capitolo 15

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<<il mio corpo tremava, non so a causa di cosa, se per la tristezza, il terrore o l'ansia. Era un insieme di sensazioni che mi tengono inchiodata davanti a questa porta che sancisce la fine della mia vita in un certo senso. "devo ripeterlo ancora una volta? entra dentro e datti una mossa"  mi spinge con una mano sulla schiena, mi stringo nelle spalle
"no, io non voglio stare con te, dov'è il mio papà, voglio lui" piagnucolo. Stavolta per convincrmi ad attraversare la porta usa un approccio diverso... la sua grande mano entra in contatto con la mia guancia, che inizia subito a bruciare. Nessuno mi aveva mai dato uno schiaffo, papà diceva che esistessero approcci diversi e la violenza non era una soluzione a niente, questo è stato il mio primo schiaffo. Il primo di una lunga serie. 

Lacrime calde bagnano il mio viso, continuo a chiamare papà tra i singhiozzi. Dopo essere entrati all'interno io scappo subito su per le scale mentre lui entra in quella che credo sia la cucina, abbasso la maniglia della prima porta che mi si para davanti, è una stanza abbastanza piccola con solo un letto a due piazze ed un armadio.
Sento i suoi grossi passi che salgono le scale e faccio la prima cosa che mi passa per la testa, apro le ante dell'armadio che è completamente vuoto e buio, ci entro dentro , mi chiudo dietro le ante.
Qui dentro non si respira ci siamo solamente io e il buio che mi fa da amico, lo spazio ristretto e l'aria inizia a mancarmi, mi stringo le gambe al petto e mi rannicchio in qualche angolo, lo stomaco si serra l'aria non fluisce più nei polmoni. Chiudo gli occhi e cerco di ricordarmi come si respira, ma non ci riesco il mio corpo e scorso dei singhiozzi che cerco di placare e da brividi di terrore; sento la porta aprirsi e dei passi entrano nella stanza cerco di combattere il panico che si impossessa di me e mi fa smettere di respirare, ho la gola secca.
Vorrei gridare ma mi impongo di stare muta punto dopo qualche attimo la porta si chiude e saputo il borbottare allontanarsi. "Papà ti prego torna da me, non lo so a me con lui; non abbandonarmi anche tu." >>

Il suono della sveglia mi fa sobbalzare e mi strappa dal sonno. Mi alzo immediatamente a sedere con le palpitazioni e la fronte sudata.
Sono paralizzata i miei vestiti sono zuppi di sudore, la mia mente invasa da vecchi demoni e il mio corpo tremolante. È sempre la stessa storia ormai, vorrei dire di essermi abituata che ormai lo so gestire, ma non è così.
Fa sempre lo stesso effetto, il controllo riesce sempre a scivolare mi tra le dita. È come se delle grosse mani afferrassero per i fianchi e mi trascinassero in quell'abisso che ormai è casa mia. Mi prendo qualche minuto per uscire dal letto.

Vorrei piangere, urlare, sfogarmi, ma non lo faccio. 

Vado in bagno e, dopo essermi tolta i vestiti, entro in doccia e apro il getto dell'acqua fredda, mi insapono e mi risciacquo lentamente prendendomi tutto il tempo per metabolizzare e tornare alla realtà. Oggi ricomincio con le lezioni e la mia voglia è pari a zero.
Mi asciugo e indosso dei jeans e una felpa corta di cotone. Dopo aver sistemato la camera vado a fare colazione velocemente; esco di casa, devo passare a prendere anche Tif e oggi ho lezione alla prima ora.
Mi metto in sella alla mia moto indosso il giubbotto di pelle per evitare di prendere vento e di nuovo la febbre. Parto e, in poco tempo, sono davanti casa Anderson invio velocemente il messaggio a Tif, L'unica speranza che nutro al momento è di non vedere quella faccia da schiaffi di Ethan la sconsolazione del momento si è trasformata in rabbia e se me lo trovassi davanti non so cosa potrei fargli.

"Ehi tesoro scusami se ti ho fatto aspettare" la voce dolce di Tif si rivolge a me. 

"No tranquilla sali su!" Le rivolgo un sorriso tirato. 

Prende il casco che le porgo e sali dietro di me "come stai" 

"bene, a te come va con Travis? "

Mille spineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora