«Semplicemente è tutto così complicato
E non è giusto ma neanche sbagliato
Semplicemente accade, accade
Scompare.»Il rumore delle pentole e delle posate riecheggiava nella cucina della villa a due piani, due dei suoi abitanti si stavano muovendo in modo abbastanza frenetico nella stanza dove il mobilio rosso la faceva da padrone, si erano uditi più di uno sbuffo e un lamento da parte dei due uomini indaffarati a preparare quello che, almeno in partenza, doveva essere un normale pranzo ma si era ben presto trasformato in un campo di bottiglia e Simone non era tanto certo di uscirne indenne.
- "Me ricordi perché stiamo a fa' tutto questo? Nun potevamo ordina' du' pizza? Almeno nun c'avevamo problemi, io so' abbastanza sicuro che stanotte me sognerò e porpette."
Simone ridacchiò e scosse la testa divertito.
- "Non lamentarti sempre, piccolo."
L'altro scosse la testa.
- "La smetterai mai di chiamamme piccolo? Me pare che 'n po' so' cresciuto da quanno ci siamo conosciuti, no?"
- "E chi se ne fotte?" Replicò il più alto. "Lamentati meno e pensa ad apparecchiare la tavola, tra poco saranno tutti qua." Aggiunse. "E mi raccomando, il piattino del pane va a sinistra, non a destra."
L'interlocutore di Simone alzò gli occhi al cielo e sbuffò sonoramente.
- "Me ricordi quanti ne siamo?"
- "Io, tu, Manu, Chicca, Nora, Davide e Laura, quindi in tutto siamo sette."
- "Matteo e Giulio e Monica?"
- "Matteo ha la febbre." Rispose Simone, intento a tagliare del pane, e scosse la testa per allontanare un riccio ribello dalla fronte. "Giulio e Monica invece sono tornati oggi i figli da Barcellona, è stata una sorpresa per loro, però mi hanno detto che oggi passeranno tutti insieme e si fermeranno a cena." Annunciò felice all'idea di rivedere la coppia di amici e i loro tre figli – Sofia, la maggiore, e i due gemelli Alessandro e Tancredi – per cui era praticamente uno zio.
- "Nun li vedo da 'na vita, m'avevano pure 'nvitato ad anna' da loro l'estate scorsa."
- "E perché non ci sei andato?"
- "Sai com'è, lavoro e c'ho pure 'n vecchio a cui fa' da badante, nun è mica facile." Scherzò l'altro.
Simone, a quel punto, si voltò verso di lui con gli occhi sgranati e l'espressione più offesa che conoscesse.
- "Non tira' troppo la corda, Ferro." Ringhiò lui e alzò gli occhi quando vide l'altro aprire bocca per replicare. "Ferro Balestra, lo so, non serve che me lo ricordi sempre. Non sono ancora tanto rincoglionito, non ti preoccupare." Si corresse lui e sbuffò.
- "Eppure a vedette direi er contrario." Ridacchiò il più basso.
- "Pensa a sistema' la tavola va altrimenti ti sbatto fuori di casa e hai tutto il tempo del mondo per andare a Barcellona." Lo minacciò Simone. "E ringrazia che io sia così felice oggi o ti sarebbe andata molto peggio."
- "Sei felice?"
Nella voce dell'altro era sparita ogni traccia di ironia e sul volto era comparso un sorriso sincero.
- "Sì, sono felice." Annuì Simone. "Oggi siamo in famiglia e non potrei desiderare altro."«Oggi è davvero una splendida giornata, Manu, sono felice come non mi capita spesso di esserlo, ti sembrerà inutile che io ti scriva certe cose, come se non le sapessi già, eppure mi piace farlo è come se lo rendesse più reale. Sai che ho sempre avuto problemi con la realtà, troppe volte ho immaginato cose che non si sono poi realizzate e troppe volte cose reali ho pensato fossero soltanto mie fantasie, il mio appiglio alla realtà però sei sempre stato tu, il confine tra realtà e fantasia, troppo bello per essere reale ma troppo vero per essere finto. Solo tu riesci a riportarmi con i piedi per terra, solo grazie a te oggi posso godermi una giornata simile con la nostra famiglia, quella stessa famiglia che stavo per distruggere con le mie stesse mani ma, per fortuna, ci sei sempre stato tu al mio fianco pronto a rimediare ad ogni mio sbaglio.
Cosa farei senza di te al mio fianco? Per fortuna non dovrò scoprirlo.Il suono della sveglia risuonava in tutta la casa altrimenti silenziosa, dal giardino proveniva il canticchiare allegro degli uccellini e, decisamente, contrastavano con il suono metallico e fastidioso dell'oggetto elettronico che i due padroni di casa – una deliziosa villa a due piani immersa nel verde, poco distante da quella in cui Simone era cresciuto, che Manuel e Simone avevano comprato circa un paio d'anni prima quando il primo era diventato insegnante di letteratura in un'università di Roma e il secondo aveva preso a lavorare in banca, di cui un giorno sperava di diventarne il direttore, e nel tempo libero collaborava con una società di sviluppo software – detestavano all'inverisimile ma era l'unico modo possibile per evitare di passare la giornata a letto e andare a lavoro anche se, quel giorno, nessuno dei due aveva bisogno della sveglia.
- "Simò ma nun l'hai staccata 'a sveglia ieri sera?" Mugolò, con la voce impastata dal sonno, Manuel e nascose la testa tra le braccia del marito.
- "Ma se sta dal lato tuo perché la devo stacca' io?" Rispose, con voce roca, Simone e serrò gli occhi nel tentativo di riaddormentarsi ma il trillo demoniaco non accennava a terminare.
- "Perché sei te quello che pensa tra di noi." Replicò il maggiore che non accennava minimamente a muoversi per fare qualcosa. "Simò, te prego, la stacchi?"
- "Manu..." Sospirò il corvino che voleva soltanto tornare a dormire.
- "Ricordati le promesse ar matrimonio, pe' me questa è 'na cattiva sorte, nun m'abbandona' proprio mo."
Simone non riuscì a non ridere a quelle parole e, con la testa ancora un po' offuscata dal sonno, si girò su un lato – facendo così scivolare Manuel sul letto ma continuava a stringerlo con un braccio – e allungò un braccio per staccare quella sveglia impazzita, per un momento fu tentato di buttarla giù dal comodino e romperla ma non aveva alcuna voglia di sorbirsi le lamentele del marito per averla rotta.
- "Mi devi un favore."
- "T'ho sposato, nun te pare abbastanza?"
- "Ma vaffanculo!" Esclamò, offeso, Simone e si allontanò dal corpo dell'altro per girarsi sul fianco opposto. "La prossima volta la sveglia te la spegni da solo e ti coccoli pure da solo."
Manuel ridacchiò divertito e, ancora con gli occhi chiusi, circondò il busto nudo del compagno con le braccia per poi baciargli la spalla.
- "Sai, Simo, sei proprio il mio eroe."
- "E tu sei un paraculo."
- "Non posso negarlo." Sghignazzò il maggiore e prese ad accarezzargli il petto in modo lento. "Però sei veramente il mio eroe."
- "Perché t'ho spento la sveglia?" Inarcò un sopracciglio il minore, ormai rassegnato all'idea di non tornare a dormire, seppur l'altro non lo potesse vedere.
- "Anche." Rispose Manuel e gli lasciò un altro bacio sulla pelle nuda. "Non solo per questo però." Aggiunse. "Sei il mio eroe per tutto quello che riesci a fare in un giorno, fai mille cose a lavoro eppure quando torni la sera da me hai sempre tempo e voglia per stare a sentire i miei soliti lamenti, a passare la serata sul divano con me e farmi sentire unico. Nun so come ce riesci, se c'hai qualche superpotere o cosa ma mi piacerebbe esse' come sei te." Continuò. "Mi sopporti da quanno c'avevo diciassette anni e oggi ne ho trentadue, nun deve mica esse' stata 'na passeggiata pe' te."
Simone si voltò nuovamente verso il marito – erano sposati da ormai cinque anni eppure ogni volta che si fermava a pensare che Manuel era davvero suo marito sentiva lo stomaco contorcersi per l'emozione – e si morse il labbro alla vista del volto di quello illuminato dalla luce del sole e un piccolo sorriso stampato sulle labbra.
- "Scorza da rugbista." Scherzò lui. "Le passeggiate avremo tempo di farle, insieme, quando saremo vecchi e avremo mille ricordi di cui parlare, in un bellissimo parco circondati da agrifogli, che significavo protezione ed eternità, delphinium e..."
- "Gerbere!" Esclamò Manuel e sorrise. "Per ricordarti quanto io sia felice di stare con te ogni giorno."
Simone sorrise ed annuì.
- "E anche di gerbere e io ne raccoglierò uno di ognuno e te li regalerò, ti regalerò un pezzetto della felicità che mi stai donando e ti prometto di farlo ogni giorno." Aggiunse. "Quando saremo vecchi e brontoloni io ti porterò ogni giorno un mazzetto di questi fiori e ti ricorderò che ti amo, poi andremo a passeggiare e rideremo felici di quello che avremo fatto insieme." Continuò e diede un bacio sulla punta del naso del marito. "Questo sarà il nostro futuro."
- "E in uno di quelle nostre passeggiate credi che ci sarà spazio per portare anche i nostri nipoti?" Manuel pronunciò la domanda a voce bassa, con le gote leggermente arrosate e si stava mordicchiando nervosamente il labbro inferiore.
Il corvino sorrise intenerito e avvolse il corpo nudo del marito tra le sue braccia forti, lo strinse contro il suo petto e Manuel non perse tempo ad appoggiare la testa contro il suo cuore e chiudere gli occhi per bearsi di quelle tenerezze.
- "Ci sarà tutto lo spazio del mondo per loro." Sorrise lui e iniziò a giocherellare con i ricci del maggiore. "E, subito dopo, li porteremo al parco e infine passeremo la serata con la nostra splendida famiglia." Aggiunse. "Ci aspetta una vita pienissima tra figli, nipoti, amici e il nostro amore. Non ti sembra un progetto bellissimo?" Chiese, con il cuore che gli batteva all'impazzata al sol pensare a quanto aveva appena prospettato al marito, Simone sentiva il petto gonfiarsi di felicità al pensiero di passare la vita con Manuel e vivere per davvero ciò che stava immaginando.
Il maggiore, a quel punto, alzò la testa e stampò un bacio sul mento del compagno.
- "Nun potrei chiede' niente di meglio." Rispose lui sincero. "'na vita insieme, co' le persone più importanti pe' noi, 'na casa piena d'amore, 'na famiglia." Aggiunse. "Io 'na vera famiglia nun l'ho mai avuta, lo sai, sempre e solo io e mia madre, e adesso non vedo l'ora di poterla avere co' te." Continuò. "Voglio fa' tutto co' te, voglio amarti fino alla fine, fino all'ultimo dei giorni."
- "E chi l'avrebbe mai detto che Manuel Ferro, il più stronzo della scuola, un giorno m'avrebbe fatto sta dichiarazione." Scherzò il più alto, certo che si sarebbe commosso da lì a poco se avessero continuato a parlare di certi argomenti. "Sarà la vecchiaia che inizia a farsi sentire?" Lo provocò.
Manuel sbuffò e alzò gli occhi al cielo.
- "Ma vaffanculo Simò." Borbottò lui. "Io te dico che ti amo e tu me risponni così, ma a chi me so' sposato io?"
Il maggiore fece per spostarsi ma Simone lo intrappolò tra il materasso e il suo corpo e, con un ghigno divertito stampato sul volto, iniziò a solleticarlo e Manuel non riuscì a non dimenarsi sotto il suo tocco.
- "Simò!" Esclamò Manuel tra le risate ma, anche volendo, non riuscì a sottrarsi alle mani del marito. "Eddai!"
Simone stava ridendo di vero cuore alla vista del ragazzo sotto di lui e decise, ancora una volta, che momenti come quelli li voleva vivere ogni giorno, per sempre. Il corvino allentò leggermente la presa e si abbassò sulle labbra di Manuel per dargli un bacio a stampo.
- "Ti amo anch'io."
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Il giorno || Simuel.
FanfictieIl giorno || Simuel. Il giorno in cui Simone ritrova un diario che non ricordava di avere e decide di usarlo per scrivere una storia, la storia più bella che conoscesse. La sua storia con Manuel, l'amore della sua vita. La loro storia, però, a diffe...