La seconda possibilità

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Probabilmente, proprio per questo senso di profonda amicizia che le trasmetteva il ragazzo davanti a lei, corse ad affondare il viso contro la sua maglietta nera, cercando di nascondere le nuove lacrime che inumidivano le guance. Si vergognava di non riuscire a reagire, si vergognava di sembrare una bambina piagnucolona.
Luka accarezzò i capelli lasciati sciolti, stranamente, e la strinse a sé con l'altro braccio.
<< Va bene piangere Marinette, sfogati, non vergognarti, non con me.>> Le sussurrò delicato con le labbra vicino alla tempia.
Sembrava capire ogni suo atteggiamento o pensiero, c'era sempre riuscito e l'aveva sempre aiutata al meglio.
<< Se dovesse accadergli qualcosa io...>>
<< Non gli succederà nulla, è un ragazzo forte ed intelligente, senza contare che si sono spiegate le migliori forze della città per trovarlo. Tra qualche giorno riavrai il tuo Adrien.>> Il suo tono era talmente comprensivo da indurla a calmarsi.
<< Oh Luka io...io lo amo e...non gliel'ho mai detto.>> Alzò il viso per guardarlo.
<< Appena lo rivedrai sarà la prima cosa che farai, va bene?>> Le sorrise gentile.
La corvina si limitò ad annuire e a cercare di ricambiare, senza riuscirci, il sorriso.
<< Torniamo dalle altre, vorranno sapere come stai. Sono preoccupati anche per te. E poi io...devo andare a casa.>>
Lasciò la stretta dal suo busto e la invitò ad andare avanti, così da poterla seguire all'interno della stanza.
Tornarono dagli altri e dalle altre, Luka fece un saluto generale, ringraziò i coniugi che lo avevano ospitato e si incamminò verso la via di casa.
Era venuto con la bicicletta, ma proprio non aveva voglia di pedalare, avrebbe fatto una passeggiata, così, per schiarirsi le idee.
Era un bel casino il suo, da sempre perso di lei, ma lei oggi aveva anche confessato i suoi sentimenti in modo diretto.
Era autunno fuori, mentre camminava le gialle foglie portate dal vento gli passavano davanti, a volte con la scarpa pestava qualche fiore di qualche aiuola lasciata spoglia, ma mentre i fiori cadevano il cielo si riempiva di nuvoloni e lui si ritrovava a pensare che anche in una perenne atmosfera cupa così, sarebbe rimasto al suo fianco, sempre uguale, sparissero anche tutti i fiori del mondo.
E se anche fosse giusto lasciarla andare, andare via, fuggire, lui avrebbe di gran lunga preferito sbagliare.
Lei, per lui, aveva sempre rappresentato un raggio di sole, ma ora il sole era andato via. Si era illuso fino a quel momento, senza intromettersi, ma sperando sempre, che valesse la pena tenerla nel cuore, nonostante il dolore che recava. Se trattenerla significava sanguinare, allora sarebbe stato il martire di questo amore non corrisposto.
Marinette non lo sapeva, ma era lei la cura.
Solo che ora l'aveva capito, era chiaro, limpido come il mare della Bretagna, lei viveva in un sogno a cui lui non apparteneva.
Che stupido pensarci adesso e deprimersi, quando comunque la situazione per i due amici era ben peggiore. Il suo era un semplice amore non corrisposto, mentre Adrien sembrava sparito nel nulla. Con che diritto soffriva tanto? Con che diritto era scappato da quella casa? Doveva aiutarla, starle vicino, lo aveva promesso.
Ma era davvero difficile farlo ora che lei era stata così chiara su ciò che provava.
Lo amava. Non era una semplice cotta o infatuazione, il che era anche stupido da parte sua crederlo, dal momento che erano passati mesi dalla prima volta che li aveva visti insieme.
Scosse la testa, le catene della bicicletta facevano quel rumore che gli piaceva tanto e le ruote giravano sui sanpietrini del marciapiede senza prestare attenzione alle buche o alle imprecisioni.
Domani sarebbe stato il solito Luka disposto ad aiutarla, per oggi avrebbe pregato una tregua.
Improvvisamente qualcosa di più grosso impedì alla ruota anteriore di andare avanti, il ragazzo si chinò a vedere cosa fosse.
Una scatolina esagonale di legno, con delle incisioni rosse sul coperchio.
Si guardò intorno per capire se fosse di qualcuno, ma intorno a lui non c'era nessuno, così lo aprì, magari all'interno ci sarebbe stato qualche indizio riconducibile al proprietario o alla proprietaria.
Nulla, solo uno strano ma elaborato bracciale a forma di serpente.
Era veramente ben fatto.
Pensò che sarebbe stato strano indossarlo, però c'era qualcosa in esso che lo attraeva molto. Come un richiamo.

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La maggior parte degli amici erano tornati nelle proprie abitazioni, insieme a Marinette erano rimasti Alya, Nino e Alix.
La povera Alya non sapeva più a chi dare i resti, il suo ragazzo, non che il migliore amico della ragazzo scomparso, era a pezzi, sospirava da ore con le labbra curvate verso il basso, mentre la migliore amica era sul letto, con le gambe strette al petto e il viso nascosto tra le braccia. Ogni tanto si scambiava qualche occhiata con Alix, cercando qualcosa che facesse tirare almeno un po' su di morale la ragazza e il ragazzo.
Ad un tratto, dopo il tentativo andato male di una battuta di Alix, Nino disse di voler provare a dormire e chiese ad Alya di restargli vicino.
<< Marinette dovremmo provare a dormire anche noi.>> Disse Alix.
Marinette annuì e si sdraiò sul letto, vicino alla ragazza dai capelli rosa.
Passò molto tempo con gli occhi chiusi ma senza dormire, talmente tanto che tutti intorno a lei si erano addormentati. Senza svegliare nessuno si alzò e salì sul terrazzino.
Si affacciò sulla ringhiera e si strinse tra le proprie braccia, si era alzato il vento, il cielo sempre più coperto di nuvole.
Si rese conto che in realtà aveva anche già piovuto, ma non c'aveva fatto caso, anche la sera l'aveva passata a guardare la televisione.
Sospirò.
Il ragazzo le mancava tremendamente.
La sua voce, il suo sorriso dolce, i suoi occhi brillanti, vispi e gentili.
Voleva riabbracciarlo al più presto.
In lontananza si sentì una donna gridare, poi delle auto frenare bruscamente, altre invece scontrarsi. Un lampione si mosse in modo troppo visibile.
Chissà cos'era appena accaduto in quella via, molto vicina a casa sua.
Cercava di vedere meglio ma la notte glielo impediva, la luna non era così abbagliante e i lampioni della città non erano abbastanza.
Pazienza, sarà stata la svista di un autista, si era ripetuta.
Sentì altri rumori, questa volta dietro di lei. Non sapeva se voltarsi o meno, tanto era il timore che questa giornata le aveva messo addosso.
<< Mari...>>
Non fece finire il suo nome che si voltò sorpresa.
Quella voce aveva in se qualcosa di rassicurante, di confortante, ma ciò che vide tutto le sembrò meno che rassicurante. Una figura nera, nell'ombra che proiettava il tetto, a spiccare solo occhi verdi come le foglie di primavera, c'era solo un problema, o forse tre, gli occhi da gatto, le orecchie e la coda.
Fece un passo indietro sbattendo la schiena alla ringhiera, si mise una mano sul petto per lo spavento, l'altra era stretta intorno al ferro dietro di sé. La figura si avvicinò allungando la mano, sembrava quasi volesse aiutarla, ma lei si strinse ancora di più in difesa. Quel lungo braccio nero scivolò verso il basso.
<< Marinette sono...>>
<< Vattene via!>>
Come faceva quella creatura a sapere il suo nome? Cosa voleva da lei?
Perché voleva impaurirla?
<< No, per favore, ascoltami...>> L'ombra scura venne avanti, sotto le luci di Parigi ora poteva mostrarsi, con molto timore, alla giovane spaventata. Era un ragazzo, capelli biondi, spettinati e ribelli, orecchie da gatto nere, tuta attillata del medesimo colore, una cinta che fungeva da coda, una maschera altrettanto nera ad incorniciargli gli occhi felini.
La strana creatura allungò la mano con il palmo rivolto verso l'alto, sperando che la corvina riconoscendolo si buttasse tra le sue braccia.
Ma così non fu.
L'attenzione di Marinette fu catturata totalmente dai lunghi artigli affilati che si trovavano alla fine della mano guantata. La sua faccia si fece ancora più spaventata, il ragazzo avrebbe detto quasi inorridita.
Gli occhi serrati per paura di guardarlo ancora, i muscoli contratti, le braccia strette per proteggersi, il corpo quanto più possibile attaccato alla ringhiera. Tremava.
<< Cosa sei? Mi fai paura, non toccarmi!>>
Lo sentì distintamente, il suono del suo cuore che si crepava, pezzo dopo pezzo.

La Dea Bendata: Il Gatto Nero.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora