«Dammi un bacio, ti prego.»

178 3 0
                                    

Abbie

Era domenica e il giorno dopo, sarei dovuta andare in clinica. Faceva più caldo del solito, era la fine di settembre. Stavo preparando la valigia in quel momento. Afferrai dalla libreria Lolita e un romanzo rosa a caso.
Ma mi pentii subito di averne scelto uno senza curarmene, così lo rimisi a posto e afferrai i cinque volumi della mia saga preferita, Kiss me like you love me. Presi una busta di carta e la infilai nella
valigia. Era un dark romance e io amavo quel genere. Avevo letto quel dono di Dio sei volte e non mi stancavo mai di leggerlo. Neil mi ricordava Payton, la maggior parte delle volte, io invece ero Selene. Venni interrotta dalla porta che si aprì violentemente, trovandomi davanti papà. Si avvicinò a me, sgranai gli occhi e indietreggiai. Mi aggiustai la maglietta grigia a maniche lunghe, rigorosamente attillata, e sbuffai.
«Ancora con questa cazzo di storia?! Eh? Rispondimi!Ancora?!»  «Non voglio spedirti in quella merda, mi costringi porca puttana!» mi urlò addosso con la sua solita violenza.
Non ci vedevamo da quattro anni e non mi aveva nemmeno salutato. Non lo risposi, lo fissai, impassibile.
Le sue iridi azzurre si posarono su di me e una ciocca dei suoi capelli castani gli ricadde sul viso.
Joseph Felt, uomo di classe, severo, che con una camicia e un pantalone elegante, si era presentato, dopo quattro anni, a casa dei miei amici. Assurdo vero?
«C'è anche la mamma?» mi limitai a chiedere con totale indifferenza su ciò che mi aveva riferito poco fa.
Lei si chiamava Judith Lindsay, che con i suoi occhi verdi speranza e il naso all'insù, era ancora più bella.
«Certo, è di sotto a conoscere i tuoi amici.» si tranquillizzò. Lo sorpassai con un colpo di spalla e scesi giù, seguita da lui qualche secondo dopo.
«Aurora! Oh dio, amore mio! Mi sei mancata tanto!»
mi disse in italiano. «Ciao, mamma.» la risposi nella lingua in cui mi aveva salutato. Mi fece un sorriso e mi abbracciò, i suoi capelli biondi quasi si mescolarono con i miei e i suoi occhi verdi, facevano parte delle mie striature nell'iride. «Ti chiedo scusa se non ti ho mai risposto alle tue duecentoquarantacinque chiamate.
Dio,ricordo perfettamente i numeri, sono mortificata.» mormorò triste.
«Fa niente, mamma.» feci un sorriso forzato e cominciammo a parlare nella lingua che sapevano tutti i presenti.
«Non sapevamo che avessi un fidanzato!» 'sta volta parlò mio padre, che per cambiare discorso, cacciò quell'argomento. David sorrise e mi avvicinai per dargli un bacio. «Ci siamo già conosciuti tranquilla, amore.»
mi rassicurò. «Buongiorno, occhioni blu» quella maledetta voce attirò la mia attenzione. Ci fissammo per secondi interminabili, gli altri parlavano fra di loro e sembrava come se noi fossimo in un altra dimensione.
Seduto al tavolo, portava un jeans largo beige e aveva una camicia a quadri delle stesse tonalità del pantalone, era sexy più che mai.
«Devo parlarti, più tardi.» mi avvisò. «Si, si..certo» .
«Allora, ho saputo che hai acquistato una casa..quando ti trasferirai?» domandò mio padre.
«Una settimana dopo che tornerò dalla clinica. Gli altri mi fanno il favore di portare tutti gli scatoloni che ho preparato questa mattina.» risposi fredda.
Non riuscivo ancora a percepire con quale coraggio si fossero presentati qui dopo ben quattro anni. Non mi avevano mai chiamata, né scritta, né dato il supporto e l'amore che credevo di meritare.
«Tesoro, noi andiamo in albergo a disfare le valigie. Lunedì ti accompagneremo noi.» mi avvisò la mamma.
«Certo, a domani. Ti voglio bene.» dissi a mia madre, per quanto riguarda Joseph, non gli donai nemmeno uno sguardo. Non se lo meritava, in realtà nessuno dei due se lo meritava. Salutarono David con una stretta di mano e se ne andarono. Quando la porta si chiuse, mi venne da piangere. Non riuscivo proprio a capire perché non mi avessero chiamata. Avevo quindici anni, ero una bambina. Mi passai una mano sul viso e mi aggiustai nuovamente la maglietta. Una lacrima, senza che me ne accorsi, solcò il mio viso, ma non lo feci vedere. Qualcuno si alzò dalla sedia e mi abbracciò. Quando sentii quel profumo mi stordii quasi. «È tutto okey, è tutto okey, piccola mia..». Ricambiai in un istante l'abbraccio e scoppiai a piangere. «Ci sono io, rilassati Abbie» mi accarezzò i capelli, poi mi guardò in faccia. Mi asciugò le lacrime e mi diede un bacio sulla tempia destra.
La vera domanda è "perché si è alzato Payton?",
Dovrebbe consolarmi David, non lui. Sentii gli occhi neri del mio ragazzo, bruciare su me e il mio ex.
«Possiamo parlare adesso?» mi chiese. Annuii e andammo al piano di sopra, in camera mia.
«Dimmi, cosa c'è?» gli domandai,  in ansia di sapere cosa volesse da me.
«Domani andrai in clinica. Può sembrarti difficile, un'enorme cosa che non riesci a superare, ma non sarà così complicato se ci credi. Credi in te stessa, Aurora.
Non andrai da nessuna parte, se continui a sminuirti.
Io non posso più fare niente, ormai. Io sono nella merda
più totale. Ho una dipendenza per la droga e sono senza speranza, confermato da chi mi ha sorvegliato in quel periodo. Sono scomparso due anni per quel motivo e non ho mai avuto il coraggio di dirtelo. Ce la farai, sono sicuro. Verrò a trovarti tutti i giorni, te lo prometto.»
mi ritrovai senza parole. Non sapevo proprio cosa dire.
«Grazie della tua comprensione, Payton. Davvero, grazie tantissimo, soprattutto per prima.» lo ringraziai con tutta me stessa. In fin dei conti ha promesso che ci sarebbe sempre stato per me.
«Posso sapere, cosa ti ha spinto a farti?» ero così curiosa, che non calcolai che quella domanda sarebbe stata più che inopportuna.
«Scusami, ero-» cercai di scusarmi il più veloce possibile. «Tranquilla, credo sia scontata la motivazione.» parlò con un sorriso amaro.
«Oh- uhm, non fa niente..eravamo ragazzini.» cercai di trattenere le lacrime come potevo. Ma era così difficile, che me ne scese una. Dannata Aurora emotiva.
«Ho fatto una stronzata, sono stato un bastardo e non riesco a perdonarmelo. Ricordo perfettamente quella sera..tu tornata a casa, distrutta; invece io? beh io ero nel letto di quella ragazza. Non ce la faccio, vorrei scomparire da tutto e tutti.» gli venne da piangere.
Tirò su con il naso, concluse ciò che doveva dirmi.
Cominciai a piangere, lui mi guardò. Gettai immediatamente le lacrime dal mio volto e cominciai a grattare via lo smalto dalle mie unghie.
«Dammi un bacio, ti prego.» alzai lo sguardo e gli saltai addosso completamente. Accarezzò la mia guancia e posò la mano sul mio fianco sinistro. Avvicinandomi di più a lui. Portai delicatamente la mia mano fra i
suoi capelli e li sentii fra le dita. Quanto mi è mancato tutto questo. Oh Dio! E David? Mi staccai immediatamente e mi spostai.
«Payton, esci immediatamente, io ho fatto una stronzata, davvero sono un'idiota.»
«Scusami, non so cosa ho detto...» mormorò mortificato.

Love and LustDove le storie prendono vita. Scoprilo ora