Jacqueline: la partenza delle spie

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Elija e Jona si riaccostarono al cerchio delle danze.
“Sei sicura che vada tutto bene?” chiese l'artefice della terra. Jona annuì lentamente e si sedette a osservare le persone danzare.
“La vita è davvero assurda, non trovi?” disse dopo qualche istante.
“Ho incontrato mio padre, non credevo che un evento del genere sarebbe mai accaduto” Elija si morse il labbro e si sedette accanto a lei.
“Magari non è stato esattamente come lo avevi immaginato”
“il fatto è che non lo avevo mai nemmeno ipotizzato” si volsero a guardare i Syan che ballavano sfrenatamente, la musica saliva ancora e inebriava gli animi come dolce ambrosia. Jona Osservò Jacqueline danzare con Ixander e sorrise vedendoli insieme, il generale stava cercando di vincere l’impaccio e di imitare gli altri in un tentativo molto tenero. Elija interruppe il flusso dei pensieri dell’artefice dell’aria.
“Domani partiró con il corpo delle spie per Seita” la donna di capelli azzurrini lo trafisse con lo sguardo.
“Non te l’ho detto perchè dopo quello che è successo al consiglio ero ancora arrabbiato. Jacqueline mi ha dato il nullaosta per questo incarico. Ho dovuto quasi supplicarla” i suoi occhi verdi scintillarono alla luce delle fiamme, ombre danzavano sul suo viso. Aspettandosi un rimprovero, chiuse gli occhi, rimase sorpreso quando Jona non gli rivolse un insulto ma un incoraggiamento.
“Ha preso la decisione giusta, puoi assolvere quell’incarico meglio di chiunque altro” senza aggiungere altro si alzò e se ne andò, uscendo dal cerchio illuminato fu impossibile per l’artefice della terra capire dove fosse diretta, la sua figura fu inghiottita dalle tenebre. Rimase per qualche istante pietrificato in un’espressione attonita e sorpresa. Avevano litigato aspramente su quell’argomento e oraJona si permetteva di liquidare la questione in quel modo. Si chiese se le sue parole l’avessero delusa e se avesse mascherato la sua tristezza con un complimento in modo da risparmiarsi domande e discussioni. Elija sospirò profondamente e si promise di  andare a dirle addio il giorno dopo.

Jacqueline vorticava tra le braccia di Ixander, le danze dei Syan la inebriavano, teneva per mano il generale biondo e insieme piroettavano alla luce delle fiamme. I segni tribali sui volti dei Syan confondevano la vista e si mescolavano al colore dei fiori. La regina di Auriah si sentì invadere da una gioia profonda, la musica salì e tutte le coppie o trii danzanti si scambiarono, si trovò a ballare prima abbracciata a una bambina, poi a un giovane che le sorrideva radioso, e infine ad Hai. La ragazza le cinse le spalle e la vita, la trascinò in una serie di splendide acrobazie, così veloci che Jacqueline non ebbe nemmeno il tempo di rendersene conto. Il suono dei tamburi le rimbombava nel petto, la musica salì ancora e il ritmo si fece sempre più incalzante. L’artefice del fuoco si lasciò avvolgere da quelle sensazioni, chiuse gli occhi e, quando la musica raggiunse la sua acme, la sua mano incontrò quella di Ixander , l’armonia dei suoni cessò rapidamente, la danza si concluse e Jacqueline si trovò abbracciata all’artefice dell’aria. Lui le sorrise timidamente, sperò che la luce delle fiamme nascondesse le sue guance imporporate, la ragazza, per un momento, fu in grado di vedere solo il verde dei suoi occhi e di percepire solamente i loro respiri affrettati.
“Speriamo che la festa sia stata gradita” la voce di Kaa riportò la regina alla realtà.
“Vi ringrazio infinitamente, era molto tempo che non provavo una felicità simile a questa” rispose lasciando andare dopo un’ultima stretta la mano di Ixander.
Hai e Kaa si inchinarono alla regina, lei e l’artefice dell’aria ricambiarono il gesto. I partecipanti alla festa si dispersero e sulla spiaggia rimase solo il fuoco a consumarsi fino alle braci. Jacqueline rimase a giocherellare un po’ con le fiamme, finchè non venne Ixander a rammentarle che la aspettava una giornata impegnativa.
“Sarebbe meglio che tu dormissi, non credi?”
“Hai ragione, accompagnami al Palazzo del Sole”
“Ogni suo desiderio è un ordine” disse con un mezzo sorriso il generale, una brezza leggera scompigliò i suoi capelli color grano. Jacqueline rise e i due si avviarono verso la pagoda della regina. ad un certo punto l’artefice dell’aria indicò una strada che costeggiava il porto, illuminata da lanterne rosse e affiancata da alberi di pesco.
“Quella è la strada che porta alla mia casa”
“Sarà molto bella”
“Diciamo che è molto grande” un momento di pausa.
“Vuota è la parola più adatta, forse” un refolo di vento agitò le loro vesti e sparse il profumo dei fiori di Jacqueline, il Cerchio scintillò nel crepuscolo.
“Non c’è mai stato molto affetto a riempirla” aggiunse infine. Senza dire nulla Jacqueline gli prese la mano e la strinse, Ixander assaporò quel contatto e sentì gli occhi riempirsi di lacrime. Accompagnò la regina alla sua pagoda e la salutò.

Il giorno successivo giunse in fretta, nubi grigie e pesanti offuscavano il cielo, un mare agitato color cemento ruggiva nello stretto. Jacqueline si svegliò e corse immediatamente alla riunione con le sfere dell’esercito. Elija e il corpo delle spie, armati fino ai denti e avvolti in mantelli scuri, la attendevano ansiosi di partire.
“Spie, il vostro compito è molto importante” cominciò Henry con voce tonante.
“Sotto la guida dell’artefice della terra e Lica Morpha Elija stabilirete una base sulle montagne che circondano Seita, da lì vi introdurrete in città e raccoglierete informazioni sul nostro nemico” il vento ululò fuori dalla finestra della pagoda.
“Ricordate, avete giurato fedeltà ad Auriah, non disattendetela, andate” le spie annuirono serie, Jacqueline si avvicinò all’artefice della terra, lo strinse in un lungo abbraccio commosso.
“Mi raccomando, fa’ attenzione, abbiamo perso Thomas, non posso perdere anche te” l’amico ricambiò la sua stretta con calore.
“Non ti deluderò” disse, lui e le spie uscirono per dirigersi al porto.

Mentre stava imbarcando le sue armi sulla nave con cui le spie avrebbero risalito lo stretto Elija scorse la figura di Jona, era in piedi sulla spiaggia accanto ai resti del falò della sera precedente e guardava verso il mare. L’artefice della terra pensò con una fitta di dolore che avrebbe dovuto dirle addio. La raggiunse sulla battigia, l’acqua del mare lambiva i loro piedi.
“Sto per partire” disse Elija, il vento delicato del mare sollevò i capelli di Jona, la sua figura s’intonava bene coi colori di quel paesaggio grigio. Il cielo tempestoso rendeva la sua pelle più luminosa.
“Così questo è il nostro addio” rispose senza voltarsi, Elija sentì tutte le parole che avrebbe voluto dire opprimergli la gola.
“Sei ancora in tempo per venire con me” l’artefice dell’aria gli rivolse uno sguardo vuoto, gli occhi indaco penetranti e fermi.
“Jacqueline ha bisogno di me al suo fianco” Elija assentì e abbassò il capo. Pensò che probabilmente avrebbe avuto bisogno di lei anche lui.
“Stai attenta a tuo padre, se dovessi incontrarlo ancora…”
“So badare a me stessa ,zuccherino” Elija aprì il volto in un sorriso triste.
“Sai che per ragioni di segretezza non potrò scrivervi lettere, vero?”
“Era scontato”
Il silenzio cadde tra di loro, quell’addio pesava come un macigno e nessuno dei due riusciva più a portare quel peso sul cuore.
"Se morirá in una missione" pensò Jona "Non potrò saperlo" quel pensiero le diede una fitta al cuore.
Elija si sforzó di incrociare i suoi occhi :aveva ancora un dubbio da sciogliere.
“Pensi davvero le parole che hai pronunciato ieri?” Jona si morse il labbro e lasció correre lo sguardo sulla costa, fissava un punto indefinito sulla spiaggia.
“Inizialmente pensavo di essere delusa dal tuo atteggiamento, poi ho visto cosa hai fatto quando mi sono trovata davanti a mio padre e ho capito che tutta la mia rabbia era legata alla paura di perdere un’altra persona cara” si voltò nuovamente verso il mare, un giglio delle dune fiorì nella sabbia.
“ Elija, sei un uomo sveglio e intelligente, conosci la zona di Seita, sei leale alla regina come pochi e sei un artefice molto potente, sei davvero il più idoneo per gestire questo ruolo, Jacqueline si sarebbe dimostrata ingenua se non te lo avesse affidato. Ha accettato il fatto che dovrà mettere pericolo anche chi ama se vuole vincere questa guerra”
“Io credo che risieda proprio in questo la sua possibilità di vittoria: il sacrificio”
Jona sospirò: “Piacerebbe anche a me possedere lo stesso distacco” incrociò lo sguardo del artefice della terra, gli occhi color tempesta di Jona si mescolarono con quelli verde smeraldo di Elija e una brezza di mare mosse le loro vesti.
“Mi mancherai, zuccherino” disse l’artefice della terra sfiorandole la spalla. Jona gli gettò le braccia al collo e represse un singhiozzo, Elija, dapprima sorpreso dal suo slancio, ricambiò la stretta e respirò il suo profumo di vento.
“Prometto che verrò a trovarvi ogni volta che mi sarà permesso” si sciolsero dall’abbraccio, il volto di Elija era illuminato da un tenero sorriso.
“Prendi questo” disse Jona, si chinò ed estrasse uno stiletto argentato che teneva nello stivale.
“Ti servirà più che a me” l’artefice della terra lo prese e lo contemplò, era un oggetto di splendida fattura, leggero e versatile, lo ripose nel gambale e lo assicuró con un laccio.
“Grazie, zuccherino” le asciugò una lacrima con il pollice. Jona emise un risolino dolceamaro che somigliava moltissimo a un singhiozzo di pianto.
“Ora sparisci” disse cercando di trattenere le lacrime. Elija si produsse in un volgare gesto di imprecazione e se ne andò sorridendo.

Il Regno Di Auriah- Volume secondoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora