03. Non è solo Van Gogh.

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18 Luglio.

Non è bello per me dire come questo non sua più possibile.
Anzi,non è mai stato possibile. Dovrei forse parlare di un fallimento.

Eppure,ci ho messo tutto me stesso,anche troppo.
Qualche volta devo essere stato sgradevole, avere alzato la voce,ma se l'ho fatto era per amore.

Per non perdere quello che desideravo.

- Vincent Van Gogh -

Amsterdam
Van Gogh Museum
30 Marzo 2023
Ore 02:30 p.m.

Mayla Chantal Janssen's Pov.

Vincent Van Gogh era la bocca della verità, il mio punto debole e la mia ancora di salvataggio, quando annegare per me sarebbe stato l'unico punto fondamentale. Avevo coltri di buio dentro di me e anche se tendenzialmente sembrava coesistere, lui era il mio punto luce nel mio mondo di chiaroscuro.

Era frammenti di gioia quando soccombevo nella sofferenza, il mio rifugio dove mi sarei riparata quando mi sentivo insicura.

Perché ero dannatamente testarda e orgogliosa quando si trattava di proteggere il mio cuore e lui vi era fino al midollo, ogni arteria, ogni pulsazione.

Ero vista come una sfida invalicabile, non permettevo a nessuno di entrare nel mio mondo, perché la fiducia non era ricambiata, perché non ero abbastanza per poter risultare ad essere il giusto. Malridotta e malriposta, vista costantemente come una lastra di ghiaccio che tutti avrebbero evitato, un problema il cui scatenava bufere, che mi alimentava qualcosa, qualcosa di arcano che mi faceva vacillare.

Perché nessuno accettava la diversità.

Van Gogh era il mio manto stellato a cui avrei regalato tutte le mie lacrime, perché ero incapace di donarle alle persone più care che avevo. Lui era il mio universo parallelo a cui non mi sarei mai sentita adombrata dalle colpevolezze delle mie azioni, il mio spirito guida quando mi sarei sentita persa, il mio sfogo di una vita e la mia parte buona che non riuscivo a tirar fuori.

Inoltre, era il mio supporto emotivo quando fissavo uno sporco muro standomene da sola, in continua ricerca di risposte. Era la contraddistinzione di quando mi strappavo l'anima e me la guardavo sanguinare tra le mani come se si fosse trasformata in qualcosa di materialisticamente realistico.

Era l'interpretazione a tutti i miei silenzi e dei miei perché, un banco di illusioni che nessuno poteva farne a meno. Riponevo in lui tutti i miei servigi e anni di inesperienza inaudita a sapermi esprimere. Riponevo in lui la speranza che un giorno il mondo sarebbe potuto cambiare.

A lui gli dovevo molto.

Un'impresa insormontabile dicevano, un bivio di varie strade, l'angolo buio e il vicolo cieco di ogni labirinto e che nessuno aveva il coraggio di fare un passo. Un miscuglio potente e immenso di complicanze. Non chiedevo di esserci sempre, ma almeno di essere ascoltata.

Non elemosinavo compagnie, non più ormai, avevo imparato che avrei trovato il giusto in un mondo inadatto alla gentilezza.

Traevo conclusioni affrettate, perché ero una matassa uniforme di paranoie che mi facevano sprofondare. Ma a tutte quelle parole, io avevo sempre ragione. Finivano per denigrarmi? Benissimo. Io avrei risposto di peggio, con l'assoluta indifferenza.

Ero un insieme di aggettivi e tutti posti nel podio della negatività.

Ero il cerchio delle fragilità, ricolma di screpolature di punti deboli, di gradini inchiodati sul passato, tumefatti di fuliggine grigiastre in cerca di una risposta, una dissolvenza dei bei sogni e vittima di sgocciolature in una necropoli di note sussurrate al vento.

Il Girasole Perduto Di Van GoghDove le storie prendono vita. Scoprilo ora