Il giorno in cui volevo tornare da te.

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«Ovunque sarai, ovunque sarò
In ogni gesto io ti cercherò
Se non ci sarai io lo capirò
E nel silenzio io ti ascolterò­.»

«Non ho mai imparato a vivere senza averti al mio fianco, delle volte mi è sembrato di aver capito come fare ma erano soltanto illusioni, intervalli della mia eterna sofferenza.
Da quando non sei più il mio fianco mi sembra di aver smesso di respirare, non sono più in grado di farlo, vivo in apnea aspettando quella boccata d'aria fresca che spalancherà le porte di casa mia e mi restituirà la vita. Aspetto te, Manuel. Aspetto sempre te.
Ho vissuto gli ultimi anni in attesa del tuo ritorno, stupido, non trovi? Eppure l'idea, un giorno, di rivederti è stato il mio solo appiglio per non impazzire, per trovare una parvenza di normalità in una vita che mi ha strappato via tutto.
Mi manchi, Manuel. Mi manchi da impazzire, cerco un senso alle mie giornate ma, senza di te, niente ha più un senso. Ti porto con me in ogni momento della giornata ma questo non basta, non ora, non prima, mai e, per questo motivo, volevo venire da te.
Mi hai chiesto di essere forte ma non ci riesco e ancor meno ci sono riuscito il giorno in cui volevo venire da te.

Note allegre risuonavano nell'ampia cucina dove il rosso la faceva da padrone, ad accompagnare le note era il canticchiare – più per distrazione che per reale interesse verso quella canzone – sottovoce del ragazzo dagli occhi azzurri e i capelli ricci che cercava, invano, di concentrarsi sul libro di economia politica ma le parole perdevano di senso non appena le leggeva e si perdevano tra i tanti pensieri che, quel giorno, affollavano la mente del giovane Tommaso. Quel giorno l'aria era calda, fin troppo per essere una giornata di fine marzo, il giardino era ricoperto da fiori colorati e l'altro padrone di casa – Simone – negli ultimi tempi aveva preso a dedicare a questi sempre più tempo, passava tutto il suo tempo libero tra le piante e i fiori e faceva ritorno in casa soltanto quando poteva dirsi soddisfatto del suo lavoro anche se, ultimamente, niente più riusciva a soddisfarlo davvero.
Era passato un anno e quattro mesi da quando Manuel non c'era più, da quando la vita in quella casa era svanita con lui e i due superstiti faticavano a trovare un modo per andare avanti senza lasciarsi sopraffare dal peso di quello che non avrebbero più avuto. In quel lasso di tempo parecchie cose erano cambiate, alcune di queste erano state costrette a cambiare mentre altre erano state una ventata d'aria fresca per due persone che stavano disperatamente cercando di tornare a galla.
Simone, appena un paio di giorni dopo natale, aveva ripreso a lavorare a pieno ritmo, si era gettato anima e corpo in quelle scartoffie che, ormai, riempivano la scrivania del suo studio e che per troppo tempo aveva trascurato per dedicarsi interamente a Manuel ma tutti i suoi sforzi erano stati vani, l'aveva perso ugualmente e cercava di punirsi con quei numeri e quei nomi di gente che non conosceva ma che, ne era certo, erano decisamente più felici di lui. Simone aveva smesso di dedicarsi a gran parte delle sue passioni, non gli piaceva più guardare i film di sera sul divano da quando non stringeva più Manuel, lui e Tommaso avevano provato a farlo insieme ma non era la stessa cosa, c'era sempre un vuoto che non riuscivano a colmare, delle battute che aspettavano ma che nessuno diceva, c'era sempre una ciotola di pop corn caramellati che nessuno toccava ma che veniva automatico preparare, il dolore per quanto erano stati, ad un certo punto, era diventato tanto forte che avevano preferito smettere di provarci e accettare che loro non sarebbero mai più tornati, erano passati.
Tommaso, invece, aveva passato mesi senza uscire di casa, seduto su quella poltrona che non gli era mai piaciuta troppo ma che sapeva così tanto di Manuel da farglielo sentire vicino, a tal punto da finire a piangere ogni volta e cercare consolazione tra le braccia di suo padre e le lacrime che quello faticava a trattenere. Per mesi Tommaso si era estraniato da tutto e da tutti, aveva allontanato tutti i suoi amici, chiunque lo conoscesse ma il tempo, la pazienza e l'amore dimostrato da Alessia erano riusciti a tirarlo fuori da quel guscio e un anno dopo, il ragazzo, poteva dire di aver trovato una luce nella sua vita e stava lottando con le unghie e con i denti per inseguirla e non lasciarsela scappare, la meta era ancora lontana ma lui voleva raggiungerla a tutti i costi. Tommaso, nel frattempo, aveva deciso di iscriversi all'università, dopo varie discussioni con suo padre per capire quale fosse la più adatta a lui – in un primo momento Tommaso aveva deciso di iscriversi a lettere soltanto per intraprendere la stessa strada di suo padre ma Simone l'aveva convinto che non fosse una buona idea, doveva prendere una decisione per se stesso e non per essere un'altra persona – e alla fine aveva deciso di iscriversi a giurisprudenza e, seppur con qualche difficoltà, adorava ciò che stava studiando. Simone aveva dimostrato il suo supporto a Tommaso sin dal primo momento, era sempre stato pronto a sostenerlo, era sempre rimasto al suo fianco anche quando non riusciva neppure a respirare. Nonostante il dolore, l'assenza, Simone non aveva mai trascurato Tommaso, non aveva mai smesso di fare il padre e si era fatto in quattro per non fargli mancare niente, per dargli anche ciò che Manuel gli avrebbe dato, c'aveva provato ad essere come Manuel ma non c'era riuscito, anche se Tommaso non gliel'avrebbe mai detto ma lui non era la stessa cosa, lui non era Manuel e non lo sarebbe mai stato. Mai nessuno sarebbe stato Manuel.
Dante e Anita, in quel lasso di tempo, non avevano lasciato soli i due nemmeno per un momento, nonostante il più delle volte Simone e Tommaso preferissero restare da soli i due genitori erano sempre presenti, con qualsiasi scusa si presentavano a casa loro e non andavano via prima d'aver strappato loro almeno un sorriso. Anita, però, era distrutta tanto quanto loro e mettere piede lì dove suo figlio era stato felice fino al suo ultimo giorno le causava un grande dolore, più di una volta si era chiusa in bagno per piangere ma non voleva essere vista da nessuno, in quello Simone la capiva, faceva lo stesso, condividevano lo stesso dolore ma non avevano abbastanza coraggio per farsi forza a vicenda, si limitavano a sorridersi timidamente e promettersi che un giorno le cose sarebbero andate meglio. Sarebbero stati di nuovo felici.
- "Piccolo ma come riesci a studiare con la musica così alta?" La voce di Simone, pacata, attirò l'attenzione del ragazzo che lasciò cadere la matita sul libro.
- "Infatti nun sto a studia', me pare semplice."
L'uomo sorrise e scosse la testa.
- "Certo, che stupido a non pensarci prima." Ridacchiò. "Vabbè, comunque che vuoi per pranzo?"
Simone non aveva mai amato la cucina, non era mai stato portato per i fornelli e il più delle volte faceva disastri, non si era mai preoccupato troppo però di imparare a farlo, sapeva il minimo che gli serviva per non morire di fame e c'aveva sempre pensato Manuel a preparare per loro pranzi elaborati, nell'ultimo anno però era stato costretto a darsi da fare, con scarsi risultati ma Tommaso lo amava troppo per farglielo notare e finiva per mangiare anche il suo gâteau di patate bruciacchiato e il suo pollo senza sale soltanto per strappargli un sorriso.
- "Non devi cucina' oggi."
- "Stai facendo uno sciopero della fame e non mi hai detto niente?" Scherzò il genitore e si appoggiò al lavello della cucina.
- "Papà ma sei serio?" Replicò Tommaso e inarcò un sopracciglio. "Ma te sei scordato oggi che giorno è?!"
Simone aggrottò la fronte e si leccò le labbra per inumidirle.
- "Il 30 marzo." Rispose.
- "E che succede il 30 marzo?"
- "Oh."
Simone collegò soltanto in quel momento che giorno fosse, aveva totalmente rimosso che fosse il suo compleanno ma anche dopo aver ricordato quel dettaglio continuava a non interessarsi a quella festività, non aveva alcuna voglia di festeggiare, quel giorno serviva soltanto per ricordargli chi non c'era più. Jacopo, sua nonna, sua madre e anche Manuel, era il secondo compleanno senza di lui e Simone voleva soltanto fingere che quel giorno non esistesse.
- "Andiamo a pranzo dai nonni." Spiegò Tommaso. "Passiamo la giornata là, te ricordi?"
- "Sì." Mentì Simone. "Sì, mi... mi era passato di mente, scusa."
Il figlio finse di crederci, abbozzò un sorriso e si alzò per raggiungere suo padre.
- "Auguri, papà." Gli disse Tommaso e lo abbracciò, come faceva fin troppo spesso ultimamente ma mai per motivi felici. "Ti voglio bene."
Simone sorrise e cinse il busto del figlio con le braccia.
- "Grazie, piccolo." Sussurrò. "Ti voglio bene anch'io." Aggiunse e gli baciò una tempia.
- "Ho un regalo per te." Annunciò il ragazzo e si staccò da lui.
- "Che cosa?"
- "Stai già a diventa' sordo? Pensavo ce volesse ancora 'n po'." Lo prese in giro Tommaso. "Ma vabbè, te lo ridico, t'ho preso 'n regalo."
- "E perché l'hai fatto?" Chiese, stupito, Simone e guardò il figlio incredulo.
Dal figlio, però, non ottenne nessuna risposta perché il ragazzo corse al piano superiore e dopo aver frugato per qualche minuto nella sua stanza fece ritorno dal padre con un pacco quadrato – malamente incartato con una carta da regalo a pois azzurri e bianchi, probabilmente risalente a quella che Simone stesso aveva usato per incartare il regalo di Tommaso il giorno del suo undicesimo compleanno – che subito porse, timidamente, al padre.
- "Perché volevo vederti felice almeno per un secondo." Sussurrò Tommaso. "Da quanno papi nun ce sta più – Tommaso prese un respiro profondo e mando giù il magone – non t'ho più visto sorridere veramente, ce provi, magari altra gente riesci pure a ingannarla ma io t'ho visto quanno sei felice, t'ho visto sorridere a papi e nun l'hai più fatto." Disse. "E a me manca vederti felice, me manca quel papà, so di nun potette chiede' de torna come prima, come niente fosse successo, ma spero di rivederti per almeno 'n secondo, uno solo, niente di più."
Simone a stento si era reso conto di starsi mordendo il labbro inferiore per trattenere le lacrime, impiegò qualche secondo per prendere il regalo che Tommaso gli stava porgendo e chiuse gli occhi per un momento, per realizzare quanto Tommaso gli aveva detto e no, non poteva dargli torto. Da quel giorno Simone c'aveva provato ad essere felice, ad allontanare quel peso che sentiva continuamente ma aveva ben presto capito che non ci sarebbe riuscito e preferì provare ad ingannare gli altri di riuscirsi, Tommaso però non si era mai lasciato ingannare ed era quello che più aveva da perdere in quella storia, aveva già perso Manuel e, in un certo senso, perdeva un pezzo di Simone giorno dopo giorno.
- "Mi dispiace, piccolo." Disse Simone e si schiarì la voce. "Mi dispiace farti soffrire così tanto, dovrei essere forte anche per te ma spesso non ci riesco e trascino anche te a fondo con me. Ti giuro che ci provo, sul serio, ad essere il padre che meriti ma io-"
- "Ma tu sei il padre migliore del mondo." Lo zittì Tommaso e gli sorrise. "Non c'è niente che tu possa fare che ti renderà migliore, oddio, magari potresti rompe meno 'e palle perché lascio i vestiti 'n giro però te voglio bene pure pe' questo." Disse, facendo ridacchiare il genitore. "E ti voglio bene perché nonostante tu stia morendo dal dolore riesci sempre ad anna' avanti, te giuro io non riesco a capi' come fai, io sento de sprofonda' ogni giorno e lo amo sicuramente meno di quanno fai tu, se fossi stato al posto tuo già sarei impazzito. Sei incredibile, papà, e non potresti essere migliore, soltanto più felice." Continuò. "Adesso però apri 'sto regalo, dai."
Simone rivedeva Manuel in Tommaso in quel momento, avevano lo stesso modo di fare, lo stesso modo di sviare le conversazioni serie con qualche battutina o cambiando argomento e Simone sentiva il cuore stringersi quando nel sorriso furbo di Tommaso rivedeva quello di Manuel.
- "Adesso lo apro." Annuì Simone e si asciugò velocemente gli occhi, per poi poggiarsi sul tavolo – scansando i libri di Tommaso che lo ricoprivano – e aprire con attenzione il regalo.
- "Ma rompila!" Sbuffò Tommaso.
- "No." Si limitò a rispondere Simone – lui la carta regalo non la rompeva mai, gli piaceva conservarla – e continuò con minuziosa cura il suo lavoro. "Ecco fatto." Annunciò felice e allontanò la carta dal regalo, quando vide il contenuto del pacco Simone sentì gli occhi inumidirsi nuovamente e un piccolo singhiozzò gli scosse il corpo mentre spostava la sua attenzione su Tommaso.
- "Così sai sempre quanno puoi vede' papi." Disse Tommaso e abbozzò un sorriso. "E nun dovrà più esse' lui a dirtelo."
Tommaso aveva regalato a suo padre un calendario lunare dell'anno in corso e anche dell'anno successivo, Simone aveva passato le serate dell'ultimo anno davanti alla finestra a guardare la luna senza però mai sapere le fasi di questa, c'aveva provato ad informarsi ma si perdeva tra notizie su notizie e finiva sempre per rinunciarci e sperare di non perdersi mai la luna piena. Non perdersi mai Manuel.
Simone lasciò cadere l'oggetto sul tavolo e, con un solo passo, raggiunse suo figlio per stringerlo tra le sue braccia.
- "Grazie." Sussurrò Simone. "È il regalo più bello che mi potessi fare." Aggiunse.
- "Non è niente de che." Minimizzò Tommaso e ricambiò l'abbraccio. "Almeno la smetti de impazzi' dietro a quello che leggi su internet." Aggiunse. "E adesso possiamo guardalla 'nsieme la luna, che dici?"
- "Tutte le volte che vorrai." Annuì il più alto.
- "Adesso però tocca a te famme 'n regalo."
Simone si allontanò dal figlio e aggrottò la fronte.
- "Che cosa?"
- "Me lo fai 'n sorriso?"
E Simone non riuscì a dirgli di no.

Il giorno || Simuel.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora