3.

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Quella sera suo padre era stato più brutale di altre volte ma fortunatamente si era moderato colpendola con ferocia, limitandosi a calci e pugni. Lo aveva lasciato fare senza opporsi perché sapeva bene come sarebbe andata a finire se si fosse ribellata. 

C'era stato un periodo in cui ci aveva provato, aveva provato a difendersi, a colpirlo e fuggire via dalla sua cattiveria ma non era andata a finire bene, proprio per niente.

Aveva passato il resto della notte a piangere per poi crollare sotto le coperte verso le sei della mattina. Si era risvegliata dolorante e con il corpo incredibilmente rigido. Un sospiro di sollievo le era scivolato dalle labbra quando, una volta specchiatasi nello specchio del bagno, aveva notato che la sua faccia ne era uscita quasi del tutto indenne. 

Aveva un grosso ematoma sulla mandibola ma era ancora fresco e non era gonfio, motivo per cui sarebbe riuscita a nasconderlo facilmente con un po' di fondotinta. Stesso discorso per i segni delle dita sul suo collo.
Un brivido le corse lungo la schiena al ricordo di come suo padre l'avesse sbattuta con la faccia contro il tavolo del soggiorno, afferrandola in modo rude per il collo.

Poteva rivivere ogni singolo colpo infertole semplicemente guardando i lividi che le macchiavano il corpo. Aveva ancora la voce di suo padre che le urlava oscenità contro, mortificandola psicologicamente oltre che fisicamente. 

Sospirò quando arrivò la sera e si accinse a mascherare il suo corpo con del fondotinta per non farsi licenziare anche da quel lavoro mortificante che era riuscita a trovare. Non poteva permettersi di perdere anche quella fonte di introiti, non quando aveva tutte quelle spese da sanare. Per poter studiare era stata costretta ad aprire un prestito inimmaginabile e il lavoro da cameriera part time che aveva ai tempi del college non era riuscito minimamente ad avvicinarsi alla somma che doveva restituire, considerando il fatto che le spese della casa gravavano anch'esse su di lei. 

Una volta uscita di casa però, quella sgradevole sensazione che l'aveva accompagnata nel tragitto di ritorno la sera precedente la stava tormentando. Si guardò nervosamente attorno senza però notare nulla di strano o di diverso dal solito. Eppure sentiva come la pelle della schiena pizzicarle, accompagnandola nel tragitto. Tornò a concentrarsi sui suoi stessi passi, sentendosi sciocca per quella sensazione paranoica che la stava seguendo ma non rinunciò a velocizzare il passo fino a ritrovarsi in tempo record davanti al suo posto di lavoro. 

Quando c'era ancora luce, il Mad Murphy non sembrava poi così male. Un bar ordinario con un'insegna al neon che lampeggiava in modo opaco a causa del sole che stava per tramontare. Sicuramente non ci avrebbe comunque messo piede se le condizioni non l'avessero richiesto. Si fece largo all'interno del locale, salutando con un filo di voce le ragazze che si stavano cambiando e nascondendosi in un angolino una volta resasi conto che avrebbe dovuto spogliarsi ancora una volta davanti agli occhi giudici delle altre. 

Rose non era nella stanza e questo la destabilizzò non poco. Aveva perso il suo punto di riferimento all'interno di quella situazione nuova e spaventosa e si ritrovò spaesata ad osservare gli indumenti agganciati con degli appendiabiti ad un'asta di metallo. Poteva prendere quello che voleva da lì o c'erano delle regole? 

-"Puoi prendere quello che vuoi, non ti devi preoccupare"- una voce cordiale la raggiunse e Thalia si voltò per cercare chi fosse accorsa in suo aiuto. I suoi occhi si scontrarono con una figura formosa, non troppo alta e con una nube di capelli castani a incorniciare un viso piccolo e tondo. Sorrise riconoscente e ringraziò quella ragazza dal nasino costellato di lentiggini che si presentò con il nome di Eloise. 

Cercò poi tra gli abiti qualcosa che le coprisse quanto più possibile il corpo tempestato di lividi di ogni sfumatura, ritrovandosi poi in mano un top in pizzo rosso dalle maniche lunghe e un paio di pantaloni attillati simili a quelli che aveva indossato la sera prima. Con un po' di trucco sarebbe riuscita a coprire tutti i lividi che le costellavano il petto, lasciato scoperto dalla maglietta, e quelli sul collo e sulla mandibola. Litigò un po' con i pantaloni che erano fin troppo attillati per riuscire a farli risalire lungo le gambe e sentì ogni singolo livido bruciare facendole stringere le labbra per non urlare dal dolore. Notò lo sguardo compassionevole che le rivolgevano le sue colleghe e trattenne il fiato quando le costole iniziarono a mandare fitte tremende una volta che cercò di raccogliere i capelli in una coda alta per sentirsi meno impacciata. 

ZARDove le storie prendono vita. Scoprilo ora