10 - Questo è tuo.

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Grace era ammalata, e non mi piaceva l'idea di stare in classe sola. Non avevo legato particolarmente con qualcuno, solo con Megan, ma aveva il suo gruppo di amiche.
Mi diressi in classe, e non vidi nessun banco vuoto. Solo uno. Vicino ad un ragazzo con cui non avevo parlato mai. Lo conoscevo di nome, era famoso. Michael Rosewood. Il solito ragazzo rubacuori, andava bene a scuola eppure era uno dei cattivi ragazzi, così dicevano.
Mi sedetti senza guardarlo. Lui mi squadrò da testa a piedi per qualche minuto.
- Dimmi quando hai finito di squadrarmi. - dissi con voce seccata ma divertita.
Rise. - Scusami. Sono Michael, chiamami Mich.- continuava a ridere.
- Sono Abigail, chiamami Abby. -
Non parlammo più, ma continuava a guardarmi.
Avevo paura di parlare durante le ore di Mr. Whitesides, così cercai di stare attenta il più possibile.
Mich scrisse sul banco con la matita una specie di bigliettino.
< Se ti va ci incontriamo fuori dalla scuola. :) >
< Ok. :P >
Sorrise.
Aveva un sorriso alquanto carino.

Le altre ore passarono velocemente. All'ora di pranzo mi incontrai con Matt. Domenica sarebbe stato il suo compleanno, e volevo organizzarmi per tempo.
- Abby. - mi abbracciò.
- Ehi. - ricambiai.
- Indovina chi ha trovato lavoro al Mc Donald's- sorrise mangiando la sua fetta di carne.
- Da quando cercavi lavoro? Sono contenta per te, comunque. - Matthew al lavoro, robe da matti. Risi.
- Beh, già suonando nei locali raccumulo qualcosa, e in più con i ragazzi della band abbiamo pensato di trovarci un appartamento. Ho un po' paura di lasciare mia nonna da sola, ma se la caverà, ne sono sicuro. Quella donna non molla mai. - accennò un sorriso. Anche se non ne parlava molto, Matt ci teneva molto a sua nonna, e lei faceva altrettanto.
Cambiai argomento, cercando di non farmi sentire molto.
- Alla fine della scuola un ragazzo mi aspetta fuori da scuola... - ero diventata paonazza.
Matt quasi sputava l'acqua - C-COSA?! RAGAZZA TU CONQUISTI! -
Lo sentì quasi tutta la scuola, penso.
- Ma no, è un mio compagno di classe, solo per conoscerci. -
- E chi è? Conosco quasi tutti qua dentro. -
- Michael ....... Rosewood. -
- PORCA MERDA! Abby hai conquistato Rosewood. - rise per cinque minuti.

Suonó la campanella e mi diressi verso il parcheggio, dove mi aspettava Michael.
- Ehi, Abigail. - Disse, buttando la sigaretta ormai finita.
- Michael. - Dissi, in imbarazzo.
Mi fece cenno di sedermi sul muretto, accanto a lui. Mantenni comunque una distanza di sicurezza.
" s p a z i o v i t a l e , z i o." Pensai.
- Allora, raccontami di te. - disse, come se fossimo a quarto grado.
- che devo dire? Non c'è tanto da sapere, di me. - avevo ragione.
- Non lo so. Tutto. -
- Uhm. Mi chiamo Abigail e cambio città circa ogni sei mesi perché ho problemi vari. Mi piace ascoltare musica e disegnare. Stare su Tumblr e fotografare cose a caso. Ho un cane che si chiama Wasabi, amo il cibo cinese e la cultura cinese in generale. Credo di avere detto tutto.
Michael continuava a guardarmi con occhi persi, non capivo che volesse dirmi.
- Che musica ascolti?-
- The 1975, Arctic Monkeys, Ramones, cose così. Tu? Che mi dici di te? - mi misi a gambe incrociate, cercando di non espormi troppo al muretto.
- Mi chiamo Michael e ho tre fratelli più piccoli, vivono da mia madre ma lei mi ha cacciato l'anno scorso, e ora sto da mio padre. Mi piace il football e mi piace essere al centro dell'attenzione. Non mi vergogno a dire che mi piace la scuola e studiare. Non ascolto molta musica, di solito rap o gruppi tipo Coldplay, nulla di più. -
Credo di essermi distratta dopo "Michael". Aveva una voce profonda, i capelli biondi, pettinati dal vento, gli occhi marroni e la pelle bianchissima. Un sorriso affascinante e quell'aria da "sono figo solo io".
- Wow. - non sapevo che dire.
- Bhe, sono le tre. Se vuoi posso accompagnarti a casa. - disse, quasi imbarazzato.
- Sì, grazie. -
Ci dirigemmo verso la sua macchina.
Non me ne intendevo di macchine, era una BMW nera, all'interno era in pelle e Michael si divertiva a conversare con il navigatore. Moira, l'aveva chiamata.
- È questa. - indicai la mia casa.
Michael frenó, e aprii la portiera per scendere.
- Ti va di entrare? - risposi imbarazzatissima. I miei erano al lavoro, ma non so nemmeno perché gli feci quella domanda.
- Se non è un problema, accetto. -
Parcheggiò e gli feci strada. La mia casa non era esageratamente grande, ma era una villetta piuttosto spaziosa e ben arredata.
- Wow. Bella casa. -
- Ti ringrazio. Hai sete? - chiesi, intanto arrivò Wasabi.
- Sì, grazie. -
Andammo verso la cucina.
- Ecco, tieni. Tu dove abiti? - Gli porsi dell'acqua.
- Abito alla Madison street, sono quattro isolati da qui. -
- Ah, si. Ci abita Grace li. -
- Sì, era la mia ex. -
C'era da immaginarselo, sarei stata curiosa di sapere quante ragazze carine non si fosse già portato a letto. Mi invasero pensieri disgustosi, cercai di cambiare discorso.
Guardammo la TV e studiammo assieme alcuni argomenti di matematica. Verso le sei se ne andò.
- Grazie per oggi Ab. - disse alla porta.
- Oh, figurati. - sorrisi.
- Se ti va, potremmo vederci altre volte. - Era rosso. Avevo fatto imbarazzare di nuovo Michael Rosewood.
- Sì, perché no. -
Ci scambiammo i numeri, e se ne andò. Mi accasciai sul divano, come se avessi lavorato in miniera per tutto il giorno.

La settimana passó in fretta. Sabato uscii tutto il giorno con Matt. Mia madre si era offerta di preparare una cena di compleanno, e anche se sembrava imbarazzante è ridicolo, Matt fu molto felice dell'invito e della disponibilità di mia madre.

Girammo in macchina per quasi tre ore. C'era brutto tempo, e io da sveglia non mi ero portata dietro niente, avevo solo una giacca in jeans e una maglia a maniche corte.
Arrivammo in una specie di agriturismo, in aperta campagna. C'era moltissima gente, però. Non capii perché mi portò lì, ma ero felice di festeggiare con lui.
Mangiammo e poi gli portarono una piccola torta con il simbolo "18".
Soffió la candela e tutti applaudirono, sembrava una di quelle feste dei bambini nei ristoranti; dopo aver mangiato la torta pagammo e ce ne andammo subito.
Camminando per la campagna trovammo un piccolo stagno. Ci sedemmo li dietro.
Matt si accorse che tremavo, così mi mise il suo braccio nelle spalle, mi appoggiai al suo petto.
- Matthew da maggiorenne. Mi sento piccola. - Ridemmo.
- Non ci credo nemmeno di essere all'ultimo anno di liceo. -
Non volevo pensarci.
L'ultimo anno di liceo significava che sarebbe partito per il college.
Lontano, con la sua band.
Lontano da me.
Mi irrigidii, e dal freddo non mi accorsi che avevo la faccia rigata di lacrime. Le asciugai in fretta e furia, così Matt non si accorse di niente. Doveva essere una giornata felice, non dovevo pensare al futuro.
- Andiamo, dai. - si alzò e mi aiutó ad alzarmi. - e tieni questa, che ora mi muori di freddo. - mi diede la sua giacca. Ridemmo.
Viaggiammo in macchina per altrettanto tempo, e andammo nel parco della magia. Non ci ero mai andata di giorno, "chissà come sarà" mi domandavo.
C'erano alcune coppie anziane sedute sulle panchine del vialetto del parco. Era tutto diverso. Riconobbi il lampione, ma non pensavo ci fossero le panchine o un viale, era davvero un bel posto.
- Mi piace venire qui - dissi - con te. -
Matt si mise a saltellare di qua e di là, come se avesse nove anni. Poi iniziò a prendermi in spalla e ridemmo tantissimo. Continuammo per altre due ore a girare ridendo e contagiando le altre persone lì con la risata.

Tornammo a casa per l'ora di cena. Mamma aveva già preparato tutto.
- Grazie signora Miller, ma davvero non serviva tutto questo. - era stupito, quasi.
Mamma aveva preparato l'arresto con le patate, le verdure cotte, tantissimo purè e la peperonata. Le avevo detto che Matthew andava matto per la peperonata.
Mangiammo, ridemmo e scherzammo. Ai miei piaceva Matt, anche se era più grande ormai sapevano che era un ragazzo a posto, anche se mio padre lo credeva strano, e che aveva buone intenzioni.
Mio padre tiró fuori i bicchieri da vino, e brindammo tutti al suo compleanno. Il giorno successivo Matt avrebbe festeggiato al motel con tutta la sua famiglia, e io sarei passata a salutarlo solo la mattina: non volevo intromettermi nei pochi pranzi familiari di Matt.
Verso la mezzanotte uscimmo nel vialetto di casa mia. Facemmo il conto alla rovescia e allo scocco della mezzanotte lo abbracciai fortissimo, lui ricambió altrettanto forte, è quasi mi mettevo a piangere inutilmente.
- Questo è tuo. - gli porsi una scatolina.
Matt la aprì lentamente: era una collana con una chitarra, e dietro la scritta "Matthew". Era chitarrista e cantante nella sua band.
- Abby è stupenda. - mi abbracció velocemente. - mettimela. -
Lo aiutai a metterla. Gli stava benissimo.
- Grazie, grazie davvero Abby. -
- E di che? Spero tu possa passare un compleanno stupendo. -
- Mi dispiace che tu non ci sia domani al pranzo, però almeno ci vediamo la mattina. -
- Sì. -
Parlammo ancora e dopo una mezz'ora se ne andò.

Alle dieci ero al motel.
- Buongiorno, signora. - cercai di sorridere come meglio potevo.
- Ciao, Abby! Ho sentito che ieri sera è stato magnifico. Ringrazia tua madre da parte mia. Matthew ancora dorme in camera sua, sali pure. -
- Grazie, spero possiate passare una buona giornata in famiglia. -
Salii le scale e mi diressi nella stanza di Matt. Era aperta, ovviamente.
Entrai senza farmi sentire e poi mi buttai sul letto, sopra di lui.
Si svegliò di colpo.
- Vaffanculo. -
Ridemmo.
- Ti ho portato la colazione. -
Nel tragitto mi ero fermata a prendere dei donuts, cioccolato e fragola, come piacevano a lui.
- In poco tempo mi conosci già bene. Ti adoro. -
Ne fulminó uno in due secondi.

Rimasi lì fino alle undici, poi tornai a casa e passai tutto il giorno a studiare. Grace non sarebbe tornata il lunedì successivo, e perciò probabilmente sarei stata ancora in banco con Michael.

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