L'ultima porta

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Marte

5 gennaio 16, ore 24:04

Nuova Roma, Tharsis

Zona Residenziale


Un grosso rover a sei ruote della Sicurezza Planetaria sfrecciava fra le strade sterrate della Zona Residenziale. Al suo interno, io, Mann e tre agenti della MPS ci stavamo preparando: poche ore prima, avevamo individuato il nascondiglio degli assassini.

Il tenente aveva insistito più volte per essere presente di persona: ero sicuro che stesse ancora cercando di mettersi in buona luce con il Comando, ma non avrei certo rifiutato il suo aiuto.

Indossavamo pesanti corazze balistiche che dovevano proteggerci dai colpi delle armi da fuoco a piccolo calibro. Gli elmetti erano dotati di una visiera che proiettava informazioni utili, in modo simile ai miei occhiali. Avevo con me anche un coltello da combattimento, com'era mia abitudine: non capitava praticamente mai di usarlo, ma era sempre utile averne uno, per ogni evenienza.

Mann si teneva in disparte, e parlava al telefono. Non riuscivo a sentire il suo interlocutore, ma era chiaro che si trattasse di un familiare. Gli altri tre agenti erano intenti a controllare le armi. Non sapevo nulla di loro, eccetto i loro nomi: Robin Schwartz, Franco Costa e Felix Rodriguez.

 Potevo solo sperare che fossero competenti.

«Sì, starò attento.» disse Mann. «È importante che vada di persona, siamo pochi in centrale ad avere esperienza sul campo... Non preoccuparti, andrà tutto bene. Devo andare adesso... Anche io.»

«Famiglia?» chiesi.

«Sì, mia moglie è preoccupata: non è abituata a vedermi prendere parte a operazioni veramente rischiose.»

Fortunatamente per loro, io ero più che abituato a situazioni come questa. Se tutti avessero seguito i miei ordini e si fossero coperti le spalle a vicenda, presto avremmo catturato i Fantasmi.

Sarebbe stata una operazione come tante altre in passato, se solo avessi avuto con me la mia vecchia squadra del SAS: uomini che conoscevo bene e a cui potevo affidare la mia stessa vita senza alcuna esitazione.

Ma la mia squadra si trovava a milioni di chilometri di distanza, e questi agenti erano il massimo che potessi avere.

Il Rover arrivò a destinazione, fermandosi davanti a una comunissima casa a due piani, del tutto uguale a quelle circostanti.

Gli agenti si rivolsero verso di me per ricevere ordini.

«Al mio segnale» dissi loro «io e Rodriguez ci dirigeremo al piano terra. Mann: lei, Costa e Schwartz andrete al piano di sopra.»

Imbracciammo i fucili e ci avvicinammo con cautela alla porta. Io aprivo il gruppo e Mann lo chiudeva, coprendoci le spalle.

Arrivammo davanti alla porta. Il tempo mi sembrò rallentare: sentivo il cuore battermi rapidamente nel petto, e ogni respiro durava un'eternità.

Era da molto tempo che non provavo questa sensazione, quasi due anni: dal giorno in cui mi ero ritrovato a combattere i separatisti negli stretti corridoi della base lunare Armstrong.

Inspirai profondamente e mi preparai a combattere.

«Ora.»

Sfondai la porta e irrompemmo all'interno.

Io e l'agente Rodriguez controllammo il pianterreno stanza dopo stanza, mentre Mann saliva al piano superiore con gli altri.

Stanze da letto, cucina, ripostigli: tutto vuoto, nessuna traccia degli assassini. La casa era stata chiaramente usata, ma aveva un'aria non curata, trasandata, con oggetti quotidiani abbandonati alla rinfusa da tutte le parti che facevano pensare a un rifugio solo temporaneo, che i Fantasmi avrebbero usato e abbandonato.

Rodriguez ed io arrivammo infine all'ultima porta: se al pianterreno c'era qualcuno, era sicuramente lì dentro.

«Sono pronto, maggiore.» disse Rodriguez.

Mi avvicinai alla porta, preparandomi a sfondarla.

In quel momento, una serie di spari risuonò al piano superiore: Mann aveva trovato i Fantasmi.

«Rodriguez, vai su, penso io a questa stanza.» ordinai.

L'agente si allontanò di corsa, anche lui preoccupato per i suoi commilitoni; io attesi ancora qualche istante, poi decisi di aprire la porta con cautela. Osservai l'interno senza però entrare.

Davanti a me si trovava un garage tenuto in evidente disordine: la moto dei Fantasmi era parcheggiata nel mezzo, parzialmente smontata, vicina a una cassetta degli attrezzi con molti utensili sparsi sul pavimento. Un ingresso sul retro portava all'esterno, ed era aperto: probabilmente uno dei Fantasmi si trovava qui, ed era fuggito quando ci aveva sentiti irrompere, abbandonando il suo compagno al piano superiore.

Convinto di essere da solo, feci per entrare: non avevo ancora varcato del tutto la soglia, quando venni afferrato e gettato a terra da un uomo che si era tenuto nascosto dietro la porta.

Persi la presa sul fucile, che cadde a terra, troppo lontano per essermi utile.

Ebbi appena il tempo di capire cosa stesse succedendo prima che il mio aggressore mi afferrasse la gola e iniziasse a soffocarmi.

Tentai di divincolarmi, ma la presa del mio aggressore era troppo solida. Mi maledissi mentalmente: avevo commesso un errore da principiante, abbassando troppo presto la guardia. Ma non mi sarei dato per vinto: estrassi il coltello, e lo affondai alla cieca nel mio avversario, facendolo urlare di dolore e facendogli perdere la presa su di me.

L'aria tornò a riempirmi i polmoni. Tossendo, mi rialzai e guardai il mio avversario: lo avevo colpito alla coscia. Il sangue sgorgava copiosamente dalla ferita, macchiandogli gli abiti.

Mi avventai contro di lui, pronto a finirlo, ma il Fantasma reagì con una rapidità sorprendente per un uomo ferito alla gamba, evitandomi e portandosi dietro alla moto: me la capovolse contro, e dovetti arretrare per evitarla, dandogli il tempo di raccogliere una chiave inglese da terra. Si lanciò contro di me, brandendo la chiave come una mazza, ma questa volta ero pronto.

Parai il colpo con il mio braccio meccanico, e pugnalai il Fantasma alla gola. La chiave gli scivolò di mano, e cadde a terra rumorosamente. Schizzi di sangue mi sporcarono la visiera.

Rantolando, il Fantasma si accasciò a terra.

Raccolsi il fucile e il coltello, e mi diressi di corsa al piano superiore: dovevo raggiungere gli altri. Salii le scale, e attraversai la porta che si trovava in cima.

L'intero piano era costituito da una singola stanza molto grande, piena di computer e strumenti elettronici.

Tutti gli agenti dell'MPS e l'altro Fantasma erano riversi a terra, morti; in centro alla stanza giaceva una sfera fumogena.

Impiegai pochi attimi a capire cosa fosse successo.

Scesi di corsa le scale, fuggendo a rotta di collo dalla casa.

I Fantasmi di TharsisDove le storie prendono vita. Scoprilo ora