa di tanto importante da spingerlo ad ignorarlo per tre giorni soltanto perché l'aveva perso.
Il corvino prese un respiro profondo e, con l'ultimo pizzico di coraggio che gli restava, sventolò la sua mano destra davanti al volto di Manuel che, invece, continuava ad essere confuso.
- "E io ce dovrei capi' qualcosa?"
Simone, a quel punto, sbuffò sonoramente, come poteva Manuel non aver capito?
- "Ho perso l'anello tuo, quello che m'hai regalato otto anni fa!" Esclamò lui e ritirò la mano, ferito dalla vista del dito privo di ornamenti.
Il riccio strabuzzò gli occhi e si prese qualche secondo per schiarirsi le idee.
- "Quello co' la S incisa?"
- "Era 'n serpente ma sì, quello." Mugolò lui.
- "E tu sei sparito pe' questo?"
- "Sì."
- "Ah."
- "Manu ti giuro che mi dispiace, nun so come sia possibile, io ci so' sempre stato attento ma l'altro giorno me so' svegliato e nun l'ho trovato più, ho cercato ovunque e nun ce sta. Ti giuro Manuel, nun ce sta, nun so' come sia possibile ma è sparito." Disse, visibilmente afflitto, il corvino e abbassò il capo sentendosi colpevole. "I- io lo capisco se s- sei arrabbiato co' me, lo so' pur'io, ci tenevo tantissimo e i-"
- "Vabbè Simò, famo che ce vediamo stasera, mh?" Lo interruppe Manuel e scrollò le spalle. "Mo' è tardi devi dormire."
Il più giovane strabuzzò gli occhi.
- "S- sei arrabbiato?" Chiese timoroso.
- "Ne parliamo stasera, va bene?" Replicò il maggiore e si avviò verso la porta. "T'aspetto alle otto e mezzo, nun fa' tardi, c'abbiamo 'n po' de cose di cui parla'." Aggiunse e aprì la porta d'ingresso. "Buonanotte."

Il giorno || Simuel.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora