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Le settimane e i giorni continuavano ad avanzare man mano, ed insieme ad essi anche la guerra e la povertà che aveva colpito i due paesi. Eravamo in pieno inverno quando le raccolte di cibo avevano iniziato a scarseggiare.

Erano segnate le otto di sera nell'accampamento sud coreano. I soldati erano radunati davanti al fuoco, accompagnati da bicchieri di soju.

Jisung si era ostinato a non partecipare a quella che sarebbe presto diventata una giungla di soldati che urlavano a destra e manca senza ritegno.

Ora era seduto sotto il tronco di un albero sul fondo di quel grande accampamento composto da quasi 40 tende grandi abbastanza da accogliere cinque persone.

Stava scrivendo una lettera che avrebbe presto spedito ai suoi genitori. Quest'ultimi avevano deciso di emigrare in Malaysia ritrovando un lavoro tutti e due e vivendo la vita che pure loro figlio voleva.

- Cosa stai facendo? - lo interruppe una voce a lui famigliare, facendolo sussultare e spostare la sua penna ricoperta di inchiostro per non sporcare il foglio.

- Scrivo. - rispose alzando lo sguardo su quel viso che aveva ormai studiato a memoria. Le ciglia folte e lunghe che si intrecciano con i capelli, quest'ultimi baciati dalla fioca luce che la luna mostrava timidamente, lasciando ribelli uno o due ciuffi mori. Gli zigomi alzati all'insù insieme alle labbra che mostravano un sorriso sghembo. Gli occhi a mandorla felini, capaci di scavarti la pelle.

- Alla signora Han? - chiese Minho sedendosi su un masso accanto a Jisung e leggendo quelle poche righe scritte.

- Puoi salutarmela? - sorrise indicando con la testa il foglio sciupato agli angoli e scritto con una calligrafia disordinata.

- Mmh. - sorrise il ragazzo con le guance paffute tinte di rosso a causa del freddo.

E iniziò così a scrivere ciò che il suo hyung gli aveva chiesto di fare.

Aomma, ti saluta Minho hyung. Il ragazzo di cui ti avevo parlato nella scorsa lettera.

Scrisse mostrando poi il foglio a Minho che annuì sorridendo.

- Hai già parlato a tua madre di me? - chiese strappando dal terreno un paio di fiori assieme a dei ciuffi d'erba e giocandoci.

- Sì. Ti conosce come il ragazzo che ho salvato. - sorrise ricordandosi la prima volta in cui aveva salvato l'anima di una persona, addolorata dalle conseguenze della guerra.

- Grazie. - disse calorosamente Minho lasciando che le sue labbra si piegassero in un mezzo sorriso.

- Ancora mi ringrazi? - rise al ricordo di quante volte Minho lo aveva ringraziato.

- Che vuoi che faccia? Ti maledica? - chiese con fare ovvio. Gli occhi che non incontravano la figura accanto a sé, ma anzi, erano puntati sulla cerchia -satanica- di soldati che si era creata.

- Non ci tengo. - sospirò il ragazzo.

- È da quando ci siamo seduti a pranzare che sospiri. Ti turba qualcosa? - chiese sapendo che prima o poi Jisung ne avrebbe parlato.

Era sempre stato così tra di loro. Jisung cerca di nascondere il suo stato d'animo e Minho toglie quella copertura, obbligandolo a dire tutto. Eppure non era il contrario. Minho quando stava male non si disturbava a tenersi tutto dentro, ormai per lui era normale sfogarsi con chiunque.

E ciò non perché volesse essere al centro dell'attenzione o per altro, ma perché era il suo modo di fare. Fin da piccolo sentiva sempre il bisogno di sfogarsi anche per il minimo indispensabile, non capiva ancora se avesse ereditato quel modo di fare da uno dei suoi genitori, ma si auto-lusingava per essere così, così sfacciato al punto giusto.

Jisung vedendo come Minho si sfogava tranquillamente con lui si sentiva in un modo o nell'altro speciale. Sentiva che Minho riponeva la sicurezza in lui e ciò riscaldava il suo cuoricino sempre agitato.

- Stavo pensando a ciò che succederà in futuro. Quando la guerra sarà finita, dove saremo noi? Saremo morti mentre combattevamo? Saremo vivi? Tutto questo non mi piace. - disse arricciando in naso.

Aveva paura? In parte. Era ansioso? Forse, forse dire che era ansioso era il termine esatto. Spaventato di come la sua vita da semplice medico in un esercito sarebbe cambiata e ansioso di sapere quando sarebbe cambiata.

- Finché saremo tutti qui assieme, il resto del mondo potrà andare all'inferno. Sarà egocentrica come cosa, ma credimi. Finché io, te e i nostri cari staranno bene il mondo potrebbe anche sparire sotto i nostri piedi. - gli sorrise il maggiore.

- Mangia ora. - gli porse una piccola fetta di cheesecake¹, che aveva prontamente rubato dalla mensa militare.

- Grazie Minho. - sorrise Jisung lasciando in mostra il suo amorevole sorriso gengivale che era capace di sciolgere qualsiasi scudo di freddezza.

Minho non rispose ma gli regalò una dolce carezza sulla guancia, dopo essersi assicurato che nessuno gli stesse guardando.

Insomma, siamo comunque nel 1950. Le relazioni omosessualità non sono sicuro qualcosa di perfettamente normale e amate dalla società.

Ma i due giovani non potevano farci niente, per loro se si ama qualcuno lo si fa senza badare al sesso e al genere. Per loro amore era amore.

Ma quello era solo un pensiero, perché non sapevano se era amore quella sorta di chimica che viaggiava tra di loro, fondendosi nelle loro vene e giungendo fino ai loro cuori, rendendoli uno dipendente dall'altro. E non si sapeva mai se in senso o negativo.

Jisung quando finì di sgranocchiare il dolcetto alzò un pollice in sù verso il ragazzo accanto a lui per intendere che era di suo gradimento.

- Sono felice ti sia piaciuto. - gli sorrise il suo hyung pizzicando una delle guance gonfie del minore.

- Oh, mi sono ricordato. - lo fermò quest'ultimo girandosi e prendendo da dietro il tronco dell'albero il cappotto di Minho.

- Tieni. - gli porse il tessuto marrone pesante.

- Potevi tenerlo ancora un po'. - scherzò Minho. Ma anche lui dentro di sé voleva vedere quel minuscolo ragazzino con addosso le sue vesti.

- Quegli stupidi di Yongbok e Seungmin avevano iniziato a far domande inopportune. - sbuffò al ricordo dei due amici che lo deridevano.

- Minho! Jisung! Unitevi! - urlò un selvaggio Yongbok ubriaco che traballava con in mano un piccolo bicchiere di soju e con al suo fianco Changbin intento a tenerlo d'occhio nel caso svenisse o perdesse l'equilibrio.

- Andiamo? - si alzò il maggiore porgendo la sua mano caratterizzata da tagli -causati da coltelli- al minore e aspettando che la afferrasse.

- Andiamo. - parlò quest'ultimo alzandosi e cingendo il suo palmo a quello di Minho.

1: Le cheesecake sono state inventate nel 1872 quindi a quei tempi era facile che le persone le mangiassero, anche se credo che molto probabilmente in una mensa di un accampamento non ci siano, ma ci tenevo a questo mini dettaglio:)

𝓓𝓻𝓮𝓪𝓶 𝓦𝓪𝓻 .♔︎. 𝓜𝓲𝓷𝓢𝓾𝓷𝓰Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora