"Forse sapeva degli anoressizanti.."

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Abbie

Passarono vari giorni e Payton non si fece più sentire. Oggi faceva particolarmente freddo, c'era un vento gelido, ma il sole era presente. Avevo litigato con David pesantemente, rinfacciandogli tutto e come sempre finiti a letto assieme.
Era bravo a letto, questo è certo; ma non quanto Payton e io non ero più sicura della relazione con il mio attuale fidanzato. «A che pensi? Ti vedo distratta?» mi domandò con affetto. «Dolcezza parlami, non riesco a capirti..sei ancora offesa?» mi accarezzò il viso. «Non sto pensando a niente, stai tranquillo.» lo rassicurai rispondendo di getto. «Posso fare qualcosa per farti stare meglio?Secondo round?» mi chiese ammiccante. Mi scappò una risata e lo baciai. Si mise sopra di me e si strusciò sulla mia intimità. «Sei così bella..» mi accarezzò i capelli. «David, sono stanca ti prego»
«Devo andare dalla psicologa, faccio tardi.» ma non mi ascoltò minimamente. «Allora farò a modo mio» mi sorrise. Anche lui era affascinante e speciale, inoltre ci sapeva fare. Abbassò il lenzuolo che ci copriva e mi leccò la pancia, scese più in giù e cominciò a darmi piacere lentamente e in modo passionale. «Oh, Dio..David» gemetti per la sua lingua che si muoveva. Continuò per altri cinque minuti circa e non uscì alcun liquido nonostante io fossi venuta. Non riuscivo a raggiungere l'orgasmo, ma non perché lui non fosse bravo, è solo che non avevo le forze, t non riusciva il mio corpo. «Perché non vieni, amore. Sbaglio qualcosa?» mi chiese preoccupato e imbarazzato. «Amore, sai che cos'è, sei bravissimo a letto.»
«Meglio se ci prepariamo.» mi rispose con la più freddezza esistente al mondo.

Mezz'ora dopo..

Ormai ero davanti la struttura dove lavorava la mia psicologa, salutai David ed entrai. Mi trovavo nella sala d'attesa e per comodità mi sedetti sulla prima sedia che vidi. Tamburellai le dita sul mio pantalone aspettando il mio turno. Portavo il felpone di Payton, lo indossavo molto spesso quando mi recavo dalla mia dottoressa.
« Aurora Felt? » mi chiamò la dottoressa Lizzie.
«Eccomi.» mi alzai ed entrai nel suo studio.
Mi accomodai sulla sedia e salutai cortesemente Lizzie.
«Allora Aurora, oggi ti ho chiesto di venire perché stavo appunto pensando di farti andare in clinica psichiatrica..» mi disse di getto. «Cosa?! Ma mi aveva detto che stavo guarendo!» esclamai sconvolta, non era possibile. Io non riuscivo a capire come mai dovessi andarci, forse sapeva degli anoressizanti che assumevo?
«Mi ha chiamato il tuo ragazzo e mi ha riferito che arrivi al limite ma non riesci a raggiungere l'orgasmo e non fuoriesce alcun liquido, a differenza di qualche mese fa.»
«Sono seriamente preoccupata per te, credo che tu assuma dei farmaci, perché non è possibile che non riesci a raggiungere il normopeso, dopo tutte le cure!»
Ero appena stata beccata in pieno, mi sentivo nuda e priva di avere la disponibilità di poter parlare.
Non volevo andarci, non avrei proprio voluto andarci.
Inoltre ne dovevo parlare con Jack, era una decisione così importante.
«Scusi, devo chiamare mio cugino per confrontarmi, può darmi mezz'ora?» le chiesi gentilmente.
«In realtà-» venne interrotta da tre tocchi sulla porta.
«Avanti» incitò ad entrare chiunque fosse dall'altra parte. «Scusi, dottoressa Lizzie. Essendo il cugino, ho l'autorizzazione anche dei genitori per farla entrare nella clinica.» Mamma e papà? Sul serio mamma e papà?
«Perfetto! Aurora, devi solo mettere una firma. Sai che è per il tuo bene, inoltre lo hanno fatto anche i tuoi genitori. Andiamo, puoi farcela! La tua permanenza sarà al massimo di un mese.» Mi stava scoppiando la testa, non ce la facevo più io-.
Uscì da quella cazzo di stanza e andai fuori. Non potevo andarci, non potevo proprio! Per la miseria!
Ero così nervosa e non ce la facevo più.
«Aurora! Ti prego capiscimi, io voglio solo aiutarti. Ci starai solo un mese, scusami.» mi implorò.
«Tanto non ha importanza ciò che penso, vado dentro a firmare». Andai dentro e lo feci, mi sentivo strana, mi sentivo inaccettata, uno schifo. «Arrivederci signorina Lizzie!» la salutò mio cugino.
Nel frattempo sentii un vocio alquanto familiare
«Porca puttana dottor Nowak! Io non ci vivrò più qua dentro! Andrò da Miller, ma io nella clinica non ci metto più piede!» sbraitò il ragazzo..Payton andava in clinica? Non ne sapevo niente. Perché non me lo aveva detto? Io- che problema ha? Oltre alla nostra rottura e alla perdita della famiglia, cosa lo disturbava?
Mi riempii la testa di domande ed ero scossa.
«Payton ascolta, i tuoi problemi non sono così facili da gestire, è un casino.» cercò di essere comprensivo Nowak. «Vaffanculo!» perse la pazienza.
Fece per uscire ma mi notò. Si avvicinò a noi e guardò Jackson, «Bravo, mandala in questo posto di merda.» gli diede una pacca sulla spalla e se ne andò.
Lo raggiunsi all'esterno della struttura e lo afferrai per il braccio.  «Vuoi Marlboro?» mi sorrise e ricambiai.
«L'accendino?» mi domandò e cercai nelle mie tasche trovandolo. Glielo passai e si accese una sigaretta, fece un tiro e me la passò. Lo osservai mentre aspirava e si danneggiava come lo facevo io. Ci danneggiavamo a vicenda, perché la nostra rottura aggravò la merda di cui già soffrivamo. «Perché venivi qui, Payton?» gli domandai di getto. «Problemi con la droga.» la roba era seria, molto seria. Ecco qui i problemi con la concentrazione e le occhiaie costanti. Che disastro. Noi eravamo un disastro, il nostro amore era un disastro, il nostro sempre scopare era un disastro e quello che ci accadde fu un disastro. Sembrava che lui fosse nato per ostacolarmi e per uccidermi con la sua bellezza sfrontata. Era alto, i suoi occhi mi ipnotizzavano e mi facevano stare male. Bello e dannato, stronzo e drogato. Sembrava che quelle parole fossero state inventate proprio per donarle a lui.
«Smettila di guardarmi con quegli occhioni, sono capace di baciarti di fronte al tuo ragazzo.»

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