Un bracciale, la luna e un falafel

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Luka era nella sua casa galleggiante, le luci nella camera della sorella erano già spente nonostante lei fosse tornata più tardi, la madre anche probabilmente dormiva con il libro del momento caduto, aperto, sul petto.
Lui non riusciva a staccare i suoi pensieri da quella scatola, se la rigirava tra le mani come se potesse carpirci chissà quale arcano mistero, l'unico mistero era perché fosse così attratto da quel bracciale.
Da una parte lo sentiva già suo.
Aprì per l'ennesima volta il piccolo coperchio, prese in mano il gioiello e lasciò cadere la scatolina sul letto.
Senza pensarci ancora e ancora lo indossò.
<< Finalmente!>>
Luka sgranò gli occhi, stupefatto dal trovarsi davanti quel minuscolo animaletto verde.
Allungò il dito indice, decorato con il solito smalto nero, per toccarlo, per vedere se fosse reale e di che consistenza fosse.
<< Non dovresti essere tanto sgarbato.>> Disse scostandosi il piccolo serpente.
Il ragazzo sbatté gli occhi.
Quello davanti a lui era un serpentello volante? Ma aveva zampe anteriori e posteriori.
Era di un acceso verde acqua, i piccoli occhi erano gialli, con la classica pupilla da rettile, dei rombi di un verde più scuro ricoprivano la sua pelle fino alla lunga coda, due denti laterali appuntiti che sporgevano dalla bocca.
<< Cosa...cosa sei tu?>> Chiese inclinando la testa di lato.
<< Il mio nome è Sass e sarò il tuo Kwami.>> Spiegò pazientemente.
<< Cos'è un Kwami?>>
<< Siamo spiriti a cui è stato assegnato il ruolo di protettori dei Miraculous, come ad esempio il bracciale che ora indossi, siamo in grado di trasformare le persone portatrici dei gioielli e dare loro i nostri poteri.>>
Il ragazzo guardò attentamente l'oggetto al suo polso.
<< Poteri? Che tipo di poteri?>>
Sass sorrise per la curiosità del giovane. Già gli stava simpatico.
<< Io posso darti il potere della seconda occasione, attivando il bracciale puoi decidere il momento in cui tornare indietro nel tempo.>>
Luka era stupefatto. Un potere del genere andava oltre ogni logica scientifica.
<< E cosa dovrei farci io? Ti sei perduto? Il tuo padrone era qualcun altro?>> Si informò. Infondo l'aveva trovato in mezzo alla strada.
<< Io non direi la parola "padrone", più "possessore" e no, ero destinato a te.>> Annuì convinto con la piccola testolina.
Emanava un senso di calma e tranquillità, cose se avesse il tempo del mondo a sua disposizione e forse, pensò il giovane, era proprio così.
<< Eri destinato a me? >> Alzò un sopracciglio, sempre più perplesso.
<< È una storia lunga. Io e il guardiano pensiamo che tu sia perfetto per ritrovare Plagg.>>
<< Chi? E poi...esiste un guardiano di cosa?>>
<< Ci sarà tempo per spiegarti tutto.>>
Sorrise sornione l'entità millenaria.
<< Quindi devo usare il tuo potere per ritrovare questo Pag?>> Ripetè più per convincersi della veridicità della cosa, che per farselo spiegare meglio.
<< Plagg.>> Lo corresse Sass.
<< Plagg. Ma chi è? Come posso cercare qualcuno che non so chi è?>>
<< È un Kwami come me, ma molto più pericoloso ed instabile, dicono che lo sia ultimamente, ma per me instabile lo è sempre stato.>> Fece spallucce.
<< Com'è fatto?>>
<< È piccolo e nero, con dei luuuunghi baffi e la coda, ma molto probabilmente ha trasformato un ragazzo e ha perso il controllo.>> spiegò.
<< Come lo riconosco?>>
Voleva davvero aiutare il piccolo amico, ma aveva davvero pochi aiuti al momento.
<< È un gatto nero, il ragazzo sarà trasformato come tale e andrà in giro ad urlare "cataclisma" e sarà insopportabile.>> Incrociò le braccia e le gambe, già infastidito dall'atteggiamento poco maturo che avrebbe riconosciuto in lui.
<< Chi è il ragazzo trasformato?>>
<< Adrien Agreste.>>

                °•°•°•🦋🦋🦋🦋•°•°•°

Marinette Dupain-Cheng, la sua ragazza, non lo aveva riconosciuto, anzi, aveva avuto paura di lui.
Altro che paura, sembrava terrorizzata.
Non riusciva, non avrebbe mai potuto levarsi dalla testa il volto costretto ad una smorfia di panico, gli arti tremolanti e la voce rotta dall'angoscia di ciò che lui potesse farle.
Lui, che del male non gliene avrebbe mai fatto nemmeno sotto tortura.
Cos'era diventato?
Erano questi artigli a farle tanta paura?
O magari i terrificanti occhi felini.
O il fatto che fosse diventato...cosa?
Era ancora un essere umano?
Come poteva un normale adolescente avere il potere di distruggere qualunque cosa toccasse?
E lo sentiva sempre più forte, dentro il suo petto, più crescevano i brutti pensieri e più questo potere diventava forte e senza controllo.
Cosa sarebbe diventato?
Chi avrebbe potuto aiutarlo?
Se non aveva trovato amore e comprensione nella persona che più aveva dimostrato di tenere a lui, dove avrebbe potuto cercare? Dal padre? No. Era fuori questione. Qualcosa dentro gli diceva di non avvicinarsi nemmeno più a quella casa.
Aveva trovato rifugio in un casale abbandonato fuori Parigi, tra le campagne affollate solo durante le belle stagioni. Era una costruzione fatiscente, dentro era tutto davvero poco arredato, qualche vetro rotto, sedie senza una gamba, specchi polverosi e tendaggi squarciati. Certo, qualcosa di rotto era anche colpa sua e dei suoi sfoghi di frustrazione. Come quello avvenuto qualche minuto fa, con il dolore straziante nel petto creato dal ricordo di ciò che era accaduto con la ragazza che amava.
Scosse la testa per evitare che quell'immagine si soffermasse ancora davanti ai suoi orrendi occhi, non poteva certo rischiare di fare di nuovo di matto.
Grazie all'agilitá ricevuta saltò su un mobile in legno e uscì da un foro sul tetto, si mise seduto, spalle poggiate al comignolo in pietra, e iniziò a contemplare la luna.
Peccato, pensò, sta notte non era nemmeno piena.
Ricordò la storia che sentiva spesso da bambino, la luna che chiedeva sempre più spicchi perché costantemente insoddisfatta del suo essere incompleta. Che stupida storia, non la ricordava nemmeno bene.
Chi dava i spicchi alla luna?
Chi la ingannava facendole credere di non essere già completa? E poi cosa succedeva quando perdeva tutto e doveva ripartire dall'inizio?
Lui non si era mai sentito più solo di così eppure, nonostante questa solitudine, riusciva a vedere la realtà che la luna non aveva visto. Lui stesso, come lei, come chiunque, erano già completi, magari avevano dell'oscurità in loro, magari il sentirsi vuoti è solo perché non si vede quello che c'è. Marinette aveva mostrato a lui che quei spicchi di vuoto in realtà andavano solo illuminati, con coraggio e forza di volontà, la luce non era altro che fiducia in se stessi.
E quando si perdeva tutto? Quando a restare illuminata è solo una piccola parte, quella che devi mostrare per forza alla gente intorno?
Non poteva fare più nulla. Ora neanche la più flebile luce aveva importanza. Fosse per lui la luna poteva anche smettere di esistere.
Sospirò.
Il silenzio venne interrotto dal brontolare del suo stomaco.
Cosa avrebbe potuto mangiare?
Era riuscito a sgraffignare qualcosa, nulla di sano o di prelibato, solo roba da street food, ma si sarebbe dovuto accontentare.
Tornò dentro con un agile balzo, la coda sbatté addosso all'enorme lampadario che minacciò di cadere.
Sbuffò pensando che avrebbe dovuto farci l'abitudine.
Prese il falafel rubato in Rue des Rosiers, uno dei suoi preferiti. Glielo aveva fatto assaggiare per la prima volta il suo migliore amico Nino, una giornata in cui si era messo in testa di volergli fare passare il tempo con Marinette, cercando di convincerlo a guardarla con occhi diversi, senza sapere che con quegli occhi lui la vedeva già.
Sorrise pensando a quanto i suoi due amici, Alya e Nino, si erano sbattuti per lui e la mora. Tra uscite, appuntamenti nascosti e cambi posto su un treno, erano riusciti ad avvicinarli sempre di più. Era stato il coraggio a mancare, la maggior parte del tempo.
Addentò la squisita pietanza, con il ricordo di come la sua, allora solo amica, Marinette si fosse sporcata anche la punta del naso.

La Dea Bendata: Il Gatto Nero.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora