Epilogo

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I miei passi lasciano una scia bagnata sul selciato mentre percorro quella strada che così spesso rivedo nei miei ricordi.

L'aria è fredda, il cielo grigio, e sembra che stia per nevicare. Il respiro mi esce dalle labbra in piccole nuvolette di fumo, le mani sono già intorpidite, il naso è freddo. Mi chiedo se Christopher abbia già cercato di convincere i miei genitori a fargli costruire una slitta. Mi immagino di vederlo scendere giù per la collina e cadere rovinosamente sulla neve, distruggendo la slitta in una manciata di minuti, mentre i miei genitori ridono e tentano di togliergli la neve dalla faccia.

È più di un anno che non vedo la mia famiglia. Al di là dell'Arco, nel regno dei Fae, li ho osservati mentre conducevano la loro vita, senza alcun ricordo di me. Li ho visti mangiare insieme, ridere delle disavventure di Christopher, lodare i quadri di mia madre, prendere in giro mio padre per la sua incapacità in cucina.

Nel frattempo, ho dovuto fare i conti con la mia vita da regina. Ryu ha dovuto elaborare la perdita dei suoi genitori, prendere in mano un intero regno e cercare di abituarsi al suo nuovo ruolo. E, mentre richiudevo i portali e imparavo insieme a lui come si governa una corte, mi sono sentita sommersa e lontana da casa. Nonostante la corte fosse casa mia, il posto in cui sono cresciuta.

È strano come i ricordi dei due mondi ancora si accavallino fra loro, facendomi credere che siano entrambi veri, entrambi reali. Ho dovuto chiedere l'aiuto dei gemelli per trovare un modo di non perdere i ricordi nella dimensione umana, ma alla fine ci sono riuscita.

Ora, mentre cammino lentamente nel freddo del paese, mi sento quasi un'estranea. Imbocco il vialetto e raggiungo la porta della casa, con le mani tremanti per il freddo, o forse qualcos'altro.

Una parte di me vorrebbe scappare e nascondersi nel palazzo, fra le braccia di Ryu. Ma lui sapeva che avrei dovuto fare questo passo e che avrei dovuto farlo da sola.

Perciò, dopo essermi abbassata a raccogliere la chiave sotto lo zerbino, la inserisco nella serratura e giro, con la paura che mi assale senza pietà.

La porta si apre con un lungo stridio e io avanzo all'interno, passo dopo passo, battito dopo battito.

Mio padre è in salotto, seduto sul divano a leggere un libro. Lo vedo alzare la testa di scatto con espressione confusa e mi aspetto che mi cacci via, o si preoccupi della mia presenza.

Ma lui rimane lì, il libro ancora aperto fra le sue mani, l'espressione sbigottita e la bocca semiaperta. Vorrei che mi dicesse qualcosa, qualsiasi cosa, ma lui non muove un muscolo. La porta si chiude lentamente dietro di me.

"Chi è, tesoro?" sento chiedere mia madre, e la sua voce mi provoca una fitta al petto. Nel momento in cui compare dalla cucina con un bicchiere in mano, sento che sto per piangere. Non appena mi vede spalanca gli occhi e lascia che il bicchiere le scivoli di mano, frantumandosi sul pavimento. Osservo le lacrime scenderle lungo le guance rosee e vorrei correre ad asciugarle, ma non so cosa fare, non so cosa pensare.

Proprio quando sto iniziando a pensare che si ricordi di me, lei mi chiede: "Chi sei tu?"

Il dolore è una fitta al petto.

Vorrei risponderle, ma non conosco le parole giuste e non credo di riuscire a parlare.

"Cos'è caduto?" chiede una voce, e mi accorgo che dietro mia madre è spuntato Christopher.

È più alto di almeno un palmo e sembra più muscoloso. La sua voce è cambiata, facendosi più bassa. Il desiderio di corrergli incontro e abbracciarlo è quasi insopportabile.

Lui si blocca e mi osserva a lungo, pensieroso, con gli occhi ridotti a due fessure. Poi, lentamente, asserisce: "Mi sembra di conoscerti."

Mi chiedo se riescano a sentire il cuore che mi esplode nel petto. Le lacrime iniziano a scendermi lungo le guance.

La mia famiglia mi guarda in silenzio, incapace di capire perché la mia faccia sembri loro familiare. Vorrei gridare che sono la loro figlia, che ho bisogno di abbracciarli di nuovo e che mi sono mancati ogni istante da quando me ne sono andata.

Ma loro non hanno idea di chi io sia e il mio tempo è scaduto. Il mio regno mi aspetta e questa visita è solo una breve consolazione per il mio cuore infranto.

"Mi dispiace" sussurro. Deglutisco e cerco di farmi coraggio, ma le parole escono con difficoltà. "Non ci conosciamo. Me ne vado subito."

Mi giro verso la porta così in fretta da rischiare di inciampare e abbasso la maniglia con movimenti rigidi. Sto per fiondarmi fuori quando una flebile voce mi blocca.

"Forse..." dice mia madre in tono supplichevole. "Forse ti piacerebbe rimanere a pranzo? Solo un po'."

Mi giro verso di lei con le lacrime che mi offuscano la vista. Sono tutti e tre immobili, a guardarmi, senza neanche sapere il mio nome. Eppure nei loro occhi posso scorgere qualcosa di conosciuto, qualcosa che non hanno mai dimenticato. Affetto, forse. Amore, probabilmente.

Ripenso a quando Ryu mi è venuto a cercare nonostante io lo avessi dimenticato. Anche allora, pur non sapendo chi fosse, il mio cuore batteva per lui.

I ricordi potranno anche svanire, ma i sentimenti sono indelebili.

Penso a Ryu, che mi aspetta nella sala del trono, e a tutti gli impegni che mi attendono a corte.

Solo un po', mi dico.

Ryu e la corte dovranno attendere la loro regina ancora qualche ora.

Richiudo la porta mentre un sorriso si allarga sul mio volto e le lacrime sembrano quasi essersi asciugate.

 "Sono a casa." sussurro.

Di Ricordi SospesiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora