Capitolo X

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Mattia a volte avrebbe voluto riprogrammare il suo cervello da zero: togliere i brutti pensieri, le paranoie, le insicurezze, tutti i traumi che l'avevano portato al posto orribile in cui si trovava ora e, infine, tutti i suoi limiti. Ma non perché fosse così presuntuoso da pensare di meritare una vita serena e un pochino più spensierata, o da pensare che in generale fosse possibile, ma perché era semplicemente stufo di portare quel mattone così pesante sullo stomaco ogni giorno della sua vita.

Aveva sempre pensato che, comunque, chi presentasse una grande fiducia in sé, e avesse di conseguenza una vita semplificata, avesse in realtà solo un grande talento nel bluff. Certo, era possibile, in certe circostanze, avere fiducia in se stessi, ma il trucco era sempre lì, nella finzione. Era quella che ti portava a convincere gli altri che valessi più di uno zero.

Il grande esempio lampante di questa tesi era Alice, la sua migliore amica delle superiori, la sua compagna di banco fino all'ultimo giorno di scuola.

Alice era una ragazza carina, con un viso piccolo e un corpo praticamente perfetto, una cascata di capelli color caramello sempre ordinata e due grandi occhi chiari che le davano quell'aria dolce ed educata che non finiva mai di sbattere in faccia a tutti. La ragazza, inoltre, aveva un'autostima tale da poter convincere il mondo intero dell'impossibile; quando camminava per la strada alzava in mento in un modo così fiero da sembrare l'erede al trono di qualche regno incantato e quando parlava era così persuasiva da far andare i suoi interlocutori in brodo di giuggiole.

La verità che imparò il latinista, però, è che l'amica poteva essere invidiata per moltissimi aspetti.

Aveva avuto una vita facile, anzi, facilissima: aveva avuto la fortuna di nascere in una famiglia piena di amore, con due genitori disposti a dare la vita per l'altro, una sorella affettuosa e un gatto che sembrava uscito da un film da tanto era pacato e coccolone. Era anche cresciuta in un ambiente che sicuramente aveva contribuito a farla diventare la ragazza che era: amici affidabili, scuole che l'avevano sempre spronata e mai sminuita, nonni e zii disponibili e, dulcis infondo, Alice era un asso nella ginnastica ritmica. La sua vita girava così tanto intorno a quello sport che passava ogni pomeriggio fino alle dieci di sera chiusa in palestra ad allenarsi. Non aveva nemmeno tempo di studiare o fare i compiti, di solito recuperava durante le altre ore vuote a scuola, oppure si faceva dare una mano da Mattia che, succube, l'aiutava in silenzio.

Sebbene ogni voto alle verifiche e alle interrogazioni della ragazza fosse stato pompato dagli appunti del biondino, lui non avrebbe mai minimamente pensato che fosse merito suo. Tanto Alice, in ogni caso, avrebbe trovato una soluzione anche se avesse lasciato tutto in bianco, perché lei era fatta così, sapeva fingere di primeggiare in tutto.

Ed era così, appunto, anche nel suo sport. Mattia non se ne intendeva per niente, ma quando era andato a vedere il suo spettacolo era rimasto ammaliato dai suoi movimenti, dalle sue capacità atletiche, ma ora, ripensandoci, forse era stato psicologicamente depistato dai suoi auto elogi, dai racconti delle sue imprese che sembravano pari a quelle di un soldato che aveva portato alla vittoria il suo esercito solo con il suo fucile.

Ogni giorno, comunque, non perdeva occasione di sbattere in faccia a tutti la sua presunta superiorità. Che poi potesse essere una buona amica e ascoltatrice e un'ottima compagna di avventure, quello era comunque certo. I due ragazzi ne avevano passate di ogni colore nell'adolescenza: a partire dalle scottature alla pelle al lago d'estate, tanto da lasciare a entrambi un colorito da aragosta, alle serate in discoteca e alle gite domenicali fuori porta prendendo un autobus che non sapevano nemmeno dove li avrebbe portati.

Mattia era affascinato da lei, tanto da provare un'ammirazione malsana, tanto da desiderare di essere un po' come lei ogni sera prima di chiudere gli occhi.

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