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Simone ha la strana abitudine di andare a fare colazione a casa di suo padre. Strana perché, di solito, appena una persona si sveglia, la prima cosa che fa - dopo essere andata in bagno, è andare in cucina e mettere la moka sul fornello. Per Simone, invece, no. Lui preferisce rifare il letto e sistemare ciò che trova fuori posto, perché è fissato con l'ordine, poi fa la doccia, si veste e va a casa del padre.
Le uniche eccezioni sono i giorni in cui deve correre, ad esempio quando ha esami da dare e deve muoversi per non ritardare all'appello.

Da quando si è trasferito da solo in quell'appartamento, più o meno cinque anni, non ha mai perso quest'abitudine. All'inizio gli serviva per sentirsi meno solo, perché era abituato a chiacchierare con il padre, mentre reggeva la tazzina di caffè in una mano e nell'altra il quotidiano che non mancava mai; alla nonna che gli faceva trovare il latte caldo, il caffè fumante e i suoi biscotti preferiti. Poi è diventata semplicemente abitudine, e anche se Simone ha amici con cui andare a fare colazione ogni mattina, lui a quel rito con la sua famiglia non rinuncia mai.

Quella mattina, come al solito, esce dalla porta di casa sua, la chiude e si dirige verso l'ascensore. Preme il pulsante, non ha voglia di farsi otto piani di scale, aspetta un paio di minuti.

L'ascensore arriva, le porte si aprono e un ragazzo con i capelli disordinati e un vistoso orecchino a cerchio - almeno queste sono le cose che in pochi attimi Simone riesce a notare di lui - esce fuori, gli sorride e gli fa un cenno con la testa come per salutarlo.

Simone mormora un "ciao" ed entra in fretta nell'ascensore, mentre quel ragazzo lo sorpassa. È sicuro di non averlo mai visto, magari abita nel palazzo da poco, oppure è venuto a trovare qualcuno, o semplicemente il palazzo è talmente grande che conoscere tutti sarebbe impossibile. Quando le porte dell'ascensore si chiudono, Simone sente un profumo forte, così forte che gli fa rivoltare lo stomaco e gli fa passare la voglia di fare la colazione. Simone pensa che quel ragazzo dovrebbe mettere meno profumo, perché la prossima volta ci resterà secco.

Arriva davanti casa del padre dopo un quarto d'ora, parcheggia e trova nonna Virginia, che, come sempre, lo aspetta sotto al porticato. Scende dalla macchina e va ad abbracciarla.

"Simo, entra, papà purtroppo è già uscito, ma ieri ti ho fatto i biscotti"

E Simone, che ha venticinque anni, sembra un bambino di tre anni, quando vede sul tavolo della cucina un piatto pieno dei suoi biscotti preferiti: quelli alla marmellata.
Ne prende uno, lo morde e fa un rumoroso verso di approvazione.

"Nonna, io ti amo"

Virginia ride, poi si gira e guarda la porta.

"Oh, guarda chi c'è qui!"

Avanza verso Simone, e inizia a strusciarsi sulla sua gamba; anche quello fa parte del rito mattutino.
Lina, diminutivo di Mirandolina - che la nonna ha chiamato così perché è una grande appassionata dell'opera di Goldoni - è una gatta molto tranquilla. Simone la ama perché è dolcissima e passa la maggior parte del tempo della colazione a coccolarla.

"Nonna, ma che le stai dando da mangiare?"

La nonna fa spallucce.

"Il solito, caro, perché?"

Simone guarda meglio Lina.

"Non ti sembra ingrassata?"

La nonna balza in piedi.

"Ma come, papà non te l'ha detto?"

"Cosa?"

"Lina è incinta, avremo i gattini, Simo"

Simone sorride mostrando le fossette.

"Da quanto tempo?"

"Io credo che a breve partorirà, in realtà".

Di zampette pelose e pagine biancheDove le storie prendono vita. Scoprilo ora