15. Il suo posto nel mondo

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«Com'è il disegno che ti ha regalato Russell?»

Declan gli pone la domanda mentre sono stesi, ognuno su un divano diverso, al buio. Si erano appena dati la buonanotte e Declan ha deciso di intavolare quel discorso. Forse non ha molto sonno come aveva appena detto. Cinque minuti prima, infatti, Declan si è detto stanco della giornata appena trascorsa. Dopo essere stati all'associazione sono andati a pranzo fuori, poi Matt ha continuato a dipingere e lui si è messo a spostare i mobili del salotto.

Ci ha passato delle ore a cambiare la disposizione dei divani, del tavolino, ma alla fine tutto è tornato com'era all'inizio. Lui si è limitato ad aguzzare l'udito per essere certo che Declan non si facesse male e solo una volta ha sbirciato, trovando i due divani uno di fronte all'altro, attaccati.

Forse, si è ritrovato a pensare, Declan avrebbe voluto dormire con Matt di fianco. Forse vuole più intimità, anche se non ne ha mai fatto parola.

«Meraviglioso» mente Matt, per rispondere alla domanda che gli ha posto. «Un campo di girasoli e tante belle nuvole azzurre.»

«Sul serio? Non mi sembra molto da Russell...»

«Ti dico solo quello che vedo.»

«Mh...» Declan sembra rifletterci su, forse sta valutando se fargli capire che sa che ha mentito o no. Alla fine cambia argomento: «Ti sei trovato bene all'associazione?»

«Sì. Anche se, insomma, sistemare i vestiti non mi ha fatto sentire granché meglio, o meno in colpa.»

«Ti ha fatto sentire meglio aiutare Russell?»

«Che ne sai che l'ho aiutato?»

«Non lo sapevo, me lo stai confermando tu adesso.» Declan ridacchia, probabilmente soddisfatto di aver messo nel sacco Matt ancora una volta. Poi lo sente sospirare. «Viene da una famiglia problematica. Il padre è in carcere, la madre ha perso più volte la custodia del figlio per spaccio e ora lui vive praticamente all'associazione, anche se non dovrebbe. È sotto la tutela della madre, ma finché lei non ne combinerà un'altra, almeno. Ci passa intere giornate lì, eppure non parla quasi mai con nessuno. Sempre schivo, sempre arrabbiato. Ce l'ha col mondo e non è che posso dargli tanto torto.»

Nemmeno io.

«Inoltre la sua esclamazione era fintissima, finta quasi quanto la tua descrizione del suo disegno.» Declan gongola ancora, lo sente dal tono che ha usato per pronunciare quella frase. «Cos'è che voleva nascondere a Violet? Stava davvero disegnando?»

«Sì» sussurra Matt. «Voleva fare un disegno orribile per far preoccupare i volontari dell'associazione, così che l'avrebbero mandato via.»

Declan ride e anche se lui non capisce cosa ci sia di divertente, gli scappa un sorriso. «È un ragazzino intelligentissimo. Spero che un giorno riuscirà a trovare il suo posto nel mondo.»

Il suo posto nel mondo.

Quell'affermazione di Declan lo fa riflettere. Lui non l'ha ancora trovato il suo posto nel mondo, anzi, se è possibile è davvero lontano dall'averlo trovato. Stare con Russell l'ha fatto sentire bene, ma non è un educatore, né prenderà mai un qualsiasi titolo di studio. Ha lasciato il liceo prima di poterlo finire e non ha intenzione di andare al college; per stare vicino a persone come Russell, per aiutarle, insomma, bisogna aver studiato.

Non ci si improvvisa psicologi o roba del genere.

Eppure ci deve essere qualcosa, un modo per aiutare le persone come Russell e nel frattempo trovare qualcosa che possa dargli un'entrata. O col cavolo che riuscirà anche solo ad affittare un buco a New York.

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