Carrie

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Non riesco a respirare, sento solo due braccia che mi trascinano fuori dal locale.
Non posso credere a ciò che ho appena visto, perché mi ha fatto questo? Perché?
Marco e Sophie mi hanno fatto sedere in auto, credo mi stiano portando a casa.
Nemmeno l'ombra di una lacrima mi bagna il viso, non riesco a reagire.
Arriviamo a casa e salgo le scale tra le braccia di Sophie, mi accarezza i capelli e cerca di tranquillizzarmi.
Sono entrata di nuovo in uno stato silenzioso, così come due mesi fa.
Per quanto la consolazione di Sophie mi faccia bene ho bisogno di stare sola, di chiudermi nella mia stanza e reagire.
Appena si allontanano per andare a cambiarsi nella loro stanza, io vado verso la mia e chiudo la porta.
Mi siedo sul letto e penso.
Cosa può essere cambiato dalla mia partenza, cosa può aver fatto perdere valore alle sue parole.
Una musica mi distoglie dal pensare, è il mio telefono.
È Hugo.
Non ho intenzione di rispondere in questo momento, non riuscirei a formulare nulla.
Sophie bussa piano alla mia porta e la apre.
"Tesoro, qualsiasi cosa io sono qui fuori. Ad un passo da te"
Richiude la porta alle sue spalle e va via.
Mi spoglio dagli abiti che indosso facendoli scivolare a terra, fosse solo così semplice anche con i ricordi.
Cerco una tuta e mi sdraio sul letto quando sento suonare il campanello.
Vado verso la porta e chiudo a chiave.
Non può che essere lui ora e non voglio minimamente che entri qui dentro.
Non adesso.
Dalle urla di Sophie ho la conferma che sia Hugo.
Non sento le sue risposte, non riesco a sentire ciò che dice, ma quando prova ad aprire la porta della mia camera sono certa sia lui.
"Carrie aprimi per favore. Dobbiamo parlare"
Poi tre pugni sulla porta.
E ancora "Ti prego. Apri la porta"
E di nuovo le sue possenti mani bussano decise.
Sento Marco, sta parlando con lui.
Rumore di passi che si allontanano e finalmente la porta della mia stanza è libera.
La voce di Sophie che mi parla lo conferma.
Mi alzo e faccio scattare di nuovo la serratura.
Apro la porta e Sophie è di fronte a me e finalmente esplodo.
Inizio a piangere, mi siedo sul pavimento e piango.
Ancora una volta, il mio povero cuore, ha dovuto sopportare qualcosa di troppo grande.
Credo sia il mio destino, non ho altre spiegazioni.
Il mio telefono continua a suonare.
Messaggio.
Chiamata.
Messaggio.
Chiamata.
Sophie mi abbraccia forte, mi tiene stretta a sé e dietro di lei spunta Marco.
In silenzio, e con rispetto, mi posa tra le mani una tazza fumante di camomilla.
"Questa ti aiuterà, hai bisogno di dormire un po'"
Sibilo un grazie e mi sollevo.
Con la tazza tra le mani vado verso il balcone e mi siedo.
Accendo una sigaretta, socchiudo gli occhi e bevo la camomilla sperando faccia affetto.

Riapro gli occhi, devono avermi accompagnato nel mio letto perché non ricordo di esserci arrivata con le mie gambe.
La sveglia che suona detta l'inizio di questa giornata.
Mi alzo e sento un rumore di tazzine provenire dalla cucina.
Appena varco la soglia della mia stanza Sophie e Marco si voltano all'unisono.
Lei mi avvicina una tazza di caffè e Marco mi fa accomodare in una sedia accanto a lui.
"Non devi venire in ufficio se non te la senti. Lo capirei. Non farti problemi"
Poi una Carrie diversa, una Carrie senza la sua routine mi fa visita, e parla.
"Tranquillo, mi farà bene pensare ad altro. Saperlo là non aiuta ma devo farcela. Posso farcela. Poi comunque ho pensato molto ieri sera. Non posso evincere alcuna pretesa, non ci siamo dichiarati amore eterno, non ci siamo categorizzati. Pensavo solo di aver capito qualcosa di diverso, qualcosa che evidentemente non condivide."
E altre lacrime mi fanno visita.
Per la prima volta Marco mi abbraccia, mi stringe a sé e quella sensazione che provo con Hugo mi fa visita.
Quel senso di sicurezza e di protezione mi fanno sentire un pochino meglio.
Ieri notte quando bussava alla mia porta riflettevo.
L'unica persona che in quel momento sarebbe riuscita a calmarmi era proprio lui, lui che però mi aveva reso così delusa.
Mi ricompongo e mi preparo per andare in ufficio.
Marco non si dirige verso il solito parcheggio ma fa scendere me e Sophie dal lato principale dello stabile.
Mi guarda dallo specchietto facendomi l'occhiolino.
Scendo dall'auto e tengo Sophie sotto braccio.
Arrivo alla mia postazione e trovo un piccolo regalo con un biglietto.
Mi guardo intorno, lui non è qui.
Lo apro piano, il regalo contiene un bracciale di quelli con i pendenti.
Un computer, un aereo, un piccolo sushi, un gelato e una panchina.
Mi asciugo una lacrima e leggo il biglietto.
《Quando vorrai parlare, quando vorrai ritrovarci, saprai dove trovarmi. H》
Metto tutto nella borsa quando vedo le mie colleghe arrivare, non voglio assolutamente che vedano tutto questo.
Accendo il computer e provo a far scorrere la giornata senza pensare a quanto il mio cuore ora stia battendo forte.
Ma perché basta un gesto ad azzerare tutto?
Il turno finisce e non mi sono resa conto di come sia volato il tempo oggi.
Prendo le mie cose e vado verso gli ascensori, mi unisco ad alcuni colleghi che stanno scendendo al piano terra.
La porta sta per chiudersi ma qualcosa la blocca.
Non qualcosa, qualcuno.
Hugo entra in ascensore, mi fissa, in silenzio.
I miei colleghi fanno spazio al loro capo ed io, già in ultima fila con le spalle contro la parete, vorrei solo diventare invisibile.
La corsa sembra interminabile, il suo profumo arriva alle mie narici forte e deciso.
Mi dà le spalle ma posso vedere la mascella contratta e i pugni serrati.
Forse anche lui sente il mio.
Sto sperando che nessuno debba scendere prima. Non reggerei di rimanere sola con lui nell'ascensore.
Arriviamo al piano terra, le porte si aprono ed escono tutti.
Lui no, in effetti scenderà di un piano ancora per andare alla macchina.
Seguo l'ultimo collega e vado verso le porte.
Per un istante, un solo momento, le nostre mani si sfiorano.
Quel brivido che non sentivo da tre giorni mi fa visita ma cerco di non lasciarlo vedere.
Mi volto quando sono ormai lontana sperando che le porte dell'ascensore siano chiuse.
Mi accorgo che c'è ancora uno spiraglio aperto e lo vedo.
Ha la testa bassa, guarda il pavimento.
All'ultimo secondo solleva la testa, mi guarda.
Sta piangendo.
E io muoio.

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