Capitolo XIII

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Mattia aveva una grande selettività per quanto riguardava le persone di cui si poteva fidare.

Quando era un bambino, però, era un chiacchierone e non esitava minimamente a raccontare i suoi segreti a tutti. Era innocuo, forse anche un po' ingenuo, ma gli piaceva l'idea di poter considerare amici tutti quelli con cui parlava. Nonni, zii, cugini, compagnetti e i genitori, vicini di casa e commessi dei negozi. Sembrava che tutti conoscessero quel bambino minuto, forse troppo per la sua età, con due occhioni smisurati e una vocina squillante. Gli piaceva vedere sorridere gli altri quando raccontava i giochi che faceva con i suoi compagni, gli piaceva condividere le sue marachelle e ciò che combinava a scuola. Stava simpatico a tutti, e tutti stavano simpatici a lui; ogni persona attorno a lui era un'ottima occasione per chiacchierare e poter fare amicizia. L'allora bambino si sentiva felice quando stava con gli altri, quasi come se si nutrisse di sorrisi, di risate, di parole, e delle loro confidenze.

Non sapeva nemmeno quando tutto ciò gli fosse crollato davanti. Forse quando suo padre andò via di casa facendogli intendere che di lui e delle sue chiacchiere non gliene importasse molto, forse quando morì il nonno e capì che tutti gli altri, a confronto, sembravano disinteressati, o forse da quando la sua mamma, per tenere in piedi la famiglia, si spaccava la schiena di lavoro e non aveva più tempo per starlo a sentire. E tutto ciò poteva essere parte di una grande e valida motivazione, ma Mattia, sotto sotto, immaginava ci fosse ben altro.

Un salto nel tempo, uno grosso, uno ben distante dall'infanzia. La malattia l'aveva chiuso come un girasole di notte. Tutti gli sembravano distanti e nessuno lo capiva; nemmeno lui stesso, forse. I suoi segreti diventarono pesanti e, quando li condivideva, sembravano tutti volerlo giudicare per farlo sentire sempre inadeguato.

A 19 anni Mattia non aveva amici così stretti. Gli piacevano ancora le persone, molto, si sentiva addirittura perso senza gli altri, ma dopo essersi forzato ad abbandonare Alice, non gli era rimasto nessuno.

Aveva Dario, certo, ma c'erano cose che non potevano essere spifferate a lui. C'era Mirko, anche, ma lui era così dentro al loro rapporto da rischiare di reagire troppo male ai suoi momenti no. C'era Saverio, ma ormai da anni aveva innalzato un muro alto quanto i soffitti del loro appartamento in campagna.

Il biondino si sentiva sconsolato, solo come una tessera di un puzzle che era andata perduta.

Si sorprese quando, nella fatidica estate, quella della sua maturità, una ragazza della compagnia di Dario, Silvia, si era avvicinata così tanto da diventare una delle sue migliori amiche. L'aveva fatto sentire libero quando, in altre occasioni, sapeva di essere in gabbia, gli aveva ricordato cosa volesse dire respirare, godersi questa miserabile vita, vivere e sorridere veramente, coinvolgendolo in mille attività, assicurandosi ogni minuto che stesse bene, offrendogli sempre una morbida spalla su cui piangere.

Ma tutte le medaglie hanno due facce.

Questa ragazza era un uragano e non aveva problemi a fare amicizia e a entrare nel cuore di tutti. Fu solo una questione di secondi prima che anche Mirko si affezionasse a lei, e ancora meno che i tre uscissero sempre in tripletta.

Silvia fu la prima a scorgere qualcosa tra i due amici che, dopo quel bacio clandestino, non avevano mai smesso di guardarsi con sguardi colmi di tensione.

"Mirko è innamorato di te" aveva detto la ragazza al biondo.

"Lo so" aveva risposto facendosi scappare la sua ovvietà.

"In che senso lo sai?"

E Mattia si trovava così bene in sua presenza che non esitò più di pochi secondi ad aprirsi totalmente con lei. Lo fece senza pensarci troppo, in preda alla nostalgia di potersi legare in modo così profondo con una persona da potersi dire tutto.

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