Victoria

222 53 119
                                    

Marte,

18 gennaio 16, ore 23:41

Victoria, Hellas

Torre Sojourner


Victoria: il centro di produzione agricola di Marte. Non avrei mai pensato di visitarla: io, che non sarei riuscito a far crescere una piantina di sedano, mi trovavo in mezzo ai migliori agricoltori del sistema solare. A differenza delle fattorie terrestri, Victoria non era gestita da contadini, ma da scienziati altamente qualificati.

Ad essere onesto, la cosa mi metteva un po' a disagio. Mi sentivo come se da un momento all'altro qualcuno potesse interrogarmi sui metodi ottimali per coltivare patate su Marte.

Sempre che crescessero patate su Marte. A pensarci bene, non mi ricordavo di averne mangiato da quando avevo messo piede sul pianeta.

Mi diressi verso l'ascensore della Torre Sojourner. Dovevo recarmi al ventesimo piano e parlare con l'agronomo capo.

Era già stato informato del mio arrivo dall'MPS, che gli aveva imposto la massima riservatezza. Ora dovevo informarlo della situazione, dopodiché avremmo cercato di scovare l'agente cinese, possibilmente prima che causasse danni ai delicati impianti di produzione.

Durante la salita, mi godetti il panorama cittadino. In realtà, la città era molto simile a Nuova Roma, anche se più piccola: pianta quadrata, centro circolare composto da svariate megastrutture, torre al centro. Anche gli edifici erano molto simili a quelli della capitale, con alcune differenze: a Victoria manca un centro burocratico, dato che questa è centralizzata il più possibile a Nuova Roma; la Torre Sojourner stessa ospita i pochi uffici necessari.

Al posto del centro burocratico sorgono enormi depositi di stoccaggio: da alcuni il cibo prodotto a Victoria viene distribuito al resto del pianeta, negli altri viene accumulato il materiale organico, ottenuto dagli scarti dell'intero pianeta, che vengono ridotti in compost e usati per arricchire il terreno: nulla può essere sprecato su Marte, se si intende sopravvivere e prosperare.

Dall'alto della torre potevo vedere benissimo il viavai degli operai e dei rover dai depositi: notai immediatamente che Victoria era molto più trafficata di Nuova Roma, probabilmente per la necessità di spostare grossi carichi in tempi brevi.

Giunto al ventesimo piano, trovai presto l'ufficio dell'agronomo capo, la dottoressa Émilie Behra: lei era seduta dietro alla scrivania, e leggeva dal proprio computer con in mano una tazza colma di una bevanda fumante. L'ufficio era spoglio, eccetto un piccolo acquario contenente una coppia di pesci rossi, che decorava un angolo.

«Buonasera, maggiore.» mi salutò, senza staccare lo sguardo dallo schermo. «La aspettavo ore fa.»

«Una frana ha bloccato il treno.» spiegai.

La dottoressa smise di leggere, sorseggiando lentamente la bevanda.

«Tè?» ipotizzai.

«Magari! Non siamo ancora riusciti a far attecchire la Camellia sinensis, purtroppo.» esclamò lei. «È la pianta del tè.» aggiunse, notando la mia espressione confusa.

Aveva un forte accento francese. Lo avevo sempre trovato piacevole: era una delle cose che mi avevano attratto di Morgane, quando ci eravamo conosciuti.

«Allora, cosa c'è di così urgente da non poter aspettare fino a domani, maggiore?» chiese la dottoressa, con un tono che lasciava trasparire quanto la irritasse dover restare al lavoro a quest'ora.

Le spiegai la situazione nei minimi dettagli. Non c'era motivo di nasconderle informazioni: avevo bisogno della sua piena collaborazione per scovare la spia cinese.

I Fantasmi di TharsisDove le storie prendono vita. Scoprilo ora