8 - Sei tu.

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Il tempo passó, e io mi ricordai solo tramite i miei genitori che si stava avvicinando il mio compleanno.
8 marzo. Ma che data è? Sono nata il giorno della festa della donna, e ogni santo anno mio padre mi ripeteva < Eh si Abigail, sei una donna ormai. >
Cercava di fare il simpatico, unendo i due "festeggiamenti". Di solito non lo festeggiavo. Passavo la sera a guardare un film nel divano con i miei e un sacco di pop corn. Quella volta sarei andata con Luke, Matt e Grace da Paul's. Grace e Luke non andavano d'accordo, l'anno prima erano finiti dal preside, ma Luke mi aveva detto che al mio compleanno l'avrebbe fatta passare liscia.
Ormai Luke aveva una nuova crush. London Spencer.
La ragazza più bella della scuola, secondo i ragazzi. Andava sempre in giro con i tacchi alti, minigonna, giacca del fidanzato, capelli biondi (tinti) fino al culo, un trucco da Platinette (a mio parere) e un gruppo di sgualdrine lecca piedi alle calcagna.
Un giorno Luke decise di presentarla a me e a Matt.
- Piccola, loro sono Abby e Matt. - Matt era sconcertato, io mi limitai a sorridere. Aveva la faccia da finta.

Dopo qualche giorno, trovai Luke all'entrata della mensa. Facemmo due chiacchiere, e notai che London ci fissava. Finita la conversazione andai a prendere il mio vassoio e poi mi incamminai per raggiungere Grace nell'ala B. Passai vicina al tavolo di London, lei, vedendomi, allungó la gamba e mi fece lo sgambetto, finii con la faccia nel vassoio stesa per terra.
Matthew stava mangiando in un tavolo vicino con i suoi amici della band, e venne a tirarmi su.
Diede della sgualdrina a London e alle sue amiche, e io corsi fuori per l'imbarazzo. Da quanto ero agitata non mi accorsi che stavo piangendo, senza un motivo.
Matt venne a cercarmi, e dopo venti minuti mi trovó.
- Oh, eccoti. - disse ansimando.
Non risposi.
- Davvero ti fai intimorire da quella puttanella. Davvero, Abigail? -
- Io non ci torno più lì dentro. - dissi incazzata.
- Oh si che lo farai. - si alzó in piedi, aspettando che io facessi lo stesso. Aspettó per niente.
- Abby, alzati. -
- Io. Non. Ci. Torno. Lì. Dentro. - scandii bene le parole.
- Non puoi abbatterti per una semplice scivolata. Falle vedere chi è quella matura. Entra, e passale vicino a testa alta, tanto sono sicuro che tutti già si sono dimenticati di ciò che è successo. - disse Matt. Era così dolce, ma senza esserlo. Non so spiegarlo a parole. Riscoppiai a piangere ripensandoci, ma Matthew mi tiró su per un braccio, facendomi male.
- Ei mi fai male così. - mi dimenai per mollare la presa, inutilmente.
Rientrammo, e quando passammo vicino al tavolo dove stava London, Matt le rovesció lo yogurt.
Andammo verso il tavolo di Grace.
- Ab mi stavo preoccupando. Aspetta, hai pianto? -
Da un lato ero contenta, la notizia della mia figura di merda non era arrivata all'ala B. Non avendo parole, Matt le spiegó al posto mio che era successo, e lei mi abbracció solo con un braccio.

Mentre la relazione tra Luke e London si faceva sempre più seria, lui iniziò a staccarsi da tutti. Litigó con me e con Matt, con i suoi compagni di squadra; l'unica persona che gli era rimasta era London. Lo stava distruggendo.
Matt e la sua band, i Black Roses, vinsero la gara, perció alla gara successiva li andai a vedere assieme a Grace. Erano davvero bravi, Matt cantava benissimo.
A quella gara arrivarono secondi, e perciò dopo andammo a festeggiare. Io Grace Matt e i suoi tre compagni della band. Andammo al Diamond. Un piccolo locale nell'autostrada aperto tutta la notte. Le torte lì, erano deliziose.
In macchina, alla radio sentimmo la mezzanotte. Mancava esattamente un giorno al mio compleanno.

Per tutto il giorno mia madre sfornó biscotti e preparó una torta. Ogni anno si distruggeva a preparare torte e biscotti per una comunità intera, che poi avremmo finito in quattro mesi.

Era la vigilia del mio compleanno e Grace era più emozionata di me.
- Ab allora sei pronta?! Come ti vesti domani sera?! Dove andiamo a mangiare?! -
Io ero impassibile. Non capivo perché un compleanno sia così importante, insomma, io il sette marzo mi sentivo allo stesso modo del nove marzo.
La sera Matt mi venne a prendere alle 9. Mi portó a vedere la magia per la seconda volta.
Mi sdraiai, e lui inizió a canticchiare "Please let me die in solitude", una canzone del suo gruppo.
Chiusi gli occhi, e mi limitai ad assaporare ogni momento di quella magia.
Matthew si mise a sedere, e guardava un punto in lontananza.
- E ci credi, Abby, che non avendo Luke mi sei rimasta solo tu? -
Mi sentivo offesa, poi capii che cercava di essere carino.
Mi misi a sedere pure io.
- Non ho intenzione di mollarti facilmente, Mr Matthew. - scherzai.
- Ti piace qui, vero? - mi guardó.
- Molto. Sembra di sparire dal mondo, e rintanarsi su una di quelle bolle di vetro, non so se hai inteso. -
Ci sdraiammo entrambi di nuovo, e ci fu silenzio per quasi dieci minuti.
- Abby? -
- Sì, Matt? -
- Sei tu. - disse continuando a guardare sopra di lui.
- Che cosa? -
- Il mio Blue Sky. La mia bolla di vetro. Dove rintanarmi. -
Lo guardai. Nessuno era stato così dolce con me.
- Matt? -
- Sì Abby? -
- Non andartene. -
- Non lo faró. -

Alle 11:50 salimmo in macchina per tornare a casa. Ci volle un bel po' dato che ci fermammo pure a fare benzina.
Ecco, la stazione della radio preferita di Matt segnó le 11:59.
Pochi secondi e sarei stata diciassettenne.
3.
2.
1.
12:00.
Matt accostó di colpo e io non capii più cosa stava succedendo.
Scese dalla macchina. Mi aprì la portiera.
Mi prese in spalla e inizió a gridare.
"HAPPY BIRTHDAY TO YOU. HAPPY BIRTHDAY TO YOU. HAPPY BIRTHDAY TO ANIGAIL. HAPPY BIRTHDAY TO YOU."
Iniziammo a ridere entrambi, e poi tiró fuori un pacchetto dal sedile posteriore. Era un cubo piccolo, la scatola azzurra e il fiocco giallo.
Sfilai il fiocco e aprii la scatolina.
Erano degli orecchini con lo Ying e lo Yang. Erano boh, bellissimi.
- Dio mio, grazie. - mi alzai e lo abbracciai, in punta dei piedi. Era fottutamente alto, gli arrivavo quasi alla spalla.
Mi strinse forte e mi bació la fronte. Poi ripartimmo in macchina, e a casa i miei mi riempirono di baci e abbracci, ma andai a letto subito e decisi di risparmiarmi i regali al giorno dopo.

6:15.
Come ogni santa mattina parte la sveglia dal telefono. Poison Heart, dei Ramones. Guardai il telefono, avevo 10 messaggi. Un record. Feci lo screenshot per ricordare per sempre quell'enorme numero di messaggi.
Auguri da parte di:
Nonna
Grace
Megan
Zehra
Zack
Kevin
Bobby
Luke
Zio Dylan
Zia Kitty
ASPETTATE.
LUKE.
< Ehi, Abigail. Buon compleanno. >
Nessuna faccina. Nessun interesse. Fu l'unico a cui non risposi.

A scuola Grace mi saltó in braccio.
- AAAAAH ma perché ora tu sei più grande di me? - ridemmo entrambe
Mi diede una borsa di carta marrone. Due maglie dei Ramones e una collana anni '80. Tipo quelle che sembrano dei tatuaggi, o degli auto-soffocamento.
La abbracciai e la ringraziai. Mi chiese per la millesima volta come mi sarei vestita quella sera.
- Boh. Te lo dico a pranzo. Scappo a inglese ora. - Corsi in classe e lei fece lo stesso, non sempre avevamo gli stessi corsi.
Megan mi diede due baci sulle guance. Non ci parlavo molto con lei, ma mi faceva piacere perché mi raccontava sempre che non aveva più problemi a dire in giro della sua passione verso Bieber, e mi sentivo quasi realizzata.

La sera Matt passó a prenderci e andammo a Paul's. Era strano andarci senza Luke, ma, non mi interessava più di tanto. Avevo i miei migliori amici. E ci stavamo divertendo, e non avrei potuto chiedere modo migliore per festeggiare il mio diciassettesimo compleanno.
Come poteva mancare la torta di zucca? Arrivó la signora Melville, la moglie di Paul, con una fetta con una candelina sopra. Tutte le (poche) persone dentro al locale cantarono gli auguri, espressi il desiderio è soffiai.

Passammo così il resto della serata, e Alle undici Matt mi riaccompagnó a casa.
I miei mi aspettavano in salotto con uno scatolone al centro.
- Abby, il tuo regalo di compleanno. - sorrise mia madre.
Ero mezza stordita, effettivamente, non mi avevano ancora dato il regalo.
- Fai attenzione ad aprirlo. - intervenne mio padre.
Lo aprii cautamente. UN CANE. All'interno ci stava un carlino. Minuscolo. Era carinissimo.
Mia madre rise, mio padre era un po' meno convinto. Inizió a farmi le feste e io lo coccolai. Avevo già deciso come chiamarlo.
Wasabi.
Amavo il cibo cinese, e il wasabi in particolare, dovevo chiamarlo per forza così.
Mia madre aveva già pensato a cuccia, ciotola per le crocchette e l'acqua, un giochino (una sardina di gomma, che fantasia) e una copertina.
Posizionammo la cuccia in camera mia, ma senza dirlo ai miei, Wasabi dormì con me.
E così, avevo un nuovo amico. Un animale. Il compleanno più bello di sempre.
Ero contenta, e questo era l'importante.

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