Decisioni importanti

70 6 1
                                    

Il Kwami dell'intenzione, Sass, osservava con estrema attenzione e curiosità il ragazzo dai capelli tinti che, ormai da diversi minuti, si aggirava senza sosta ne meta per la stanza. Ogni tanto scuoteva la testa, ogni tanto si smuoveva quei particolari capelli infilandoci le lunghe dita, mugugnava qualcosa, ma non si fermava mai.
Doveva forse bloccarlo e chiedergli spiegazioni?
Infondo era ridotto in quello stato da quando aveva fatto il nome del ragazzo trasformato da Plagg.
<< Tutto bene?>> Prese il coraggio di volargli davanti.
<< Ho bisogno di riflettere.>> Disse in tono sommesso, imbarazzato anche.
Ma che gli succedeva?
Niente lo aveva mai fermato dall'aiutare un amico in difficoltà, quindi perché ora era così titubante?
Si sentiva uno schifo ma c'era una piccola, ma pur sempre rumorosa, parte di sé che insinuava tra le viscere di essere egoista per una volta.
Come poteva essere stato chiesto proprio a lui di ritrovare il suo rivale in amore?
Con Adrien perso chissà dove avrebbe avuto tempo e modo di avvicinarsi di più alla ragazza dei suoi sogni, ma non era da lui arrivare a ciò che desiderava con l'inganno e sulle spalle degli altri.
La risposta era facile, lo sapeva, ma quella maledetta vocina nella sua testa lo stordiva con un ronzio fioco ma insistente.
Pensò al sorriso dolce di Marinette. Lei cosa avrebbe fatto?
Lei avrebbe fatto la cosa giusta, perché lei era così, onesta e pura, coraggiosa, testarda, tremendamente altruista . Era una combattente.
La rivide su quel terrazzo, devastata dall'angoscia.
Il ricordo del dolore di quella visione scaturì a lui un nuovo seppur simile dolore lancinante al petto. Non avrebbe mai più permesso a niente e nessuno di fare stazionare quell'espressione su quel volto angelico. Soprattutto non poteva esserne lui l'artefice.
Le avrebbe ridato la serenità, l'avrebbe fatta sorridere di nuovo e se per riuscirci doveva ritrovare il ragazzo che si era preso il suo cuore lo avrebbe fatto, a costo di andare in capo al mondo per cercarlo, trovarlo e riportarglielo.
Annuì convinto.
<< Hai preso una decisione?>> Sibilò la piccola divinità.
Luka lo guardò, il volto più sicuro, lo sguardo deciso. << Ritroverò Adrien. Costi quel che costi.>>
Sapeva già che il prezzo avrebbe compreso il suo cuore.
<< Tutto quello che devi fare è dire "Sass, squame striscianti" e semplicemente "detrasformami" quando vorrai interrompere la trasformazione.>>

°•°•°•🦋🦋🦋🦋•°•°•°

Era passata una settimana da quella orrenda notizia al telegiornale, una settimana in cui nessun notiziario sembrava dare mai delle speranze per il ritrovo del ragazzo.
Possibile fosse scomparso nel nulla?
C'era chi aveva ipotizzato una fuga, ma perché se ne sarebbe dovuto andare senza di lei? Senza nemmeno salutarla.
No non voleva nemmeno prenderla in considerazione quella stupida ipotesi. Lui non sarebbe mai fuggito senza dirle nulla.
Le mancava tutto del ragazzo, anche le cose più stupide e che saltavano meno all'occhio di una persona che lo conosceva poco, come ad esempio il lieve rossore sulle guance quando nei film c'era una scena per adulti, o il modo in cui gli sudavano le mani quando era nervoso per una competizione, il modo in cui alzava gli occhi al cielo quando quando il padre o Nathalie lo chiamavano per rimproverarlo di ritardi o sciocchezze simili, la piega delle sue sopracciglia quando si inteneriva. Chiuse gli occhi pensando però che a mancargli maggiormente era la sensazione del contatto fisico che era riuscita a raggiungere con lui. I suoi caldi abbracci, a volte bollenti per ciò che le lasciavano sulla pelle, le braccia forti che la tenevano stretta, la sensazione delle mani sulla schiena, il suo viso poggiato sulla spalla della ragazza, ogni tanto qualche lieve bacio a fior di pelle che provocava brividi.
I sospiri.
La sue labbra morbide contro le sue molto spesso screpolate.
Strinse il cuscino al petto e strizzò gli occhi, purtroppo dovette riaprirli immediatamente dal momento che una figura nera, con sguardo felino e lunghi artigli, si era appropriata del buio che celava le sue paure.
Da quella sera non riusciva più a stare sul suo bel terrazzo durante la notte, non chiudeva gli occhi senza vederselo davanti e non entrava in una stanza senza prima accendere repentinamente la luce. Ne era terrorizzata.
Eppure, riconobbe, il suo sguardo, per quanto potesse essere pauroso ed insolito, nascondeva una profonda angoscia, una tristezza che scuriva e incupiva la percezione di quel volto già poco visibile, come un velo di nebbia grigia.
<< Marinette?>>
Sospirò sentendo la dolce voce della madre, tinta però da uno strano strato di nervosismo.
<< Si?>> Urlò per farsi sentire attraverso il pavimento.
<< C'è il signor Agreste. Per te.>>
Sussultò.
In quella settimana aveva provato spesso a farsi sentire dal padre del ragazzo. Voleva dirgliene quattro, per come era stata trattata, per come l'avevano esclusa come se la cosa non la riguardasse affatto, ma ogni volta che citofonava a quel maledetto cancello o veniva prima assaltata dai giornalisti o veniva prontamente cacciata con qualche scusa. Dopo qualche tentativo non riuscito aveva preso la decisione di inviare email inferocite che esprimevano tutto il suo disappunto.
Quindi, doveva pensare, che se il signor Agreste era qui per parlare aveva ricevuto quelle lettere piene di ingiurie?
Arrossì.
Non era proprio da lei mancare di rispetto a persone più grandi e prendere tutte quelle iniziative per farsi sentire in quel malo modo.
Ma che gli era saltato in mente?
Era davvero troppo istintiva, poi ne doveva pagare le conseguenze.
Forse a quell'incredibile cinico non era andato giù l'essere trattato così da una ragazzina, forse addirittura voleva avvisare che avrebbe sporto denuncia per calunnia.
Cosa aveva combinato?
Non avrebbe mai vinto una causa contro Gabriel Agreste!
<< Marinette!>>
Doveva scendere. La madre sembrava sempre più nervosa.
Sospirò.
Scese le scalette che collegavano le due parti della stanza e passò davanti allo specchio. Quello che vide la face sospirare nuovamente; le occhiaie erano evidenti e violacee sotto i suoi occhi stanchi, la pelle bianca le dava l'idea di uno straccio strizzato e consumato, neanche più i suoi caratteristici rossi sulle gote le davano più colore.
Questa storia la stava consumando in ogni modo possibile.
Piangeva ogni notte, ogni ora del giorno, era diventata una situazione insostenibile per la famiglia e le amiche, tirarla su di morale sembrava impossibile, neanche un sorriso aveva sostituito quella smorfia di preoccupazione e tensione sul suo volto, mai nemmeno uno da quel giorno.
Prese coraggio, inspirando ed espirando profondamente, in modo da ossigenare bene ogni parte del corpo che, tesa, si preparava alla guerra.
Non le interessava neanche di farsi trovare presentabile, tanto sarebbe finita comunque in catastrofe quell'incontro.
Scese con il solito pigiama e i capelli spettinati.
Davanti ai genitori, seduta sulla poltrona, c'era Nathalie con un tablet in mano.
Incredibile, pensò, nemmeno in questa occasione si era degnato di presenziare davvero.

La Dea Bendata: Il Gatto Nero.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora