Il Fronte Lunare

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Luna,

22 giugno 2513, ore 6:25

Luogo ignoto


Nella base sotterranea abbandonata che il Fronte Lunare usava come centro di comando procedeva febbrilmente l'attività: gli uomini stavano riparando il vecchio equipaggiamento militare che avevano ritrovato nella base quando l'avevano occupata, alcuni mesi prima.

Era un vecchio centro russo di ricerca bellica, abbandonato da quasi due secoli. C'erano molte basi identiche sulla Luna, tutte abbandonate in fretta e furia dopo la firma del Trattato di Neutralità, che proibiva il mantenimento di basi militari sulla Luna.

Il Fronte ne aveva trovata più di una grazie a una talpa nella Roscosmos, l'agenzia spaziale russa, inclusa quella dove era stato trovato il missile Tunguska.

Il capo del Fronte, Hans Rosenberg, era seduto davanti a una telecamera: si stava preparando a rivendicare l'attacco ad Apophis.

Non si poteva tornare indietro: il Fronte sarebbe uscito allo scoperto, e avrebbe affrontato la propria battaglia a viso aperto.

Hans prese fiato, e iniziò a parlare.

«Il mio nome è Hans Rosenberg, e parlo a nome del Fronte Lunare.» disse. «Per trent'anni sono vissuto e ho lavorato sulla Luna, in una stazione mineraria: questo mondo è la mia casa. Eppure, le risorse della Luna vengono usate per arricchire i governi terrestri e i loro oligarchi, mentre a noi vengono lasciate le briciole.»

Hans lasciò passare qualche attimo di silenzio, poi continuò, parlando con maggior fervore. «L'ascensore spaziale non è altro che un'ulteriore giogo impostoci dalle compagnie minerarie, che non porterà alcun beneficio a noi uomini comuni. Ma il Fronte Lunare si oppone a questa realtà, e rivendica la responsabilità dell'attacco di ieri: ora abbiamo un intero arsenale a nostra disposizione, e non abbiamo timore a usarlo per difenderci contro chi minaccia la nostra casa. Il nostro diritto all'autodifesa continuerà ad essere esercitato: questo è solo l'inizio. Agli abitanti delle basi lunari dico: non abbiate timore. Non siamo vostri nemici, e non desideriamo colpire gli innocenti: il missile di ieri è stato intenzionalmente lanciato in modo che non provocasse vittime. Ai governi della Terra invece dico: siete avvisati. Non desideriamo ulteriori escalation, ma siamo pronti a rispondere a ogni minaccia.» concluse.

«Com'era?» chiese ai membri della sua cerchia ristretta, che lo osservavano da dietro la telecamera.

«Ho sentito di meglio.» rispose una donna.

Rosenberg rise. «Sì, anch'io. È solo un cumulo di idiozie, ma andrà bene: se l'Alleanza pensasse che abbiamo altri missili pronti al lancio, tratterà.»

La donna lo guardò con scetticismo. «Se lo pensasse, appunto. Non abbiamo altri missili.»

Rosenberg si avvicinò a lei, e le poggiò una mano sulla spalla. «Abbi fiducia, Sylvie. So quello che faccio.»

«Non lo so, Hans. Mi sembra che ci siamo spinti troppo oltre: cosa sarebbe successo se avessimo sbagliato il lancio, se avessimo colpito una base?»

«Era un rischio minimo, abbiamo lanciato il missile a sessantamila chilometri di distanza dalla superficie.»

Sylvie non sembrava essere rassicurata; rivolse a Rosenberg uno sguardo dubbioso.

«E se non trattassero?»

«Allora li colpiremo ancora più duramente, finché non ci ascolteranno: arriverà un momento in cui scendere a patti sarà più vantaggioso che continuare a ostacolarci. Fino ad allora, il Fronte continuerà a combattere, per il nostro futuro.»

Qualcuno chiamò Rosenberg dall'esterno della stanza, e lui lasciò Sylvie, che rimase da sola a riflettere sulle sue parole.

Hans Rosenberg era inamovibile: le settimane seguenti avrebbero segnato indelebilmente il destino della Luna e dei suoi abitanti per gli anni a venire.

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