Capitolo II

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L'autunno era diventata di colpo la stagione più brutta di tutte agli occhi di Mattia.

Non si ricorda chi nel gruppo degli amici di Dario ebbe la brillante idea di andare al mare in campeggio in pieno settembre, ma non fu per niente simpatico: piovve per tutti i giorni di vacanza e in spiaggia ci andarono con le felpe e i jeans, giusto per coronare un soggiorno spaventoso in una piazzola fangosa.

Come se tutto ciò non bastasse, il ragazzo del protagonista aveva ben deciso di rubargli il telefono mentre dormiva per leggere le sue vecchie conversazioni con Mirko. Un brutto presentimento aveva fatto svegliare il biondino, e aveva l'aveva beccato impegnato nel leggere dei messaggi su whatsapp.

"Che cazzo stai facendo?" Gli chiese alterato. Ma passò subito dalla parte del torto perché, tornando indietro di qualche mese, aveva trovato quel famoso dialogo in cui diceva al suo migliore amico di finirla qui, che questa cosa non sarebbe potuta andare da nessuna parte, alle spalle di Dario. La coppietta non più tanto felice dovette stare in piedi tutta la notte a discutere sulla sua versione dei fatti, e il più giovane dei due ci provò davvero a giustificare il più possibile le sue sporche azioni, ma non c'era verso di farsi veramente capire. Si era comportato in un modo abominevole, ma non riusciva a immaginare una tale presunzione da pensare di non aver mai fatto niente di male in due anni. L'aveva tradito, sì, ma prima si era sentito umiliato e preso in giro. Si sentiva come se il più grande torto fosse non averlo lasciato prima.

Ma non lo fece nemmeno ora. E non fu nemmeno lasciato. Con un'abilità impressionante di vittimismo, il ragazzo con i capelli castani convinse il suo partner di dover strisciare per meritare il suo perdono, che ne sarebbe valsa la pena per il loro amore.

Invece Mattia si sentiva una scatola vuota, che appena veniva aperta poteva risucchiare tutto e farlo sparire in un grosso buco nero. Il suo disturbo alimentare l'aveva ridotto a un niente, e nessuno aveva fatto nulla per farlo sentire come se non fosse migliore di così.

Odiava l'autunno, lo odiava con tutto il suo cuore, soprattutto perché gli ricordava quella notte piovosa, in cui perse l'unica cosa a cui era rimasto appeso mentre si faceva sparire in un grumolo di niente. Era una stagione grigia, una stagione inutile, una stagione che puzzava di morte.

Al ballerino piacevano le figure retoriche da sempre, e si era deciso a crearne una per sdrammatizzare o dare finalmente un senso a tutta quella situazione. Nella moltitudine di foglie secche, strappate alla loro fonte vitale, lui aveva deciso, finalmente, di accendere una fiamma ardente, creandosi una nuova vita, partendo da zero, creando un ossimoro. Quando si strinse un po' di più nel suo giubbino di pelle, nella solitudine mattutina del cortile dell'Accademia, non pensò a quanto triste fosse quel cielo grigio, ma a che bella composizione creasse con lo stucco di quell'edificio malconcio e i ciottoli che stavano adagiati sul suolo polveroso. La palette di grigi poteva avere il suo fascino se la guardavi con lo spirito adeguato. Il freddo vento di ottobre si poteva anche sopportare per quella meraviglia per gli occhi. Anche lui si sentiva una triste sfumatura di grigio, qualcosa di monotono, di anonimo e spento. Ma alla fine il grigio è un'unione tra bianco e nero, tra luce e buio, e il numero di soluzioni della somma dei due è infinita. Che anche lui potesse essere visto come una macchia affascinante?

Erano le 8.00 e le lezioni non sarebbero iniziate prima di mezz'ora. Non vedeva nessuno dei suoi compagni di corso lì, per cui prese il telefono e si fece coraggio.

"Chi è in anticipo in accademia oggi?" Scrisse nel gruppo.

Gli arrivarono un paio di risposte, tra cui Marco e Luca, che annunciarono di arrivare entro dieci minuti, e Rea che sostenne di essere già arrivata. "Sono alle macchinette al piano del corso di decorazione". E Mattia la stava per raggiungere, quando vide delle lentiggini entrare dal cancello principale. Si gelò sul posto, perché stavano venendo proprio verso di lui. I suoi occhi azzurri non riuscirono a staccarsi per un attimo: se possibile Christian quella mattina era ancora più bello del giorno prima. Indossava una felpa porpora, che si intonava perfettamente al suo incarnato, aveva i capelli stranamente spettinati e gli occhi un po' assonnati ma un sorriso splendente. Un sorriso che era rivolto esclusivamente a lui.

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