Capitolo 3.

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La mattina seguente mi sveglio distrutta, disperata e abattuta, non sarò mai accettata ne ho avuto la conferma tutto succese a tutti, ma a me? Niente mi sento solo così inutile, e... non lo so così stupida, per quanto siamo unici voglio essere come gli altri, altri, magri, popolari, forti, intelligenti; insomma tutto quello che non sono.
Sono in ritatdo quindi faccio una doccia veloce, senza capelli.
Vado in camera mia, e mi vesto mettendo un paio di jeans, una maglietta a maniche corte e sopra una maglia della tuta della Monster, il tutto accompagnato dalle mie amate DC.
Mentre finisco di legare le scarpe, passa davanti la mia stanza, mio fratello e mi gaurda.

"Hai dormito?"

"Si!"

"Hai pianto?"

"No"

"Hai la faccia gonfia"

"Bho"

In realtà non sa che ho pianto tutta la notte pensando che forse Federico ha ragione e che sono una nullità e che sono brutta e che sono noiosa eccetera.

Non faccio neanche colazione e mi avvio verso scuola.
La verità è che non ho ne forza ne voglia.
Penso a tutt'altro.
Se sono sbagliata e non accettata adesso come potrò esserlo un giorno? Se ero un cigno e ora sono un anatroccolo come potrò ridiventarlo?
Questo è ciò che frulla nella mia mente.
Non so quanto tempo sia passato ma è tutto molto lento, tutto molto brutto non vedo le cose e se le vedo e solo per poi vederle di nuovo sfocate.
Ho la testa che sbatte e Irina e Gertrude mi chiedono come stia e se io stia meglio, decido di occultare il tutto e sorridere e annuire. Noto nei loro sguardi che non ci credono ma lasciano perdere, e le ringrazio mentalmente.
La giornata, grazie a Dio, passa velocemente e vado a casa e quando arrivo, vado dritta in camera mia e mi butto a capofitto sul mio letto scoppiando in un pianto pieno di rancore, odio, rabbia. Sono solo usata da tutti come uno straccio serve a pulire solo quando devi pulire.
Io sono così pulisco o risolvo o intervengo nella merda degli altri.
Mi asciugo le lacrime e vado al piano di sotto.
Ammiro il piano a coda che possiedo, lo apro, lo accarezzo quasi con paura di potergli far male.
Poi mi siedo e mi lascio travolgere dalla musica, le dita scorrono sui tasti le lacrime sulle mie guance e una volta finito il notturno, op.9 n°1.
Sono ancora più consapevole di aver sbagliato per l'ennesima volta.
Sono così sola. Così usata. Così imperfetta e giudicata.

You are a perfect girl (for me)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora