Capitolo 7

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Erano passati tre giorni.

Io avevo portato fuori la roba da buttare, avevo passato l'aspirapolvere e lavato i pavimenti, passato con un panno i mobili e sistemato gli unici oggetti rimasti lì.

Nel salotto non c'era granché. In cucina c'era il piano cottura e l'isola. C'era una credenza a muro che aveva alcune cose da mangiare o ingredienti.

Si poteva camminare anche scalzi per il primo piano volendo.

Rimaneva di stuccare i muri, riverniciarli e comprare alcuni mobili.

Io invece stavo bene... Si stavo bene...Non mangiavo, non smettevo di piangere, avevo tagli ovunque per i vetri. Però stavo bene.

Vero?

Jack mi teneva aggiornata. Non cambiava nulla. E ogni giorno che passava li, la speranza nel mio cuore diminuiva, la luce dei suoi occhi si offuscava, e il vuoto nella mia mente aumentava.

Qualcuno suonò il campanello.

Smisi di stuccare i colpi di proiettile sulle pareti e andai a aprire.

Vidi Jack con occhiaie e occhi spenti "non ti lascio sola in questo momento" disse lui "anche se tu stessi qui, io sarei sola" dissi indifferente.

La mia maschera in questi giorni non voleva saperne di andarsene.

"Io entro lo stesso" disse lui aprendo la porta.

Si guardò in torno. "Sembra, Sembra meno incasinata" disse lui mentre io continuavo a stuccare i muri "aveva promesso che l'avremmo fatto insieme" dissi solamente mentre carteggiavo lo stucco in eccesso.

"Sai mi aveva detto che non voleva ferirmi" dissi io con una risata amara "e secondo lui morire non significava questo?" chiesi in un sussurro "Olivia lui crede che tu ti sai risollevare" disse Jack dolce.

Io mi alzai e lo guardai "una persona che non mangia da tre giorni si sa rialzare? Una persona che piange da tre giorni si sa rialzare? Una persona che non sa cosa fare e allora sistema una stupida casa a pezzi, si sa rialzare?" sbottai "ecco perché sono qua" disse lui avvicinandosi "va via allora" dissi io cercando di calmarmi e carteggiando il secondo buco.

Lui venne accanto a me e si sdraiò a terra su quel pavimento pulito. "Sai, io sono passato da una famiglia affidataria all'altra, finché non sono scappato. Mason mi ha risollevato da una dipendenza. Mi ha fatto tornare a vivere. E se lui dovesse morire così..." disse cercando di trattenere le lacrime "rimarrei grato a lui per avermi salvato la vita" disse in un sussurro.

Io cercai di non ascoltarlo.

Non avevo più acqua in corpo per piangere.

"Voglio che sia qui" dissi in un sussurro "anch'io" ammise Jack.

Io mi andai a stendere con lui.

"Qui, quattro giorni fa, ha detto 'sposami'" dissi io con voce rotta. "Qui ha detto che non era il ragazzo che veniva alla tua porta con un mazzo di rose e un anello" "ma qui, in questo casino, era il posto migliore" sussurrai "e io sto sistemando questa casa per cercare di darli un po' di pace. Sto cercando di buttare i cocci di dolore che si sono accumulati nel tempo" dissi.

Jack mi prese la mano per farmi forza "con lo studio?" chiese lui "farò murare quella porta e la camera di suo padre" dissi io risoluta "hanno tolto il cadavere?" chiese Jack guardandomi. Io annuì.

"Portiamoci avanti e facciamole murare oggi stesso" disse lui prendendo il telefono.

Chiamò un suo contatto e lo fece venire qui. "Dieci minuti e arriva" disse lui alzandosi. Io non avevo le energie per farlo.

Lui sbuffò e mi tirò su di peso. Mi mise sul divano.

Rimasi lì a fissare il soffitto. Flash miei e di Mason apparirono davanti a me. E io non potei far altro che soffocare il dolore con le lacrime.

Un uomo arrivò, Jack li diede indicazioni e lo portò di sopra.

Mi manchi.

Jack scese "ci metterá sei ore, si farà sera. Mangiamo?" chiese "chiama Liam" sussurrai "ho bisogno di lui" dissi quando il respiro per poco smise di arrivarmi ai polmoni. "Va bene" disse lui prendendo il telefono.

Dopo dieci minuti arrivò e si mise con me sul divano. Jack ci lasciò soli "perché fa così male?" chiesi io guardandolo. Lui mi prese in braccio e mi fece mettere su di lui abbracciandomi forte.

E per un attimo quella stretta riassestò qualcosa.

"Olly è normale. Passa" disse solamente lui "e mai si porterà via il suo ricordo" aggiunse.

Liam sapeva che la speranza mi avrebbe solo fatta stare peggio.

"Da quanto non dormi?" chiese accarezzandomi i capelli. Io non risposi perché sapeva già la risposta. Non riuscivo a dormire senza di lui.

"Andiamo in ospedale" disse lui alzandosi con me in braccio "andiamo a trovarlo così vedi come sta" disse Liam. Io annuì sul suo petto.

Non avevo le energie per replicare qualcosa. Avevo bisogno di vederlo.

Mi mise in macchina e ci avviammo nel più completo silenzio.

Arrivammo e io scesi senza aspettarlo.

Liam mi raggiunse e mi portò alla camera di Mason.

C'era Adam in piedi fuori. Era nervoso, in ansia.

"Cosa è successo?" chiese vedendo la porta chiusa e un medico entrare.

Forse non era stata una buona idea andare in ospedale.

"Il cuore si è fermato" disse Adam "mi hanno spiegato che o si sveglia, o..." disse lasciando la frase in sospeso "muore" dissi io in un sussurro.

"Andiamo a casa" mi propose Liam "no" dissi io sedendomi davanti alla porta della sua stanza.

Venti minuti dopo, uscì una donna con delle piastre in mano "ci sono voluti venti minuti, ma ce l'abbiamo fatta. È sveglio" disse lei.

Io socchiusi la bocca.

Era vivo.

"La ringrazio" disse Adam sollevato "quando usciranno dopo averli fatto dei controlli, potrete entrare" disse lei andandosene lasciandoci un sorriso.

"Chiamo Jack" disse Liam a Adam.

Un medico uscì "potete ent..." non lo lasciai finire che io mi precipitai dentro.

Afterlife - Sequel di Mafia in love Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora