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Il freddo era sempre più persistente nella penisola sud coreana, facendo sì che tutti si rintanassero nelle loro case e tende, per chi ovviamente stava servendo la propria anima al paese. I due paesi si erano presi quella che poteva essere una tregua, troppo stanchi e infreddoliti tutti e due per poter continuare con il loro battibecco, soprannominato anche guerra per i comuni mortali.


-Aish, quando potremo accendere un benedetto fuoco?- imprecò Seungmin seduto in un angolo della tenda, cercando invano di riscaldarsi le mani. -Seungmin! È ciò che vuoi insegnare a Mi-yon?- lo riprese Yongbok riferendosi alla ragazza seduta con loro.

Quest'ultima in questione era legata ai ragazzi che l'avevano salvata dalla disgrazia del suo paese, ritenendo quei tre ragazzi troppi cresciuti dei fratelli, o quasi. -Va tutto bene Yongbok.- sorrise la mora riscaldandosi con la sua coperta in lana, regalata la prima volta da Jisung.

Passati vari minuti in cui i ragazzi nella tenda medica erano silenziosi e lasciavano che i loro sospiri viaggiassero con il freddo vento fuori nell'accampamento, Seungmin parlò. -Sapete, mi dispiace per Jeongin. Parlo della morte di Chan, lo ha segnato nel profondo.- sospirò triste per la condanna che il legame che i due ragazzi avevano venne spezzato solo a causa della guerra.

-Ho sentito da qualche parte che erano fidanzati. Anzi, si amavano addirittura.- spiegò poi Yongbok tenendo le sue ginocchia strette al petto, alla ricerca di calore o magari di conforto.

-Infondo era forse colpa nostra. Anzi, togliamo il forse. Aveva ragione Changbin hyung. Siamo degli incompetenti che hanno bisogno di essere protetti per poter sopravvivere in questo fottuto campo di guerra.- si iniziò a lamentare Jisung stringendosi nel suo cappotto marrone.

-Jisung non iniziare. Ci siamo arruolati qui per salvare le vite delle persone del nostro paese, non per salvarci la pelle dai nemici. Quello che è successo è ormai successo. Non possiamo farci niente, per ora dobbiamo solo pregare per la vita di Chan e per la salvezza del nostro paese.- lo ammutolì Yongbok.

-Jisung. Quel cappotto?- chiese Mi-yon che fino a prima aveva ascoltato quel battibecco dei ragazzi, indicando il tessuto pesante. -Vero! Non ti abbiamo mai visto con qualcosa di così costoso addosso, non dirmi. L'hai rubato?- chiese Seungmin con fare melodrammatico, portandosi una mano al cuore e guardando male l'altro -Ya! Ti sembra? Non mi capaciterei di rubare, l'ho... l'ho solo avuto in prestito.- abbassò le iridi sulle infradito ricamate in pelle che indossava.

(free feet pics for y'all)

-Uh-huh.- i due ragazzi presenti ridacchiarono sottovoce vedendo come il loro amico era diventato estremamente timido, cosa non tipica da parte sua. Jisung era un ragazzo solare ed estroverso. La timidezza era l'opposto della sua personalità, non si faceva intimidire da niente e nessuno. Tranne da un certo soldato rispettato dall'intero accampamento.

-Flashback-

Il caldo afoso regnava su tutti gli abitanti, la guerra era iniziata da poco. Jisung era un semplice studente universitario chinato giorno e notte sui libri a studiare medicina. Era appassionato del corpo umano a dismisura, tutte le malattie che lo potevano affliggere, come curarle e come lasciarle andare fino a portare alla morte.

-Jisung. Dobbiamo parlarti.- lo richiamò suo padre, durante una serata in cui era impegnato a realizzare un progetto cartaceo riguardo la peste bubbonica. -Arrivo.- sorrise all'uomo sulla cinquantina che ricambiò uscendo dalla stanza e lasciando che la quiete prima presente governasse di nuovo in quella stanza, dalle quattro mura colorate di un arancione chiaro.

Dopo aver sistemato i suoi curati appunti scese le scale, aprendo la porta della piccola cucina di casa loro. Insomma, non erano una famiglia benestante dei vecchi tempi ma riuscivano a cavarsela con i guadagni fino alla fine del mese. -Che succede?- chiese il ragazzo mostrando il suo sorriso gengivale che tanto sua madre amava. -Jisung caro, dobbiamo emigrare. Sta arrivando la guerra anche qui.- sospirò sua madre, le rughe segnate dalla fatica durante gli anni passati.

-Lo sappiamo che sei legato a questa città ma non abbiamo altra possibilità.- gli spiegò il padre poggiando una sua grande mano sulla sua spalla. -Ma... io, non...non c'è altro modo per rimanere qui?- chiese il ragazzo. La gola che iniziava a bruciare e le lacrime che minacciavano di uscire, ma che ritraeva per non mostrarsi debole davanti ai due adulti.

-Posso...posso arruolarmi! Sì! Posso entrare a far parte dell'esercito, tanto lo avrei dovuto fare prima o poi no?- chiese speranzoso il ragazzo.

Arruolarsi. Una cagata assurda. Invece di emigrare voleva rimanere lì in quel paese accecato dalla paura e dalla rabbia solo per non abbandonare ciò che amava.

-Vi prometto che starò bene. Voi emigrare in un altro paese e quando tutto sarà finito, vi raggiungerò.- sorrise ai due genitori che stavano iniziando a piangere, stringendo il figlio in un abbraccio famigliare.

-Vi voglio bene.- mormorò soffocando una lacrima solitaria sulla spalla di sua madre.

「3 mesi più tardi」

-Han Jisung!- urlò il comandante facendo rizzare la schiena del ragazzo in questione che portò la mano alla fronte, simulando il saluto militare. -Sì!- urlò mantenendo la sua espressione seria.

-In cosa sei specializzato!?- chiese l'uomo toccando la sua lunga barba. -Medicina, signor comandante! - urlò il ragazzo colpendo il piede per terra e creando un nuvolone di polvere. 

-Tenda otto! Il capitano Minho!- urlò un soldato chiedendo aiuto. -Vai Jisung! Lasciamo nelle tue mani uno dei migliori soldati!- gli sorrise il comandante Hwang indicandogli la tenda.

Alla quale il ragazzo si diresse correndo e con il panico che scorreva nelle vene. - Cosa sarà mai? Un proiettile? Una freccia conficcata in un braccio? Un coltello nel fianco? - iniziò a parlare a vanvera stringendosi le mani tremolanti. -Qui!- urlò un ragazzo corvino dal taglio scalato indicando un letto con sopra un ragazzo sanguinante. -Cosa...cosa è successo?- chiese Jisung esaminando il fianco del ragazzo in cui era conficcato un proiettile.

-Gli hanno sparato al fianco con un cecchino¹.- spiegò il ragazzo spostando il panno rosso dalla ferita del ragazzo.

-Hyunjin...sto bene.- rise amaramente il ragazzo cercando di alzarsi a sedere ma venendo bloccato da Jisung.

-Fermo. Hyung puoi portami dei guanti e le pinze?- chiese cortesemente Jisung continuando a fissare gli occhi scuri del moro davanti a lui.

-Mi chiedo, perché vi ostinate voi dottori a salvare le vite delle persone a voi sconosciute.- chiese il maggiore tossendo.

Aveva ragione. Perché ci teneva così tanto a salvare la vita di una persona che non conosceva neanche? Era spinto dalla vitalità? Dalla voglia di mostrare la sua bravura nella medicina? Non lo sapeva manco lui. Si dà il fatto che rispose in modo banale: -Non ci teniamo ad avervi sulla coscienza.- sospirò mettendosi i guanti che Hyunjin gli aveva posto. Prendendo un piatto di alluminio e le famose pinze.

-Tieni questo.- prese Jisung un panno umido portandolo alla bocca di Minho e obbligando a stringerlo per non urlare troppo dal dolore. -Farà male, ma cerca di resistere.- gli suggerì l'ex moro che si mise all'opera. Affondando la pinzetta nel buco, dopo averlo disinfettato, che si era formato a causa del proiettile e andando alla ricerca di quel piccolo pezzo di ferro. Minho gemeva dal dolore che quel benedetto colpo gli causava. Stringeva i pugni arrivando a rendere le sue nocche bianche e colpendo ripetutamente il letto sotto di lui.

-Ah!- urlò facendo cadere il panno dalla sua bocca quando Jisung era riuscito finalmente a rimuovere il proiettile dal suo fianco. -Tranquillo. L'abbiamo fatta.- gli sorrise calorosamente Jisung passando la mano sulla fronte sudata del ragazzo davanti a lui. -G-grazie.- riuscì a dire Minho rimanendo accecato dalla vitalità che gli occhi del minore emanavano.

-End of Flashback-


1: Per chi non lo sapesse, i cecchini esistevano prima del 1950.

Il primo che mi tocca Mi-yon insultandola lo vengo a cercare :D








𝓓𝓻𝓮𝓪𝓶 𝓦𝓪𝓻 .♔︎. 𝓜𝓲𝓷𝓢𝓾𝓷𝓰Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora