Capitolo VI parte 2

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"Hai un buon sapore" constatò Christian mettendo su un sorriso timido.

Mattia quasi si sciolse a quella visione. Finalmente il suo volto dai tratti così delicati e decorato da tutte quelle lentiggini, veniva accompagnato da un'espressione armoniosa. Non era mai stato più bello di così.

Si rese conto di essere rimasto impalato, con lo sguardo incantato su quel bel faccino quando, la sua voce di nuovo fece capolino nei suoi pensieri.

"Di' qualcosa bimbo, se no mi viene voglia di baciarti di nuovo"

E il biondo lo avrebbe voluto, forse anche troppo, forse in un modo che non gli era assolutamente consentito volerlo. E si stava avvicinando lui stesso stavolta, ma quella piccola parte di coscienza che era tornata a fare peso, gli diede uno schiaffo da dentro.

"Scusa" riuscì a dire a fior di voce.

"Scusa di cosa?"  L'espressione sinceramente confusa del moro lo fece arrossire.

"Scusa, non dovevo permetterti di farlo" provò a prendere delle distanze che non voleva ottenere veramente.

"Non dovevi o non volevi?" La mano forte del ballerino di hip hop stava ancora sulla sua nuca, incastrata tra i capelli chiari.

"Non dovevo" specificò il latinista cercando di essere il più sincero possibile, con lui, ma anche con sé stesso. Certo che lo voleva, erano settimane che lo voleva, era da quel fottutissimo giorno in cui erano stati costretti a guardarsi negli occhi così a lungo per quel ritratto che lo voleva, ormai era inutile negarlo. Ma non avrebbe dovuto cadere in tentazione, perché era moralmente sbagliato, perché non avrebbe dovuto volerlo, perché ora, nella sua testa, ci dovrebbero essere state un altro paio di labbra.

"Tranquillo, Matti, di certo non sono così stupido da andare a raccontarlo a Dario. Sicuramente non ho voglia di prendermi uno schiaffo" gli fece un occhiolino e finalmente si allontanò e tornò a guardare fisso a sé con un'espressione serena.

Mattia si rese conto che quella era la prima volta che chiamava il suo ragazzo con il suo nome di battesimo e non con qualche nomignolo strafottente. Rimase stupito dalla cosa mentre non aveva ancora smesso di guardarlo.

"Perché mi guardi?"

"L'hai chiamato per nome"

"Non chiamo più Faccia da culo un tizio che ha quello che vorrei io. Poi sembrerei invidioso" lo disse con una spontaneità che quasi fischiò nelle orecchie del suo interlocutore, ancora comunque troppo occupato a guardare come sbattevano delicate quelle ciglia lunghissime sulle sue guance.

Il suo cuore, intanto, marciava con passi pesanti.

"Mi vorresti?" Gli chiese incredulo.

"Non è forse ovvio?" Il suo naso, in uno scatto, si strofinò su quello del più giovane, che venne scosso da un'ondata di pelle d'oca per tutto il corpo.

Ce l'aveva così vicino che poteva iniziare a sentire la texture delle sue labbra, leggermente ruvida a causa del freddo vento di inizio novembre, e dall'umidità della nebbia.

Si morse l'interno della guancia per cercare di resistere il più possibile.

"Non rendere così palese che fatichi a resistermi, se no crollo anch'io" gli sussurrò a due millimetri di distanza.

E di sicuro uno dei due avrebbe mollato, di sicuro in altre circostanze quel momento sarebbe finito con un altro bacio, uno di quelli che agonizzi per pochi minuti ma che quasi ti facevano bruciare la lingua.

Ma la voce di Rea, ignara di tutto, si intromise separandoli definitivamente.

"Mattia tira fuori la Canon, guarda che panora...oh, scusate!" Si mise la mano a tapparsi la bocca ma non riuscì nemmeno lontanamente a trattenere un ghigno. "Non volevo interrompere niente".

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