Capitolo VII

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Mattia odiava il confronto. Non sapeva se fosse mancanza di coraggio o semplicemente una predisposizione al dialogo che lui non aveva ricevuto nel suo pacchetto genetico, ma appena si accorgeva dell'imminenza di una lite tendeva a scappare, a correre via, a essere ovunque fuorché nel luogo dello sfortunato evento, anche se lui magari, non c'entrava.

Aveva visto spesso i genitori partecipare a delle conversazioni animate davanti a lui, prima che divorziassero, che magari neanche potevano essere definiti litigate, e forse il suo senso di disagio era iniziato proprio lì, quando si ritrovava con le orecchie tappate dalle mani di Saverio, suo fratello maggiore, e nemmeno sentiva, ma c'era qualcosa nell'espressione di entrambi che lo segnò involontariamente per sempre.

E se n'era reso conto proprio quando lui e Dario brancolavano nel buio della loro relazione. Dopo l'episodio del telefono rubato in tenda qualcosa tra loro si era definitivamente spezzato. E va bene il torto che aveva subito, va bene il dispiacere e va bene anche la rabbia, Mattia aveva capito tutto senza nemmeno sforzarsi, ma ora ogni scusa era buona per far partire una ramanzina che non aveva né capo né coda. E il tempo per trovare una tattica per evitarla ogni volta, richiese un'enorme quantità di tempo.

Il biondino si trovava spesso a raccontargli della sua giornata: magari per spezzare la sua ansia di trovarsi in palestra, mentre correva sul tapis roulant, rompeva ulteriormente il suo fiato già corto per condividere momenti che riteneva poter essere interessanti e divertenti, giusto per fare conversazioni tranquille. Ma si rese conto nel giro di poco che il suo legame con Christian fosse pericoloso in quel campo. Quello poteva, per forza di cose, rappresentare un oggetto di discussione.

A causa delle numerose ore passare in sua compagnia in Accademia, i suoi argomenti finivano sempre lì, un po' perché era anche la persona con cui aveva legato di più, un po' perché era sempre nei suoi pensieri, e finiva di conseguenza nelle sue parole.

"Mi parli sempre di questo tizio. Ma chi è?" Chiedeva stizzito Dario rallentando.

"È un amico" si giustificava il più giovane col battito accelerato.

"Devo preoccuparmi di lui?"

"No, penso sia anche etero" rispondeva per schivare domande scomode o inutili, mettendo quindi in atto la sua solita routine per stroncare il tutto sul nascere.

E andava sempre così, giorno dopo giorno, e sarebbe dovuto arrivare il momento di sputare la verità. Ma non era quello.

E non era nemmeno quella sera in macchina, mentre rientrava da Firenze, seduto nel sedile del passeggero della tanto amata macchina del ragazzo. Il solo salirci provocava a Mattia una scossa di fastidio. Tutte le ore passate a preoccuparsi di quel catorcio, del suo scarico da pulire, di lavarla anche se era già limpida, di andare ai raduni, di cambiarle i cerchioni e via dicendo, avrebbero potute usarle per stare insieme, per farsi le coccole davanti alla stufa a pellet, a guardare qualche film idiota alla tv o a giocare a videogiochi in compagnia. Invece, a quanto pare, era l'unico a preoccuparsi della loro relazione.

Appoggiò la testa al finestrino in un sonoro sospiro che poi, tirando le somme, avrebbe tanto voluto trattenere.

"Cos'hai?" Chiese la voce distaccata del guidatore. "Non ti sei divertito?"

Sapessi, pensò Mattia. "No, non è quello, mi sono divertito" forzò un sorriso mentre lo guardava con la coda dell'occhio. Si sorprese a non trovarlo più attraente come una volta. "Ho visto un sacco di cose belle, ho passeggiato con i miei nuovi amici e ho fatto un sacco di foto. Dopo te le faccio vedere"

Vide il suo ragazzo fare un sorriso per una volta sincero. Sapeva quanto fosse orgoglioso di vederlo sereno, e in quei momenti pensava che lo amasse ancora, in contrasto con i momenti no in cui sembrava eclissarsi per evitarlo.

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