52- DAVID

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Seduto alla scrivania del mio ufficio, fissavo lo schermo del pc senza vederlo davvero. La mia mente, come al solito, era da tutt'altra parte.

«Ti va di unirti a me per mangiare qualcosa?» mi propose Henry all'ora di pranzo.

«No. Prenderò solo un caffè» risposi senza la minima gentilezza. Avrei potuto accettare, ma non avevo voglia di andare con lui. Sapevo già che avrebbe colto l'occasione per pormi domande su come mi sentivo e non avevo voglia di rispondere.

Così, presi la giacca e lasciai l'ufficio prima di lui.

Una volta fuori, entrai nel solito locale e ordinai un caffè. Mentre attendevo, guardai distrattamente le persone che affollavano l'ambiente.

C'erano moltissimi avventori, soprattutto impiegati degli uffici della City, venuti lì per concedersi uno spuntino o qualcosa di caldo in quella giornata uggiosa.

All'improvviso, due occhi gelidi catturarono la mia attenzione. Alcune persone mi coprirono la visuale e, per un attimo, credetti di essermi sbagliato. Quando potei vedere di nuovo, però, mi resi conto che lui era lì e i suoi occhi freddi erano fissi su di me, come se mi stesse trasmettendo un messaggio silenzioso ma che potevo capire.

Ciao, David. A quanto pare le nostre strade si uniscono di nuovo. Anzi, non si sono mai separate, era esattamente ciò che mi stava comunicando quello sguardo.

Una sensazione spiacevole mi artigliò. Ci fissammo per un interminabile istante, poi distolsi lo sguardo, incapace di sopportare la potenza magnetica di quegli occhi e mi fiondai fuori. Non sarei stato in grado di resistere un minuto di più in quel locale con la presenza di quell'uomo poco lontano da me.

All'esterno, trassi un profondo respiro, ma sentivo la tensione scorrere dentro di me. Com'era possibile che lui fosse lì? In una città tanto grande, perché lo avevo rivisto? Lui non frequentava quella zona, per quale motivo era venuto proprio in quel locale? Sapeva, forse, che mi avrebbe incontrato?

Milioni di domande mi soffocarono. Mi diressi verso l'edificio della Anderson Publishing e mi affrettai a raggiungere il mio ufficio, desideroso di nascondermi, di sentirmi al sicuro.

Sei libero, adesso. Quell'uomo appartiene al passato, cominciai a ripetermi. Dentro di me, però, qualcosa mi diceva che non era così, che in qualche modo sarei sempre stato legato a quel passato perché faceva parte di me.

Sedetti alla scrivania, mentre sentivo l'illusione di libertà che mi ero creato svanire come neve al sole.

Mio fratello rientrò poco dopo e andò nel suo ufficio.

Ero grato che fossimo separati perché non avrei sopportato il suo sguardo indagatore.

Nel silenzio potevo udire il ticchettio delle sue dita sulla tastiera del computer provenire dalla stanza accanto e qualche voce in lontananza. Un ambiente tranquillo, un ambiente comune, eppure io continuavo ad avvertire la tensione.

Sapevo di dovermi mettere al lavoro, ma non ci riuscivo. La mia mente era ancora fissa su quegli occhi che mi scrutavano dalla parte opposta del locale.

«David...» La voce di Henry fu come un colpo di spugna che cancellò i miei pensieri.

Era fermo sulla porta e mi stava fissando. La cosa mi irritò.

«Che vuoi?» chiesi brusco.

«Cos'è successo? Hai cambiato umore...»

«Niente. Non è successo niente» tagliai corto. Lui non avrebbe capito, non sapeva come stavano le cose.

«Sei sicuro?»

Mi sforzai di mantenere la calma. «Sì.»

Henry annuì, poi mi mise davanti alcuni fogli e mi disse qualcosa, ma io non lo stavo già più ascoltando.

Lui era sereno, aveva una vita tranquilla, non poteva nemmeno immaginare quello che avevo passato io. Non lo invidiavo, certo. In fondo, gli volevo bene. Era pur sempre mio fratello, ma non sopportavo che desse per scontato che, se lui era felice, avrei dovuto esserlo anch'io.

A me era bastato rivedere quegli occhi gelidi per sentirmi sprofondare.

                                ***

Quando arrivai alla villa, andai subito a cercare Anna. Avevo bisogno di lei. Sapevo che mi avrebbe aiutato a togliermi di dosso l'angoscia che mi aveva causato rivedere quell'uomo.

La trovai in salotto con i miei nipoti. Non appena mi videro, Paul e Tommy corsero da me. Mi chinai ad abbracciarli. La loro purezza di bambini allontanava da me lo schifo dei miei pensieri e mi faceva sperare che il mondo non fosse così oscuro come lo vedevo io.

Li tenni stretti più del solito come per assorbire un po' del loro buonumore, poi mi avvicinai ad Anna.

«Ehi...» L'abbracciai, incurante che i bambini fossero lì con noi. Le rubai un bacio e affondai il viso contro il suo collo.

Lei si accorse che ero teso. «David, che cos'hai?»

«Niente, ho solo voglia di te» le sussurrai.

Sorrise e io la strinsi di più, baciandole il collo.

«Ci sono i bambini» mi ricordò dolcemente, ma prima di staccarmi da lei, le diedi un altro bacio.

«Lo zio David vuole molto bene ad Anna!» esclamò Paul allegramente.

Alle parole del bambino scoppiammo a ridere, poi Anna disse: «Ti prometto che dopo sarò tutta per te, ma adesso no. È quasi ora di cena e...»

«Non so se resisterò fino a dopo» la interruppi.

«Devi.»

Con la promessa che più tardi l'avrei avuta per me, accantonai momentaneamente il desiderio che provavo e le chiesi: «Che cosa hai fatto oggi senza di me?»

«Non ci crederai ma Claire è venuta a chiedermi scusa e mi ha proposto di diventare sua amica.»

«Sul serio?»

«Sì. Siamo anche andate con i bambini fino alle scuderie. È stato strano conversare con lei come se non mi vedesse come una rivale, ma tutto sommato è stato un pomeriggio gradevole.»

«Non sai quanto questa notizia mi faccia piacere.» Apprendere che Claire si era impegnata per non essere tanto cattiva verso Anna era un sollievo. Avevo sperato che lo facesse ma, conoscendo Claire, sapevo che non sarebbe stato facile convincerla, invece sembrava proprio che avesse deciso di comportarsi da persona adulta e non da ragazzina capricciosa come si comportava di solito. Se fosse andata d'accordo con Anna non avrei dovuto prendere decisioni drastiche che non avrei mai voluto neppure considerare, come per esempio allontanare Claire. Non volevo farlo, sapevo che ci sarebbe stata male, ma era anche vero che al primo posto c'era e ci sarebbe sempre stata Anna ed era mio compito proteggerla dagli attacchi di Claire. Adesso che la situazione tra loro sembrava essersi chiarita, avrei potuto mantenere i rapporti con Claire senza temere alcunché.

«Che abbia deciso di ascoltare le tue parole e smettere di essere tanto astiosa nei miei confronti?»

«Mi auguro di sì.» Profondamente sollevato, le sfiorai un'altra volta la bocca con la mia poi, controvoglia, mi staccai da lei.

The Mind Owner - 1 La tua mente è miaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora