10. Addii impronunciati

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Passarono i mesi e la fine della scuola era, praticamente, arrivata.
Gli appuntamenti di Simone con lo psicologo divennero abituali: una volta a settimana, sempre nello stesso studio, sempre alla stessa ora e Manuel lo accompagnava ogni singola volta, nonostante Simone gli dicesse che non ce ne fosse bisogno.
Ma Manuel lo vedeva, a volte, quando usciva da quello studio, come fosse a pezzi. A volte Simone gli raccontava cosa, lui e il dottore, si dicevano; altre volte restava in silenzio sia durante il tragitto per tornare a casa che durante la cena e Manuel, pazientemente, aspettava che questo gli parlasse di nuovo.
Non doveva essere facile aprirsi con qualcuno che nemmeno ti conosce, Manuel lo faceva a stento con le persone di cui si fidava, figuriamoci con qualcuno che non conosceva affatto.
Anche per questo riteneva Simone forte ed era fiero di lui e non perdeva occasione per ripeterglielo.

Simone dal canto suo, invece, non perdeva occasione per far notare a Manuel ogni dettaglio che amava di lui e quei messaggi con "ecco un'altra cosa che amo di te" erano diventati consueti e facevano sempre sorridere Manuel, facendogli capire sempre più quanto fosse fortunato ad aver trovato qualcuno paziente e dolce come Simone disposto a prestargli davvero i suoi occhi pur di fargli notare le cose belle che lo componevano.

Non ripresero più a parlare dell'università decidendo, di comune accordo, di concentrarsi sul presente in modo da porre le basi per quel futuro che volevano costruire. E infatti passavano tutti i pomeriggi insieme a studiare, Simone si impegnava tantissimo pur di far concentrare Manuel, l'aveva fatto anche in garage mentre quest'ultimo sistemava quell'auto, che poi consegnò e per la quale venne pagato - non tantissimo ma per lui era già tanto essere riuscito a fare qualcosa di buono con le sue capacità -.
Gli spiegava ciò che Manuel non riusciva a capire, soprattutto di matematica ma molte volte Manuel riusciva a convincerlo a fare gli esercizi per entrambi, Simone era facile da corrompere.

«Manu se li faccio io per entrambi, tu non capirai mai come si fanno»

«Ma a me che me frega capì come se fanno, tanto ce stai te, no? Accettando de stà co' me, hai accettato pure de fà matematica pe' tutt'e due»

«Questo lo dici tu» Simone rise

«Dimmi che pe' oggi abbiamo finito, te prego» Manuel stava seduto a terra sul pavimento della sua stanza per permettere a Simone di usare la scrivania

«In realtà dovremmo ancora fare la versione di latino»

«Ancora? Ma questi so' matti, e voi più matti de loro che ogni giorno perdete tutte 'ste ore pe' fare 'ste cose» si alzò da terra

«Lo so, è 'nbotto de roba ma che dobbiamo fà? È così che funziona la scuola»

«La scuola, mica la vita mia. Pensa a quante ore hai buttato dei pomeriggi tuoi a fà versioni de latino ed esercizi de matematica 'nvece de fà, tipo, la qualsiasi altra cosa» si sedette sul letto

«Esiste l'estate per riposarsi e fare quello che si vuole» Simone si voltò verso di lui

«E tu me vorresti dire che vivi nove mesi in tre?»

«Nei limiti del possibile, sì» annuì

«Come minimo, dopo che 'stai tipo ai domiciliari pe' tutto l'inverno, in estate nun ce stanno limiti»

«C'è anche da dire che io e te abbiamo due concetti di limite diversi»

«Sì, perché te pensi ai limiti de matematica»

«Vedi che qualcosa l'hai imparata?» Simone lo prese in giro

«Pensi che se je so dì solo er nome me lo mette almeno sei?»

«No, non credo»

«E che palle, lo vedi? Pe' loro nun è mai abbastanza» disse ironicamente

«Alzati da quel letto e facciamo latino, muoviti»

Quando eri via || Simone x ManuelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora